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Capitani coraggiosi cercansi

di Mario Calabresi

Negli ultimi mesi il dibattito sullo stato dell’Italia si è concentrato sul decennio perduto, sulla convinzione che il Paese abbia sprecato gli ultimi dieci anni, incapace di riformarsi, diventare più agile, moderno e competitivo. Un Paese fermo, in ritardo, bloccato dai veti incrociati, ma soprattutto assolutamente impreparato a capire come è cambiato il mondo.

 

Per questo, per manifesta incapacità di indicare soluzioni e una direzione (non ce lo dimentichiamo), 16 mesi fa la politica aveva lasciato il posto al governo dei tecnici e dei professori. Ora che sembrava finalmente arrivato il tempo del ritorno della Politica, che si sperava in una ripartenza, siamo alla paralisi totale.

 

Dovevamo cominciare a recuperare il tempo perduto, invece non siamo neanche in grado di fare il primo passo. Un blocco senza precedenti, figlio del risultato elettorale ma anche della paura dei partiti: ognuno resta chiuso nel suo recinto (anche il Movimento 5 Stelle) per non correre il rischio di mettere in gioco il proprio piccolo gruzzolo di voti.

  

Nessuno ha coraggio, senso di responsabilità e un po’ di generosità.
  In questo quadro Giorgio Napolitano aveva pensato di anticipare l’elezione del nuovo presidente della Repubblica nella speranza che potesse aiutare a sbloccare la situazione. Era un gesto di generosità per l’appunto, ma quando si è reso conto - ieri mattina - che anche questo non sarebbe servito a niente, se non a creare drammatizzazione e allarmismo e a dare il senso di un totale vuoto istituzionale, allora ha deciso di non mollare e di rispettare le scadenze previste. E ancora una volta ha messo la sua faccia e la sua rispettabilità a garanzia dell’onore dell’Italia nei confronti del mondo.

In tutto questo, in mezzo alla tempesta, da sottolineare il silenzio dei leader, come se la questione non li riguardasse, come se il senso dell’urgenza e della necessità non li avesse sfiorati. Così siamo qui a sperare nei tentativi sempre più complicati e ardui di un uomo solo che tra poche settimane lascerà il Quirinale e che sogna di tornare a occuparsi di politica estera da senatore.

  

Un uomo, il Presidente, che non nasconde la sua amarezza per le occasioni sprecate, a partire dalla legge elettorale e da quelle riforme minime che, se fatte negli ultimi mesi della scorsa legislatura, avrebbero sgonfiato un po’ la rabbia contro i partiti ed evitato l’attuale situazione di ingovernabilità.

L’Italia ha un disperato bisogno di politica, nel senso migliore: capacità di scegliere, di mediare, di risolvere, di imboccare strade coraggiose, di rischiare e di fare la differenza nella vita delle persone. Di tutto ciò abbiamo bisogno, non di capi partito che continuano a pensare solo alle proprie possibilità di governo, ai propri processi o a crescere nei sondaggi.

  

Chi avrà il coraggio di scartare, di uscire dagli schemi precostituiti e di indicare una strada nuova? Il primo che lo farà conquisterà la stima degli italiani:
lo spirito dei tempi e l’allarme che ognuno sente a minacciare la propria vita e il proprio futuro rendono indispensabili novità e immaginazione.

Non ne possiamo più di navi con le vele ammainate che non lasciano mai il porto perché hanno paura del vento e delle tempeste. Vale la pena rileggere l’antologia di Spoon River, la poesia che Edgar Lee Master immagina scolpita sulla lapide di George Gray, un uomo che non era riuscito mai a vivere pienamente la propria vita.

«Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
  Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
  E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
  dovunque spingano la barca.

Dare un senso alla vita può condurre a follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio - è una barca che anela al mare eppure lo teme".

Buona Pasqua, sperando di scoprire capitani coraggiosi.

(da La Stampa - 31 marzo 2013)

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