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Per una nuova Legge Elettorale

(Considerazioni)

 

Di Andrea Talia

 

  Principi generali.

 

1)      Da sola una Legge Elettorale non puo’ cambiare questo stato di cose; ma puo’ orientarlo a cambiare;

2)       Ha bisogno di altri ingredienti: esempio: abolizione del bicameralismo (Senato delle regioni); diminuzione dei parlamentari; modernizzazione dei Regolamenti parlamentari; legge per i Partiti politici; rivisitazione della seconda parte della Costituzione;

3)       Quindi: vanno create buone regole (il sistema del voto e’ solo una di queste). Senza non e’ possibile creare nemmeno le condizioni minime del buon governo;

4)       Le leggi elettorali non hhanno carattere definitivo. Vanno parametrate alla temperie politica, al momento storico, alle esigenze contingenti;

5)       Comunque una Legge Elettorale ideale dovrebbe perseguire alcuni obiettivi strategici:

a)      coalizioni di governo forti con una sufficiente maggioranza parlamentare;

b)       coalizioni centripete (moderate) capaci di buon governo;

c)       Coalizioni potenzialmente alternative (possibilita’ di scelta;

d)       Opportunita’ per l’elettorato di scegliersi il partito, lo schieramento e il candidato preferito.

  

  Sostiene Sartori: “La democrazia e’ governo del popolo sul popolo che, in parte e’ governato e, in parte, e’ governante (quando vota)”.

 

Sistemi elettorali.

 

   Due sono i modelli tradizionali di sistemi elettorali.

Quello maggioritario e quello proporzionale.

Tutti gli altri costituiscono ne’ piu’, ne’ meno, che modificazioni e perfezionamenti di questi.

 Il sistema maggioritario, privilegia la volonta’ della maggioranza in ordine all’attribuzione dei seggi. Presupposto di funzionalita’ di questo sistema:

1)      equilibrata distribuzione degli elettori in collegi, plurinominali o uninominali;

2)       potere per gli elettori di scegliere il governo;

3)       Possibilita’ di alternanza per gli schieramenti;

4)       Legame tra elettori e loro rappresentanti.

 

  Il sistema proporzionale, determina una quota o quoziente rispetto al totale dei voti: i seggi vengono quindi assegnati in ragione dei quozienti conseguiti.

Nei sistemi proporzionali di lista, le liste possono essere rigide o libere.

 I due sistemi sono entrambi ingiusti.

Il maggioritario (in vigore negli Stati Uniti e nel Regno Unito) azzera in ciascun collegio l’impatto del voto di minoranza e trasforma, il piu’ delle volte, in maggioranza parlamentare una minoranza di voti espressi.

 Tocqueville: “Le repubbliche democratiche rendono il dispotismo superfluo perche’ e’ la maggioranza che stringe un formidabile laccio intorno al pensiero”.

 Su altro versante, il sistema proporzionale – difeso da John Stuart Mill e da Barker (“Dobiamo trovare un modo di collegare valore e quantita’”) – introduce una sproporzione a favore dei piccoli partiti che possono allearsi dopo il voto, massimizzando la loro capacita’ a negoziare benefici.

 Nella consapevolezza dei problemi suscitati dall’adozione dell’uno o dell’altro sistema, si e’ pensato, che la migliore soluzione consistesse in una via intermedia o, in ogni caso, in opportuni correttivi che ne attenuassero le conseguenze piu’ palesemente negative.

 Puo’ cosi’ parlarsi di sistemi derivati correttivi, caratterizzati da talune modifiche alle figure-base dei due sistemi principali, e dei sistemi misti, consistenti in una contaminazione di loro elementi.

 Tra i i sistemi misti basati sullo scrutinio di lista, sono di particolare rilievo quelli che attribuiscono un “premio” alla maggioranza. Ricordo, per epoche passate, la Legge Acerbo (1923), che attribuiva i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti pari almeno al 25% e, nel 1953, la cosiddetta “legge truffa”.

