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Sconfitta dei sondaggisti, che prefigurano i risultati condizionando gli elettori

 

Di Antonio Rossetti

 

Come si contano i voti?

Chi vince e chi perde alle elezioni?

 

Elezioni 24-25 febbraio 2013

 

L’Italia è un grande Paese, ma con molte, anzi moltissime “particolarità” nel valutare, di volta in volta e nel tempo gli stessi avvenimenti.

Prendiamo ad esempio il  risultato delle elezioni recenti .

Alcuni anni fa, l’esito era valutabile  in base al numero dei voti ricevuti dai partiti e dal numero dei seggi conquistati. Era il tempo del proporzionale e non si poneva molta attenzione ai sondaggi preelettorali, comunque in misura minore.

Chi riceveva più voti vinceva e chi aveva più seggi, pur dovendo raggiungere intese con altri partiti, governava. Sembrava logico.

Oggi il Pd e la coalizione di centrosinistra  hanno raggiunto un risultato alla Camera tale da determinare un alto numero di seggi, per effetto di questa legge da tutti rinnegata, nonostante una sostanziale perdita di voti. A dire il vero, (il movimento) Cinque stelle è risultato  il primo tra gruppi politici, alla Camera,  con un risultato notevole.

Mentre la coalizione con Berlusconi, che perde alla Camera, di poco, e perde al Senato di poco, e che vede, rispetto alle precedenti elezioni politiche una perdita, come partito, di oltre 6 milioni di voti, mantiene un forte potere al Senato, anche per effetto del risultato del movimento 5 stelle, con 54 seggi e della lista Monti che non va oltre i 19 seggi al Senato.

La Lega che dimezza il  suo  peso elettorale, conquista, con Maroni,  la Regione più importante del Paese.

Con i dati alla mano la coalizione del centrosinistra  ha conquistato la maggioranza assoluta alla Camera con 345 seggi e la maggioranza relativa al Senato con 123 seggi  (la coalizione di centro destra 125 seggi alla Camera  e 117 al Senato , mentre per Grillo sono 109 alla Camera e 54 al senato). 

In una fase economica normale e con un Paese normale questa sarebbe la lettura dei dati.

L’Italia presenta invece una situazione complessa e molto grave.

La lettura è diversa non tanto perché i numeri  sono diversi, ma perché sono distanti dalle   previsioni di tutti i sondaggisti e delle loro società che, per mesi, avevano prefigurato scenari  che non sono nemmeno parenti alla lontana  dell’esito del voto.

Se qualcuno ha  voglia di leggere le ipotesi  dei “profeti delle previsioni” , chissà quanto hanno ricavato da questa attività, può deriderli tutti, o quasi.

Con i grafici e i calcoli avevano previsto un risultato al Senato che per la coalizione  del centro sinistra  andava oltre  i 150 seggi  e, in alcuni casi, oltre la maggioranza assoluta.

Per questi signori del sondaggio era la previsione di voto che si doveva avverare, in sostanza i cittadini italiani dovevano votare come volevano i sondaggisti e non come volevano i cittadini stessi.

Partendo da queste basi,  pure avendo conquistato la maggioranza relativa dei seggi al Senato,  Bersani  e Vendola sono criticati per non avere ottenuto quanto “i maghi del sondaggio” avevano previsto e  diffuso per mesi, causando una brutta figura alle “previsioni”. Altro che forchetta del più 2% o meno 2%, qui hanno dato i numeri a casaccio vendendoli come sondaggi statistici, che hanno  basi scientifiche provate. 

Anche la lista Monti, che ha ottenuto 19 seggi al Senato e 47 alla Camera,  ne doveva ricevere di più, circa 30 al Senato, sempre secondo le previsioni,  il  movimento cinque stelle doveva riceverne di meno.

Ancora  più clamorosa è stata la “buffonata”, penso si possa dire, degli Istant Poll, che ha prefigurato scenari che hanno fatto ubriacare, metaforicamente parlando, molti degli invitati nelle reti Tv, per scoprire subito dopo  qualche ora che era reale il rischio della rimonta di Berlusconi e compagnia.

Se questa distinzione  fosse “un particolare” degli italiani che non sono disponibili a dire ad altri come pensano di votare e come hanno votato?

I sondaggisti possono trarre lezione da questo grave insuccesso o sperano ancora  di condizionare il risultato per farlo corrispondere alle loro previsioni?

La storia dei sondaggi, è cosa risaputa,  viene da lontano e già negli Stati Uniti si ricorda di un grande fallimento in occasione dell’elezione del Presidente nel 1936.  Secondo un sondaggio, con 10 milioni di contatti, Roosevelt era dato al 41% e quindi sconfitto. Roosevelt vinse con il 61% dei voti e fu eletto presidente degli Usa.

Il sistema elettorale cambierà? 

Dire cosa succederà è difficile, forse qualche sondaggista si eserciterà, con quale esito è facile immaginare, a prevedere  come dovrebbe finire.

Il rischio della instabilità, del ricorso  ancora alle urne in tempi brevi, è presente e torna in primo piano il dibattito sul sistema di voto che,  a parole,  tutti dichiarano di volere cambiare ma nessuno vorrebbe rinunciare ai vantaggi che, comunque,  l’attuale sistema consente a qualcuno.

Personalmente sono perché vi sia un criterio proporzionale con sbarramento sia per Camera e per il Senato intorno al 4%, e il ritorno alla scelta da parte degli elettori con il voto di preferenza.

E’ un ritorno al passato?

Si dovranno raggiungere, dopo il voto, degli accordi?

Se questo è vero, almeno in parte, di cosa si sta parlando oggi dopo il voto con l’attuale sistema, che nessuno ha voluto cambiare e comunque non hanno voluto cambiarlo ne Pd e ne Pdl?

Occorre più forza o più debolezza per cambiare un meccanismo che consente, con meno di mezzo punto di differenza, rispetto alla seconda coalizione e  senza raggiungere neppure il 30% dei voti,   di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi?

Gli argomenti saranno comunque condizionati dal “non c’è tempo”, la stessa motivazione che per anni e anni ha impedito di fare le riforme più urgenti e più necessarie.

Quanto si dovrà aspettare?

Chi non si è reso conto che per molti italiani il tempo era già scaduto e non avevano più la pazienza di giustificare i rinvii  lo ha già sperimentato. Nel caso  non si  sia ancora  convinto che la risposta all’antipolitica è una diversa concezione della politica, e che il movimento 5 stelle, probabilmente, avrà modo di sperimentare la stessa sorte di molti movimenti e/o personaggi privi di un reale progetto politico che sono declinati, dopo piu’ o meno clamorosi successi, alla successiva tornata elettorale.

Ci sono azioni e decisioni che non si possono rinviare, la credibilità può essere recuperata solo  rispondendo alle domande di pulizia, onestà, trasparenza, di scelte visibilmente  indirizzate all’interesse della comunità.

Chi ha come passione la politica come servizio può sperare di non essere “fuori moda”.

La strada è segnata, non per merito dei sondaggisti, ma per  il voto dei cittadini, che nonostante  la scelta scellerata del voto in febbraio, si sono astenuti in misura minore rispetto  alle catastrofiche cifre, secondo i sondaggi, del 35-45 %, e per qualcuno anche di più.

Che l’astensione si trasformi in voto è un bene, è un passo per dare voce a proposte e persone.

 

Lucca, 1 marzo 2013

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