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Commento introduttivo

Troveranno le forze politiche piu' responsabili la capacita' di coesione in uno slancio di assunzione piena di responsabilita' cosi' come esige la gravissima attuale condizione del Paese?

su questo interrogativo concludevo il mio commento di ieri ad una riflessione di Ernesto Galli della Loggia.
Sulla necessita' di un serio dialogo fra le forze responsabili dello schieramento politico si sviluppa la riflessione di Luciano Fontana che propongo ai nostri lettori.
Solo la via del dialogo, possibile mediante un passo indietro sui veti incrociati e tantissimi passi in avanti sulla via dell'apertura alle riforme di cui il Paese ha bisogno, potranno far sperare sulla capacita' della nazione di uscire dal tunnel in cui si e' infilata.
La gravita' della crisi non ammette ne' temporeggiamenti ne' bizzantinismi politici. Occorre affrontare con grande determinazione i problemi e individuare soluzioni che possano aiutare la societa' italiana ad uscire da una crisi che e' certamente economica, ma e' anche piu' complessivamente di profilo etico.
Una societa' che si sta sgretolando sotto i colpi di un disagio che attualmente si e' riversato nel voto a M5S, e che potrebbe anche sfociare in qualcosa di piu' drammatico.
Delresto nel movimento di Grillo non mancano certo i motivi di preoccupazione per la tenuta del quadro democratico. Al di la' di certe manifestazioni che mixano volgarita' e avanspettacolo, non puo' sfuggire la natura autoritaria e antidemocratica del movimento.
Non puo' certo sfuggire a chi ha capacita' di analisi dei fenomeni sociologici, che oggi la lotta alla democrazia non si fa piu' con le squadracce ed i manganelli. Oggi c'e' la forza di condizionamento delle parole e delle immagini diffusa capillarmente ed amplificata da mezzi di comunicazione straordinari, che possono molto di piu' e molto meglio di quanto potessero i tradizionali strumenti di soffocamento della democrazia.
Questa pericolosa mina si potra' disinnescare solo mediante la piena consapevolezza delle giuste ragioni che l'hanno caricata, e tramite il conseguente impegno a dare risposte serie al bisogno di cambiamento che bussa alla porta di questo Paese ormai da molti decenni.

Paolo Razzuoli

Non demonizziamo il dialogo - Il compromesso non è un delitto

di Luciano Fontana

Il 15 marzo, giorno di apertura del nuovo Parlamento, si avvicina e il buio diventa sempre più fitto. Il voto che doveva cambiare tutto ci ha consegnato la paralisi politica. Le formule più fantasiose avanzano ma alla fine resta una sola certezza: nessuno sa dire come sarà governata l'Italia, nei prossimi giorni e nei prossimi mesi (i cinque anni di durata della legislatura nemmeno vengono presi in considerazione).

È molto probabile che il primo tentativo sarà affidato dal Quirinale a Pier Luigi Bersani, il «vincitore perdente» delle elezioni. Il leader del Pd presenterà i suoi otto punti di programma rivolti agli eletti del Movimento 5 Stelle. Di più non farà: Bersani non ha alcuna intenzione di aprire un confronto con tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in particolare con il Pdl di Berlusconi. E davanti ai no ripetuti di Grillo, espressi con un linguaggio spesso offensivo, il rischio che la situazione sfugga a tutti di mano, precipitando rovinosamente il Paese verso nuove elezioni, diventa sempre più concreto.

Eppure il risultato del voto avrebbe dovuto azzerare gli slogan propagandistici e le accuse reciproche di una delle peggiori campagne elettorali della storia repubblicana. Si doveva solo prendere atto di due dati incontrovertibili: dalle urne non è uscito un vincitore con una maggioranza nei due rami del Parlamento. Il Movimento 5 Stelle, arrivato al successo in nome dell'azzeramento di tutta la classe politica e di un programma incompatibile con gli impegni europei, non vuole (e non può) diventare componente determinante di una coalizione di governo.

Se così stanno le cose, è sicuramente importante lavorare a un programma che contenga riforme per la moralizzazione e la riduzione dei costi della politica.
Ma per dare un futuro al Paese, ed evitare la deriva greca, servono anche conti in ordine, rispetto degli impegni europei, riforme che rimettano in moto l'economia, tagli alla spesa pubblica per ridurre gradualmente le tasse, nuova legge elettorale e cambiamenti istituzionali che garantiscano stabilità e governabilità. E soprattutto è urgente rimuovere veti, contrapposizioni, pregiudiziali ideologiche che rendono impossibile perfino il tentativo di cominciare a discutere.
Grandi Paesi europei (e l'Italia in momenti drammatici della sua storia) hanno saputo trovare la via del dialogo e dell'unità tra forze politiche che si erano combattute aspramente. Invece oggi chi pronuncia la parola dialogo viene iscritto immediatamente al partito dell'inciucio. Il confronto tra avversari è un valore negativo che espone subito alla gogna della Rete.

Troppi no inossidabili sono stati pronunciati in questi giorni. È il momento di un passo indietro da parte di tutti per permettere al capo dello Stato di esercitare il ruolo che la Costituzione gli assegna nella ricerca di una soluzione. Bersani, Berlusconi, Monti e, vogliamo sperare, anche Grillo dovrebbero favorire la ricerca paziente di convergenze su un programma di svolta in pochi punti. Al leader del Pd il compito di mettersi alle spalle la cocente delusione per la vittoria svanita. Al leader del Pdl quello di comprendere che una possibile unità comporta la rinuncia a giocare la partita in prima persona: sulla sua figura si concentra l'ostilità di gran parte dei dirigenti e di tutti gli elettori del Pd. Due gesti paralleli che potranno restituire al dialogo e all'unità, possibile anche se sofferta, il significato di una scelta nell'interesse del Paese.

(dal Corriere della Sera - 9 marzo 2013)

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