Di Antonio Rossetti
In appendice:
Parlare e soprattutto approvare una nuova legge elettorale per la Camera e per il Senato,
senza ipotizzare una soluzione a favore di chi ha la maggioranza per determinarne gli esiti, è difficilissimo.
E’ una malattia grave e diffusa quella di volere approvare una legge su misura.
Una legislazione, quella italiana che non sfugge a questa malattia, ma non sempre è possibile trarre vantaggio da una legge pensata per il proprio partito o schieramento, non solo perché è difficile prevederne gli esiti, che sono sempre determinati dal voto dei cittadini, così come è quasi impossibile prevedere ciò che può cambiare nel tempo. Quindi, una legge che ti può apparire favorevole può punirti.
Gli esempi ci sono sia in Italia che in altri Paesi, anche in Europa.
Un’altra malattia che attanaglia il dibattito sul sistema elettorale e data dalla idea di “copiare” altri sistemi, una volta quello tedesco un’altra quello spagnolo, francese o altro.
In questo caso la cura è una rilettura dei sistemi elettorali nel nostro Pese, il campionario è talmente vasto che non c’è proprio da inventare nulla o quasi.
LA LEGGE VIGENTE
Per anni, dopo il cosiddetto “Porcellum”, si è dichiarata, da parte di molti, la volontà di cambiare, ma la riserva mentale del possibile vantaggio è stata la molla che ne ha impedito ogni cambiamento.
Perfino l’Onorevole Calderoli, si dice abbia proposto l’attuale legge che è stata approvata dalla maggioranza, ha dichiarato che dopo 20 proposte di modifica ha rinunciato ad proporre qualcosa di nuovo.
Una legge che è stata “copiata” in larghissima parte dalla legge regionale della Toscana, che ha fatto da battistrada alla legislazione di altre regioni .
E’ POSSIBILE UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE IN QUESTO CONTESTO STORICO-POLITICO-ECONOMICO ?
Per una nuova legge elettorale sarebbe utile una “ nuova costituente”, ma formata da chi?
Dopo che il testo è stato definito chi lo dovrebbe approvare, con il voto, questo Parlamento ?
L’altro argomento da considerare è legato ai tempi, sempre più stretti.
Lo stesso Presidente della Regione Toscana, all’inizio della legislatura regionale, esprimeva l’esigenza di cambiare la legge elettorale, ora si torna a parlarne. La legislatura chiude al 2015, salvo altre scadenze, e il tempo è molto ridotto.
In sostanza occorre il tempo sufficiente per un serio dibattito e per una soluzione equilibrata, ma si giunge sempre all’ultimo momento per decidere, con i tempi dell’emergenza.
Il rischio vero è legato proprio al tempo. Anche nei prossimi giorni si penserà alla nuova legge e se la discussione ripartirà dal “caro amico” vorrà dire che, salvo qualche improbabile colpo d’ala, la legge resterà quella attuale e si cercheranno tutti i possibili “espedienti” per tentare di avvantaggiarsi da tale sistema. Poi si vedrà.
Il Presidente della Repubblica ha richiamato più volte Camera e Senato all’impegno, e i “calcolatori” hanno fatto tutto il possibile per non cambiare una legge definita porcata dallo stesso proponente.
E’ probabile che la discussione prenda il via con un nuovo programma di riforme, a partire dalla Costituzione per la parte relativa alla composizione dei due rami del Parlamento e delle funzioni. Se questo avverrà chissà quando arriverà il nodo del sistema elettorale, qualcuno proporrà prima la riforma dei partiti, altri il numero, altri ancora la riforma della Presidente della Repubblica, intanto il tempo scorre e tutti pensano si debba votare quanto prima, con questa legge?
Una ipotesi che potrebbe superare alcuni, non tutti, i limiti della situazione in Italia su questa materia, potrebbe trovare come soggetto proponente, per i paesi membri, l’Unione Europea.
