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Passato, presente e futuro : Italia ad un bivio

 

Governabilità o elezioni. Governo costituzionale o '' traccheggiamento''.

Un centro sinistra miope e suicida, un centro destra Silvio-dipendente ed un Grillo in continua ascesa.

Il tripolarismo sta seriamente mettendo a rischio la tenuta del paese, se non si creano i margini di un dialogo tra le forze politiche in campo si rischia di entrare in un periodo molto buio per la nostra fragile Repubblica.

 

 

di Federico Bini

 

 

Il paese non ha un governo e parlando dell'Italia questa non sembrerebbe una grande novità.

Infondo la nostra storia repubblicana è nata tra un governo e una pagnotta, parafrasando Cossiga che diceva che ''gli italiani sono stati allevati a pane e politica''.

Si andava a pranzo con Andreotti Presidente del Consiglio e la sera dopo ci ritrovavamo Fanfani.

Quindi calcoli alla mano, in cinquant'anni di prima Repubblica, abbiamo avuto almeno un governo per ogni anno, questo non dovrebbe certo spaventarci.

 

Ma il dato certamente che preoccupa e che aleggia sul panorama politico è la crisi economica. Potremmo affermare un po' erroneamente ma volutamente che se l'economia cresceva ed il bilancio statale godeva di buona salute, ci '' potevamo '' pure permettere una situazione così pericolosa e incerta, che comunque non fa mai bene al '' delicato gambo del nostro Stato ''.

 

Il problema serio è che questa crisi politica e governativa si inserisce, ma lo si era già intuito da qualche anno, in un quadro drammaticamente e socialmente infuocato.

I numeri li conosciamo tutti e le difficoltà del momento le proviamo quotidianamente facendo la spesa o pagando le tasse, sia che siamo imprenditori, impiegati o pensionati, per non parlare del mondo della disoccupazione.

Ecco quindi che difronte ad una vera e propria emergenza economica e statale, un governo di larghe intese potrebbe essere l unica soluzione possibile e plausibile per uscire da questa situazione che effettivamente è controversa, ma tutto sommato non impossibile da risolvere.

 

La strada maestra su cui partire potrebbe basarsi sull'esempio dell'immane sforzo politico, umano e ideologico, fatto dall'Assemblea Costituente all'indomani della caduta del regime.

Anche all'ora vi erano divisioni, contrasti e scontri,  più duri di adesso. La guerra, il fascismo, il comunismo, la fame e la miseria. Un paese da ricostruire.

Si cercò di guardare lontano, guardare al domani, guardare ognuno con i propri occhiali appannati dal fumo delle macerie verso una generazione che stava nascendo, che aveva bisogno di uno Stato e di una Costituzione che li proteggesse.

 

 

Ognuno nel suo piccolo agì da statista e chi come De Gasperi, in un momento di massima delicatezza politica, economica ed istituzionale, agì per l'Italia e non per il proprio partito, ponendo al centro della sua agenda prima i reali bisogni del paese e poi quelli della sua maggioranza, risultò grande non solo agli occhi del mondo o della sua gente, che infondo nemmeno lo capiva più di tanto, ma agli occhi della storia.

La storia può giungere in ritardo per sentenziare, ma quando lo fa, traccia un segno indelebile nelle sue memorie.

 

Per invertire la storia di queste ultime settimane, c'è un solo modo per riabilitarsi : dialogare e convergere, senza continuare a sprecare ancora del tempo prezioso.

 

Come ha ben scritto dalle colonne del Corriere della Sera Luciano Fontana, bisogna che si smetta di ''demonizzare il dialogo e vedere il compromesso non come un delitto'', ma come un ultimo tentativo di speranza e di comunione di intenti per cercare di mettere insieme non un ''governicchio'' ma un governo solido e saldo, che possa andare in Europa ed imporre la sua linea.

 

Bersani, abbandonando momentaneamente i buoni propositi della campagna elettorale, '' se avremo il 51% governeremo come se avessimo il 49%'', ha messo da parte, per pura convenienza, la sua linea di rigidità verso i populismi ed ha accettato di piegarsi a chi vuole l Italia isolata, '' de facto fuori dall'euro'' e su posizioni di autarchia e di decrescita più che di collaborazione e di sviluppo.

Ma il fatto che lascia molta perplessità è che molte personalità di spicco ed anche ragionevolissime che appartengono alla celebre '' nomenklatura bene '' di sinistra possa credere e sostenere la nascita di un governo che viaggia su binari opposti a quella che è la realtà non solo numerica ma anche personale e per certi aspetti ''ideologica''.