Garantiva i due terzi dei seggi alla lista, o alle liste collegate, che riportasse la maggioranza assoluta dei voti validi. Legge che non passo’ per un pugno di voti e che, comunque, a fronte del “porcellum”, a livello di quorum, era una sorta di “agnellum”.

 

Abolizione o modifica della Legge Calderoli?

 

   La Legge Calderoli, come noto, ha molti difetti.

1)      Assegnazione del premio di maggioranza, a livello regionale, al Senato;

2)       Formazione di un Parlamento di nominati;

3)       Il premio di maggioranza alle Camere incoraggia la formazione di maxi-coalizioni (ammucchiate).

 

   A Ben vedere, sono tre critiche emendabili.

 Per il primo difetto: si puo’ ovviare, introducendo anche al Senato, un premio nazionale e dando il voto ai diciottenni. Radicalmente, come detto, si potrebbe finalmente fare la riforma del Senato, trasformandolo in una Camera delle autonomie.

  Per il secondo, basterebbe imporrre una regola: una circoscrizione, un candidato.

Anche per le liste bloccate, le alternative, non mancano: lista flessibile, come via di mezzo tra la lista bloccata e il voto di preferenza; collegi uninominali proporzionali, con assegnazione dei seggi in maniera proporzionale, ma elezione per i candidati che hanno ottenuto nel loro collegio il maggior numero dei voti.

 Per il terzo, si potrebbe aumentare la soglia al 5%. In pratica, tutti i voti di tutte le liste in coalizione, sono utili perche’ servono a vincere il premio. Invece dovrebbero essere utilizzati solo i voti delle liste che superano la soglia o solo i voti delle liste che ottengono seggi.

 Non sussiste quindi l’impossibilita’ di una riforma della Legge Calderoli. E allora, perche’ non si vuole la riforma della stessa e si preferisce invece sostituirla interamente?

 La risposta – per il Professor D’Alimonte – e’ semplice: le coalizioni pre-elettorali e la decisivita’ del voto non piacciono ai nostri partiti. In specie: all’Udc e al Pd. Ma anche al PdL. Meglio attendere e lucrare “l’asso” “a bocce ferme” e a giochi delineati.

 

Che fare?

 

   Trovare un diverso sistema elettorale che favorisca la formazione di maggioranze di governo ragionevolmente stabili e coese e restituendo lo “scettro al principe”. Riducendo altresi’ il voto di protesta e la frammentazione politica.

 Come? Introducendo un sistema proporzionale forte attraverso:

-         due grandi partiti che fungano da poli di aggregazione/stabilizzazione del sistema;

-           collegi uninominali proporzionali;

-           Doppio turno alla francese, in grado di coniugare efficienza, parlamentarismo, leadership. Il primo turno avrebbe una valenza tattica, il secondo, strategica;

-           Il premio dovrebbe scattare se si supera una soglia molto alta (intorno al 40%).

 

 Conclusioni.

 

   Dobbiamo ritornare al concetto di bene comune come sfondo generico degli obiettivi specifici da perseguire; ad un principio di competenza e di merito; a dare respiro alle esigenze della societa’; all’abbandono di governi tecnici sotto tutela presidenziale.

I governi tecnici, a valenza elitaria e aristocratica (in greco aristoi sono i migliori) costituiscono un vistoso vulnus per la democrazia elettiva-parlamentare.

Riscoprire, in conclusione, con la forza degli ideali, con la moderazione e la lungimiranza, il ruolo insostituibile della politica.

Scriveva Thomas Mann nel 1945: “La politica racchiude in se’ molta durezza, necessita’, amoralita’, ma non potra’  mai spogliarsi della sua componente ideale e spirituale e mai rinnegare totalmente la parte etica e umanamente rispettabile della sua natura”.

       

Intervento svolto all’incontro organizzato dall’Associazione politico-culturale “Fucina delle idee” – Lucca, 10 aprile 2013.

 

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