L’approvazione, con il rispetto delle norme attuali, per quanto riguarda l’adozione del provvedimento, di una normativa che renda più omogeneo il sistema elettorale nei Paesi dell’Unione potrebbe aiutare anche l’Italia.
Il ragionamento che sta dietro questa idea del livello superiore parte dal presupposto che solo da un livello più alto o neutro sia possibile trovare una soluzione che non sia viziata, almeno lo sarà in misura minore, da calcoli di circostanza.
Una legislazione europea che consideri alcune situazioni particolari, nei diversi Paesi, ma che risponda ai criteri di rappresentatività, di governabilità, e di partecipazione.
Nel 2014 vi saranno le elezioni per i rappresentanti italiani in Europa, un motivo in più per consolidare il ruolo dell’Europa.
So bene che questi sono tempi lunghi o comunque ponderati, mentre per l’immediato, dovendo porre mano all’attuale sistema elettorale per Camera e Senato, si potrebbe agire avviando il meccanismo delle riforme costituzionali, stabilendone percorsi e date, evitando forzature e riducendo al minimo i tempi stabiliti dalla Costituzione stessa per l’approvazione di modifiche, (vedi art. 138), mentre questo percorso prenderà il via, speriamo costruttivo, si dovrà trovare una soluzione rapida per la riforma del sistema elettorale.
Per la modifica di Urgenza i temi oggetto di discussione riguardano:
La partecipazione (liste- coalizioni) e le soglie di sbarramento.
La governabilità e la stabilità (premio di governabilità).
La scelta dei rappresentanti (voto di preferenza).
Il sistema dei collegi e del calcolo dei seggi
In attesa delle modifiche costituzionali, che definiscono il numero dei componenti le due camere, le modifiche possibili, al di fuori dei calcoli di convenienza, potrebbero considerare:
La partecipazione delle liste (con o senza Coalizione);
La preferenza nella scelta tra i candidati della lista ( al limite una sola preferenza, per evitare meccanismi di manovre sui voti ed accordi );
La soglia di sbarramento (tra il 4 / 5%) ( ciò non impedisce che vi siano liste con la presenza di più partiti nello stesso simbolo e nella stessa lista);
Una sostanziale uniformità del sistema di calcolo dei voti per la Camera e per il Senato.
In attesa di una riforma che veda affermarsi la diversità di competenze tra i due rami del parlamento, la dimensione regionale nel calcolo dei voti ha senso in presenza di una Camera delle regioni, con funzioni diverse dall’altra Camera dei deputati.
In sostanza, la proposta che si potrebbe avanzare, in attesa di una soluzione armonizzata a livello Europeo e in attesa delle modifiche della Costituzione Italiana, potrebbe riguardare:
1) Scelta dei candidati all’interno delle liste: voto di preferenza;
2) Sbarramento (liste) al 4-5% sia per la Camera che per il Senato (sia all’interno che all’esterno di coalizioni) ;
3) Il premio di governabilità, con misure modeste, vincolato al superamento di un quorum stabilito per la coalizione o per i partito vincente
Quella attuale è una legge già sperimentata con il massimo dei risultati in Camera e Senato nel 2008, a favore della coalizione vincente, senza che la “Governabilità e la Stabilità” ne abbiano giovato, sopratutto ne abbia giovato il Paese e i suoi cittadini, visto che le riforme annunciate prima del voto non hanno avuto esito nonostante la maggioranza notevole sia alla Camera che al Senato.
Una nuova legge non risolverà i problemi della complessità e delle difficoltà che si scaricano sulla vita del Paese e dei cittadini, quindi la governabilità dipende da molti altri elementi, che il voto registra, ma che da solo, non può risolvere.
In sostanza è la politica che deve trovare competenze e maturità politica per governare il Paese, la legge elettorale può aiutare, non risolvere e neppure può semplificare la complessità che dentro o fuori il Parlamento ci sarà sempre. In fondo la politica è la capacità di rappresentare e risolvere, al meglio e con maggiore equità la complessità e le difficoltà di un Paese per favorire crescita economica e sviluppo sociale.