 

E' vero che la maggior parte dei voti di Grillo provengo da sinistra. Ma di quale sinistra parliamo però : quella europeista, riformista e progressista a cui si ispira Bersani sul modello di Hollande, o quella eversiva, estremista e dei centri sociali ?

Perchè la differenza è  molta e siderale.

Bersani conta sul fatto che molti grillini sono proprio di sinistra, ma questo non vuol dire che sia una sinistra che vuole continuare ad essere rappresentata dal Pd.

 

Magari lo scopo di Grillo è logorare proprio il Pd. Catturare quegli ultimi voti mancanti e poi andare lui a fare una specie di contenitore di protesta alternativo alla sinistra italiana ma con i piedi in più staffe. Infondo Grillo è vero che è anti-tutto, casta, politica, partiti ecc... ma era pochi anni fa quando voleva la tessera del Pd per partecipare alle primarie e rovesciare il partito o quando invocava la questione morale citando Berlinguer.

Vero, molte affinità più tra Grillo ed il popolo di centro sinistra che con quello di centro destra, ma pensare che i grillini possano cadere nella trappola dei vecchi volponi ormai un po' sbiaditi di una politica arcaica ma temibile, questo la dice lunga sul progetto di governo bersaniano.

 

Tra Pd e M5S, a parte la tradizionale La Repubblica, i consigli di dialogo suggeriti da Dario Fo , qualche leggiucola sul conflitto di interessi e un po' di giustizialismo, non c'è una grande sicurezza tematica su cui basare un azione di governo per almeno due anni. 

Se si trovano punti essenziali in comune, lo si fa perchè ci sforziamo.

 

La classe dirigente del Pd che chiede il sostegno a Grillo, è la stessa per cui il popolo del M5S ha chiesto un azzeramento totale.

Ricordate gli ultimi comizi di Grillo :<< … siete circondati – diceva – tutti a casa … - e prima aggiungeva – processare tutti i vertici del Pd per lo scandalo MPS, dal 1995 ad oggi ...>>.

 

 

Chi ha votato il comico genovese , lo ha fatto affinché questa classe dirigente  - politica ma anche bancaria, statale e finanziaria -  fosse ridotta ad una ''fascina'' unica da gettare poi  nel Tevere, sperando che qualche pesce non ancora identificato se li mangiasse tutti.

 

 

Ci sono storie di uomini, idee, azioni, comportamenti, modi di vivere e tradizioni.

Le distanze sono infinite e difficilmente colmabili con qualche punto pro o contro il finanziamento ai partiti.

Qui c'è un solco generazionale e politico che non si potrà mai colmare. Si potrà magari cercare di arginare ma non si potrà cancellare ciò che è stato ieri e nel passato più remoto un partito che nel momento in cui poteva cominciare a rinnovarsi, liberandosi da quel macigno di etichetta ancora ben accentuata di matrice comunista, ha deciso di continuare a crede in chi quel comunismo lo ha rappresentato e ne ha segnato la storia : Pierluigi Bersani.

 

Si cambia è vero, le idee mutano e gli spiriti si ribellano negli animi, la ragione elabora e gli occhi scrutano. Legittimo votare ed esprimere la propria opinione, accettare gli sbagli e ripartire, con più coraggio ed umiltà di prima.

 

Ma lo sbaglio e la vittoria di questa tornata elettorale, non sta negli urli vulcanici di Grillo o nella capacità di pifferaio magico di Berlusconi, quanto nella incapacità politica, comunicativa e comportamentale di quella parte di Partito Democratico che deve capire come ha sottolineato Giuliano Ferrara che gli italiani un '' post comunista al governo non lo voteranno mai ''.

E quando il centro sinistra poteva vincere e governare ha candidato Prodi e non Veltroni, quando presentò Veltroni era già troppo tardi.

E quando doveva candidare Renzi al posto di Bersani abbiamo visto i risultati.

Il centro sinistra vuole fare di se stesso una complessa macchinazione di autodemolizione.

Ma non dovrà poi riversare su i più bravi le sue frustrazioni e delusioni perchè la risoluzione del problema non è fuori ma dentro.

