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La campagna elettorale che l'Italia non si merita

di Sergio Fabbrini

La campagna elettorale che si prefigura sembra riportarci indietro piuttosto che avanti. Se è vero che le caratteristiche di una campagna elettorale condizioneranno la logica dello scenario post-elettorale, allora occorre davvero preoccuparsi per come il dibattito tra i partiti si sta configurando. Una proprietà inequivocabile della politica ideologica consiste nel chiedere agli elettori un voto prospettivo, basato su una fiducia slegata da specifici comportamenti pregressi. Al contrario, una proprietà inequivocabile della politica democratica consiste nell'usare le elezioni per giudicare ciò che è stato fatto e quindi valutare le alternative. L'Italia non acquisirà mai le caratteristiche di una moderna democrazia europea se non riuscirà ad ancorare la politica ai fatti e non già alle promesse.

Per questo motivo, le elezioni del prossimo 24-25 febbraio dovrebbero essere l'occasione per fornire un giudizio retrospettivo sulle scelte del governo di centro-destra guidato da Silvio Berlusconi tra il 2008 e il 2011. Se si smarrisce questo punto di partenza, allora è inevitabile ritornare al passato della politica fatta di chiacchere, dichiarazioni estemporanee, richiami della foresta. Se la posta in gioco è la valutazione del governo di centro-destra (che peraltro ha governato per 8 anni su 10 nel decennio 2001-2011), allora il dibattito elettorale dovrebbe fare emergere le critiche e le giustificazioni di quell'esperienza.

Le elezioni non dovrebbero riguardare un giudizio del Governo Monti, che è stato un governo brevissimo, di emergenza e sostenuto da una maggioranza trans-partitica. Se il Governo Monti diventasse l'oggetto della campagna elettorale, sia per la destra che per la sinistra, allora la confusione tra gli elettori salirebbe alle stelle. Quel governo non è stato espressione di una lista maggioritaria chiamata "Scelta Civica" ma di una decisione del presidente della Repubblica accettata dal Parlamento.

Allo stesso tempo, è singolare che il senatore Monti, così impegnato ad europeizzare le nostre politiche pubbliche, proponga un progetto politico centrista che ostacola l'europeizzazione del nostro sistema partitico. Impostare una campagna elettorale equidistante tra la destra e la sinistra è sbagliato due volte: in primo luogo, perché si dimentica che al governo, prima dell'emergenza, c'era la destra e non già la sinistra; in secondo luogo, perché si prefigura la formazione di un raggruppamento politico che non avrebbe una sua coerente collocazione nel sistema partitico europeo. Le principali democrazie europee a noi comparabili sono strutturate intorno a due grandi partiti di centro-destra e di centro-sinistra, a loro volta aggregati all'interno delle due grandi famiglie del partito popolare e del partito socialista. La scelta del senatore Monti di salire in politica ha un senso solamente se è finalizzata a ridefinire la rappresentanza dell'elettorato di centro-destra, non già per creare l'ennesimo partitino di centro. Per questo motivo, sarebbe necessario che la sua Lista proponesse un programma non solo alternativo a quello perseguito dal Governo Berlusconi, ma anche coerente con le prospettive perseguite dal Partito popolare europeo.

Gli elettori dovrebbero decidere tra una coalizione di destra che si ripropone in continuità con l'esperienza del governo Berlusconi del 2008-2011 e due alternative di centro e di sinistra. Queste ultime non si sovrappongono, anche se hanno inevitabilmente molti punti in comune (come ve ne sono tra socialisti e popolari in Europa). La coalizione Pd-Sel ha acquisto un carattere marcatamente di sinistra, nonostante la scelta di candidare personalità provenienti dai mondi più diversi. Se questa è la sinistra dell'agenda redistributiva, sarebbe bene che venisse spiegato agli elettori come verrà realizzata. Allo stesso tempo, è vero che la cosiddetta agenda-Monti si rivolge ai consumatori, prima ancora che ai produttori, ed è impegnata alla liberalizzazione del paese, prima che alla redistribuzione delle sue ricchezze. Tuttavia, nella coalizione centrista vi sono non pochi rappresentanti di quelle corporazioni che occorrerebbe smantellare. Come si intenderà farlo?

Se la campagna elettorale verrà rimessa sui suoi binari, allora gli elettori dovranno essere messi nella condizione di valutare, in primo luogo, l'esperienza del precedente governo di centro-destra e quindi, in secondo luogo, la credibilità dell'una o dell'altra alternativa a quest'ultimo. Se così sarà, allora più chiari saranno gli scenari post-elettorali che si potranno creare. La posta in gioco delle prossime elezioni non sarà solo stabilire chi governerà il paese, ma anche come il paese verrà governato.

(dal Sole 24 Ore - 13 gennaio 2013)

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