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1) SISTEMA UNINOMINALE A DOPPIO TURNO,
modello del liberalismo classico, riservava il diritto di voto ai cittadini di sesso maschile, età superiore a 25 anni, alfabetizzazione e pagamento di una imposta diretta complessiva di almeno 40 lire in Piemonte, che scendeva a 20 lire in Liguria e Savoia; vi erano alcune deroghe.
I deputati ( inizialmente 204) venivano eletti in collegi uninominali a doppio turno. Il ballottaggio era previsto tra i due candidati maggiormente votati nel caso in cui, nella prima votazione, nessun candidato avesse ottenuto più di 1/3 dei voti degli aventi diritto e metà dei voti validamente espressi.
La normativa fu parzialmente modificata dalla legge n.3778 del 20 novembre 1859 (Presidente del Governo Rattazzi) estendendo la legislazione piemontese alla Lombardia. Aumentò a 260 il numero dei Deputati, ampliò la dimensione di collegi e le tipologie dei requisiti relativi alle deroghe per il censo, ribadendo , con alcune eccezioni, l’esclusione degli analfabeti dal diritto di voto.
Il numero dei collegi fu ulteriormente ampliato a seguito dell’annessione delle provincie emiliane e della Toscana, con i decreti del governatore dell’Emilia e della Toscana. – Nelle elezioni del Marzo 1860, il territorio del regno fu diviso in 387 collegi (al posto di 204). Con l’annessione del Mezzogiorno, delle Marche e dell’Umbria, alla formazione dello stato unitario i collegi elettorali venivano suddivisi in circoscrizioni elettorali, con numero non minore di 400 collegi e circoscrizioni non superiori a 50.000 abitanti. I collegi aumentarono fino a 443, con le annessioni di Veneto , Lazio e Roma diventarono prima 493 e poi 508. era esclusa la retribuzione per le funzioni di deputato e di senatore).
2) MAGGIORITARIO E SCRUTINIO DI LISTA
Con la legge n. 593 del 22 gennaio 1882, relativa ai requisiti per l’elettorato attivo , la n. 725 del 7 maggio 1882 relativa allo scrutinio di lista e la 796 del 13 giugno 1882 che ridefinì la mappa dei collegi: La nuova normativa fu poi trasferita nel testo unico n.999 del 24 settembre 1882. Legge strettamente connessa al passaggio del timone del paese da destra a sinistra storica realizzò diverse innovazioni.
Il limite di età per l’elettorato attivo, indipendentemente dal censo, passa da 25 a 21 anni, fu mantenuto il requisito dell’alfabetismo;(la platea degli elettori passò da 621.896 a 2.049.461).
Con la nuova normativa il Regno fu diviso accorpando i collegi esistenti in 135 collegi plurinominali che eleggevano 508 deputati.
Ciascun collegio eleggeva 2,3,4 o 5 deputati in base alla dimensione. Gli elettori potevano scrivere sulla scheda 4 nomi nel caso di 4 o 5 deputati da eleggere, nel caso di collegi con 2 o tre deputati da eleggere tanti nomi corrispondenti al numero.
Per la elezione al primo scrutinio era necessario che il candidato ottenesse il maggior numero di voti, purché superiore di 1/ 8 degli aventi diritto al voto.
Nel caso che non tutti i seggi disponibili venissero assegnati si procedeva al ballottaggio tra i candidati, con il maggior numero di voti, in numero doppio rispetto ai candidati ancora da eleggere.
3) MAGGIORITARIO: UNINOMINALE A DOPPIO TURNO
Con la legge n.210 del 5 maggio 1891 fu stabilito il ritorno al collegio uninominale. Con legge n. 315 del 28 giugno 1892 vennero modificate le norme sul ballottaggio stabilendo che fosse eletto chi avesse ottenuto più di 1/6 dei voti ed almeno la metà dei suffragi validamente espressi.