E' il sistema interno che deve cambiare. L'approccio, il modo di porsi , la chiarezza e la vicinanza a quel popolo di operai, pensionati e impiegati pubblici che sono stati la forza della sinistra italiana, dal PCI all'ultimo Pd ma che adesso o vota Grillo o in questi venti anni di berlusconismo hanno preferito il Cavaliere.

 

La classe media, quella pancia di paese che è il bacino più consistente di voti ma che risente anche di tutto il peso di uno Stato asfissiante e arrogante, oggi si è ribellata difronte alla protesta grillina ed al propagandismo anti-tasse ed anti-burocrazia sbandierato da Berlusconi.

 

E' vero, forse la classe media, un partito che ha nel suo dna un origine comunista al governo non lo manderà mai, ma un partito di centro sinistra social-democratico sulle speranzose orme renziane quello magari si, potrà sostenerlo con ampio consenso.

 

C'è bisogno di un centro destra vero in questo paese, con il suo bagaglio di ricette ed ideali, ma c'è   anche bisogno di una sinistra. Una sinistra leggera, fresca e non pesante con la sua morale di puritanesimo viscerale e quel senso di superiorità che no, proprio non ci piace.

Ma sopratutto deve tenersi lontana dai salotti del potere e da quei giornali che ne macchinano la guida politica portandola ormai da venti anni all'insuccesso.

La sinistra riprenda in mano il suo elettorato, ma sopratutto riprenda a camminare con il suo popolo.

 

E' strano parlare ancora oggi di partito comunista o di comunismo, le barriere ideologiche sono ormai un antico ed un doloroso ricordo e la nostra analisi la facciamo in maniera molto pacata e serena viste comunque le evoluzioni e le tematiche ormai progressiste e  moderate.

Ma infondo, all'interno del cuore, dell'anima  del Pd c'è ancora quel peso e quella gloriosa storia che a molti piace ma che ad altrettanti fa paura.

Non ci scordiamo mai che l'Italia ha avuto il partito comunista più forte d'Europa ed un sistema Gladio nascosto nei meandri della società, pronto ad intervenire in caso di presa del potere da parte dei compagni di via delle Botteghe Oscure.

 

Le ultime generazioni dei nonni e bisnonni ancora vivi, ricordano con grande lucidità quei duri scontri politici e sociali tra una parte di paese anticomunista ed una profondamente sovietica.

 

L'Italia, la sua storia più recente, le scelte politiche di oggi e in parte anche quelle future, passano sempre, anche se ormai cominciano ad annebbiarsi e ad andare a scrivere effettivamente le pagine di storia, per questi eventi. Talmente duri e sofferti che hanno segnato entrambe le parti di paese che si fronteggiarono con decisione e che ancora oggi seppur diversamente continuano a competere.

 

E Bersani ad oggi ha invece una grande opportunità, quella di sdoganare la sinistra da un punto di vista generazionale, culturale e politico. Non rincorrere Grillo e gli estremismi. Guardare al mondo dei moderati, la maggioranza di questo paese. E se capirà come forse abbiamo già intuito qualche aspetto, allora potrà uscire alla meno peggio da questo duro confronto politico, altrimenti rimarrà alla storia come uno dei leader più perdenti  del Pd. Entrato da Premier in pectore alle urne ne è uscito a mala pena ancora segretario.

 

Mario Monti è stato chiaro difronte a questa deriva pericolosa ed estremista del segretario Pd ed ha sottolineato che  '' è molto facile perdere credibilità in Europa''.  Un avvertimento chiaro quello del Professore, che sa molto di messaggio indiretto da parte delle cancellerie europee verso il leader democratico.

Effettivamente se quello di Bersani doveva essere un esecutivo ben visto dalle stesse cancellerie europee, grazie anche alla benedizione politica di Monti, adesso si trova in una situazione di grande incertezza e perplessità.

 

Bersani quindi, deve lasciare il comando della sua nave prima che ne restino un cumulo di macerie.  La politica dei tatticismi, delle '' mosse del cavallo '' o dei '' traccheggiamenti''  non è più ammissibile difronte ad un paese che attende risposte e concretezza.

 

Il centro sinistra deve mettere da parte il suo morboso anti-berlusconismo, altrimenti invece di mettere all'angolo Berlusconi, estromettendolo da ogni trattativa per le nomine delle cariche istituzionali, lo farà resuscitare per la settima volta.

Il '' metodo Boldrini '' pur efficace ed astuto sul piano politico e rappresentativo, non è stato affatto ben visto dalle opposizioni montiane e pidielline.