Con le leggi n. 665 del 30 giugno 1912 e n. 648 del 22 giugno 1913, poi raccolte e coordinate nel testo unico n. 821 del 26 giugno 1913, fu introdotto il “quasi suffragio universale”. Il diritto di voto fu esteso ai maschi di oltre 30 anni, anni se analfabeti ed a coloro che avevano tra 21 e 30 anni di età, che sapessero leggere o scrivere.
Gli aventi diritto al voto passarono da 2.930.473 (del 1909) a 8.443.205.
Nella forma di rimborso spese fu introdotta l’indennità per i deputati.
4) PROPORZIONALE
La legge n. 1401 del 15 agosto 1919 rifluita nel testo unico n. 1495 del 2 settembre 1918, aveva introdotto il suffragio universale maschile dichiarando elettori tutti i cittadini maschi di almeno 21 anni di età. La riforma proporzionale affermatasi alla camera e al senato corrispondeva alla profonda evoluzione del quadro politico.
In base alla nuova legge elettorale l’elettore era chiamato ad esprimere la propria preferenza di lista in ogni collegio con numero di elettori variabile tra 300 e 500.
L’elettore poteva esprimere da 1 a quattro voti per i candidati della lista , o con il cosiddetto voto aggiunto anche per altre liste.
Il voto aggiunto, in alternativa al voto di preferenza, entro un certo numero di voti.
Il Regno d’Italia fu suddiviso in 54 collegi.
La nuova legge elettorale proporzionale fu applicata per la prima volta nel 1919 .
5) PREMIO DI MAGGIORANZA
Legge n. 2444 del 18 dicembre 1923, rifluita nel testo unico n. 2694 del 13 dicembre 1923.
Collegio unico nazionale diviso in 6 circoscrizioni, alla lista vincente premio di maggioranza cospicuo.
Prevedeva un sistema maggioritario plurinominale all’interno di un collegio unico nazionale,
ogni lista poteva presentare un numero di candidati pari a 2/3 dei seggi in palio, ma la ripartizione dei seggi alla camera dipendeva dal premio di maggioranza. La lista vincitrice che avesse conseguito il 25% dei voti validi avrebbe ottenuto 2/3 dei 535 seggi, i restanti 179 sarebbero stati suddivisi tra le altre liste. Nel caso in cui nessuna lista avesse raggiunto il 25% la ripartizione sarebbe avvenuta su base proporzionale con il metodo del quoziente (metodo Hare).
Era consentita l’espressione di preferenza nel numero di 3 nel caso di più di 20 seggi nella circoscrizione, di 2 preferenze negli altri casi.
La legge prevedeva l’abbassamento dell’età dell’elettorato passivo da 30 a 25 anni.
6) SISTEMA PLEBISCITARIO
La legge n. 122 del 15 febbraio 1925, recepita nel testo unico n.118 del 17 gennaio 1926 reintroduce il collegio uninominale, con legge 1029 del 17 maggio 1928 ed il testo unico n.1993 del 2 settembre 1928 fu introdotto un nuovo sistema elettorale di tipo plebiscitario.
Collegio unico nazionale, l’elettore era chiamato a votare o respingere la lista di 400 deputati .
Lista formata dal gran consiglio del fascismo a partire da una rosa di 850 candidati proposti dalle confederazioni corporative nazionali e 200 candidati proposti dalle associazioni ed enti più altri scelti dal gran consiglio stesso.
Gli elettori potevano esprimere si o no sul complesso della lista.
Nel caso la lista non fosse stata approvata dal corpo elettorale , la consultazione si doveva ripetere con il concorso di liste concorrenti, presentate da associazioni e organizzazioni con almeno 5000 soci. La lista che avesse ottenuto il maggior numero di voti avrebbe avuto tutti candidati eletti.
7) CAMERA NON ELETTIVA
Legge n.129 del 19 gennaio 1939.
Con legge 129 del 19 gennaio 1939 il fascismo abbandonò del tutto il principio delle’elettività dei membri della camera, sostituendola con la Camera dei fasci e delle corporazioni.
8) CONSULTA NON ELETTIVA
Decreto luogotenenziale n.146 del 5 aprile 1945, i consultori, inizialmente nel numero di 304, erano espressi dai partiti del CNL.
9) COSTITUENTE PROPORZIONALE
Le elezioni per l’assemblea costituente si svolsero a suffragio universale dopo che,
con il decreto luogotenenziale n. 23 del 2 febbraio 1945, fu concesso il voto alle donne.
Il decreto luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946 stabilì che le elezioni avvenissero su base proporzionale, su collegi plurinominali e liste concorrenti
10)-PROPORZIONALE
Legge n.29 del 6 febbraio 1948 per il Senato e legge n.1058 del 7 ottobre 1947 per la Camera , venne introdotto il sistema proporzionale, con circoscrizioni plurinominali e liste concorrenti con la possibilità di esprimere 3 o 4 preferenze secondo l’importanza dei collegi. Per la Camera veniva eletta in ragione di un deputato ogni 80.000 abitanti o frazione superiore a 40.000;
La legge per il Senato prevedeva che il territorio regionale fosse diviso in tanti seggi uninominali in relazione al numero dei senatori spettanti. Il quorum per la elezione era 65% dei voti, ove nessuno avesse raggiunto il quorum era applicato il sistema proporzionale.
La legge n.148 del 31 marzo 1953 attribuiva un premio di maggioranza, solo per la camera, alla lista o liste, collegate tra loro in tutto il territorio nazionale, che avessero raccolto il 50,01% dei voti. Questa legge fu successivamente abrogata con legge n. 615 31 luglio 1954.
11)-MISTO (MAGGIORITARIO E PROPORZIONALE)
Le leggi 276 e 277 ( Senato e Camera) del 4 agosto 1993, a seguito di due referendum del 1991 e 1993), stabiliscono che ¾ dei senatori e ¾ dei deputati siano eletti con sistema maggioritario a turno unico nei collegi uninominali, il restante 25% con sistema proporzionale nelle 26 circoscrizioni della Camera con soglia di sbarramento del 4%, mentre per il senato il 25% in proporzione ai voti conseguiti nei collegi di ciascuna regione dai candidati non eletti.
Alla camera il voto avveniva su due schede(una scheda per il maggioritario e una per il proporzionale), con il meccanismo dello scorporo dei voti, con sbarramento al 4%.
12)-VOTO ITALIANI ALL’ESTERO
Con legge n.1 del 17 gennaio 200 e n.1 del 23 gennaio 2001 viene stabilito il voto degli italiani all’estero (6 seggi per il Senato e 12 seggi per la Camera) senza modificare il totale dei componenti delle due Camere.
13)-PROPORZIONALE CON PREMIO DI MAGGIORANZA
La legge n.270 del 21 dicembre 2005, proporzionale con premio di maggioranza in ambito nazionale (26 Circoscrizioni + la Valle d’Aosta) con possibilità di coalizione e sbarramento del 10% per la coalizione e 2% per le liste in coalizione e del 4% per le liste fuori coalizione.
Il premio di maggioranza per la Camera (su base nazionale) con 340 seggi alla lista vincente e 277 ripartiti fra le altre liste che hanno superato i relativi sbarramenti.
Per il Senato la soglia di coalizione è del 20% mentre fuori della coalizione è dell’8%. L’assegnazione del premio di maggioranza avviene per singole regioni. Alla lista vincente va il 55% dei seggi, i rimanenti vengono ripartiti tra le altre liste che superano i relativi sbarramenti,
Le informazioni riportate hanno come scopo principale quello di presentare la gamma di sistemi elettorali adottati nel nostro Paese, per approfondimenti di tipo storico, politico, socio economico sono presenti, in rete, documenti molto più ricchi di contenuti.
Lucca, 6 marzo 2013