La mossa di Bersani, pur vincente ma debole, è stata da vecchia politica ma quanto potrà essere utile alle sorti della formazione del suo governo ?

                                  

Va bene Rodotà, Fo ed altri illustri ''esponenti in cachemire di Repubblica '', ma la forza dei numeri è più forte anche delle firme della '' bibbia scalfariana''.

La realtà è un altra e Bersani infondo lo sa bene. Il '' metodo del cavallo '' usato per Boldini e Grasso e che sarà ripetuto per la formazione del governo e per la richiesta di fiducia può essere interessante e parecchio velenoso, ma alla prova dei fatti anche Bersani dovrà arrendersi.

 

Il Presidente della Repubblica sa bene che se il tentativo andrà male al Senato, anche lui potrà essere chiamato in causa per un incarico ( azzardato e di partenza rischiosissimo) che se respinto farebbe sicuramente molto male all'immagine dell'Italia sui mercati e nel mondo.

 

Governo Bersani per forza o niente. Un ragionamento molto presuntuoso e vanitoso che spingerà il segretario verso il voto di prima estate, che molti non si augurano ma che è un ipotesi molto ventilata.

 

Ed il Cavaliere lo sa bene, ed ai suoi alla riunione per la nomina dei capigruppo lo ha detto chiaramente :<< tenetevi pronti che siamo già in campagna elettorale>>.

Berlusconi sa che un Pd che si regge su un governo di minoranza e preso dalla voglia di occupare giustamente ma anche ingiustamente ogni carica istituzionale, porti acqua al suo mulino e infondo la sua scelta è chiara. Non mischiarsi troppo in questo pantano politico, restare in punta di piedi e giocarsi le proprie carte per la penultima partita decisiva : quella del Quirinale. A questa partita sono affidate molto speranze e futuri scenari politici per il centro destra e non solo.

Il passaggio è delicato ed il Cavaliere non vuole certo rimanere in disparte.

 

Lo scontro sulla giustizia è a livelli senza precedenti, e la tensione tra l'elettorato di centro destra e la medesima istituzione è ormai ai minimi storici. Dopo venti anni di scontri e accuse adesso arriveremo anche qui ad un verdetto finale che necessariamente avrà dei risvolti puramente politici.

 

Minuscola soluzione

 

La soluzione potrebbe essere la creazione, con intervento deciso del Quirinale, di un governo costituzionale, di larghe intese, che possiamo anche ribattezzarlo come governo di scopo,  governo del Presidente o governo di emergenza. 

Ma se i giochi si complicheranno ulteriormente potremmo invocarlo come  un ''governo di speranza''.

Insomma,  un governo che possa godere dell'appoggio dei due maggiori partiti,  Pd e Pdl e che possa esser capace di coinvolgere le forze politiche in una serie di punti trasversali e necessari per ridare credibilità alla  classe politica, uscita mal concia da questa '' tsunamica'' tornata elettorale.

 

L'esecutivo potrebbe essere presieduto da una figura esterna ai partiti come la stimabilissima Anna Maria Cancellieri, sulla quale esprimo favore anche per una candidatura al Quirinale, oppure la Severino e la costituzione di un governo snello, con ministri politici e forse un tecnico per l'economia e giustizia.

 

Un programma chiaro e preciso : riforma del sistema fiscale, della giustizia, della macchina statale, taglio dei costi della politica ( dai tagli agli sprechi fino all'abolizione delle provincie ) , nuova legge elettorale, riforme in ambito di economia reale ed occupazione, riforma del sistema di finanziamento ai partiti e rinegoziazione dei patti con l'Europa ecc... .

 

Un periodo di durata necessario di almeno due anni e mezzo, ed una prorogatio qualora la situazione economica e finanziaria non dovesse migliorare. In tutto questo certamente un ruolo chiave dovrà svolgerlo il nuovo capo dello Stato, in linea di continuità con quanto fatto da Napolitano, intenzionato per ora a non essere riconfermato per motivi anagrafici.

 

Il segnale ai mercati, al mondo, alle cancellerie europee ed alla opinione pubblica italiana soprattutto, sarebbe non di un ''grande inciucio '', ma di un senso dello Stato superiore alla logica di partito ed alla spartizione di quel piccolo grumolo di potere che si può trarre da un contesto così aggrovigliato e delicato.

 

Aspettiamo fiduciosi ma non illudiamoci.

 

Lucca, 20 marzo 2013

 

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