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La metamorfosi ingloriosa del PdL. Chi paghera' il conto?

di Paolo Razzuoli

Non ho difficolta' ad ammetterlo: Nel 2009, al momento del congresso di fondazione del PdL, sono fra coloro che avevano riposto speranze nel progetto. Dico speranze e non adesione incondizionata, tant'e' che mai mi ha sfiorato l'idea di iscrivermi. Oggi e' sicuramente imbarazzante questa ammissione, ma non bisogna mai avere paura delle scelte fatte in buona fede.
L'idea di poter dare uno sbocco alla infinita transizione italiana con la creazione di un partito legato alla storia ed alla cultura del Partito Popolare Europeo, e' stata la molla di questo interesse e di queste speranze. Certo non mancavano dubbi e perplessita', dovuti a molteplici fattori, primo fra tutti la personalita' di Berlusconi.

D'altra parte per comprendere i fatti della storia e della politica occorre inquadrarli nel contesto in cui sono avvenuti. Nel 2008 si veniva da un'esperienza di governo del centrosinistra disastrosa. Se e' vero che quel biennio poteva avvalersi di figure certamente di valore come Prodi o Padoa Schioppa, e' pur vero che assistevamo a ministri che scendevano in piazza contro il governo di cui facevano parte, che l'etereogenita' della coalizione era causa di stallo su tutta la linea, che le liberalizzazioni partivano dai taxisti, Che nessun serio progetto di ammodernizzazione della societa' italiana poteva essere affrontato stante il potere di interdizione della sinistra radicale.
In quel contesto fu assai facile che gli italiani guardassero altrove, ponendo fiducia in un progetto che sembrava portare ad un approdo positivo e che allora investi' l'intero sistema italiano, che sembrava, anche grazie alle scelte di Veltroni, indirizzarsi verso una stagione favorevole ad un consolidamento di un bipolarismo maturo.
Un clima che echeggio' anche nei primi passi della legislatura, per esempio nei discorsi di insediamento dei presidenti dei due rami del Parlamento.
Una speranza che duro' "lo spazio di un mattino", posto che gia' nel 2010 l'edificio si ruppe, con scricchiolii sempre piu' avvertibili fino ai fatti che portarono all'uscita (forse meglio dire la cacciata) di Fini.

Dall'inizio della legislatura sino alla caduta del governo Berlusconi, e' stato un susseguirsi di pasticci e di figuracce, che hanno coinvolto il governo nel suo complesso e il suo presidente in particolar modo. Circa quest'ultimo, si parti' con una certa Noemi, per finire con il bungabunga e Ruby.
Dal 2008 al 2011, sul piano interno nessun serio progetto riformatore e' stato possibile, e sul piano internazionale mai cosi' bassa e' stata la credibilita' del Paese.
Quando Mario Monti ha accettato l'incarico di formare il governo, la situazione era sull'orlo del baratro, sia sul versante interno che su quello internazionale. Del Governo Monti si potra' dire tutto cio' che si vuole, ma difficilmente si potra' contestare la circostanza che in un anno di attivita' e' riuscito a dare nuova credibilita' al Paese agli occhi del mondo ed e' riuscito ad evitare che l'Italia diventasse il detonatore della zona euro.

Tornando al PdL, non si puo' nascondere lo sconcerto per cio' che e' diventato: qualcosa di irriconoscibile, un corpo dal patrimonio genetico completamente diverso da quello che sembrava possedere. Che c'entra questo PdL con la cosiddetta "casa dei moderati"?
Le ultime mosse di Berlusconi, avallate per forza o per amore dalla dirigenza del partito (a proposito che figuraccia Alfano) portano il PdL sulla sponda del populismo, di un antieuropeismo pericoloso, di un irresponsabile cavalcare lo scontento della gente sapendo di non dare prospettive reali, ma solo pensando a calcoli elettoralistici, veri o presunti che siano.
Un atteggiamento paradossalmente che accomuna Berlusconi a Grillo o a Di Pietro, nella piu' elementare logica che "gli estremi si toccano".

IL PdL e' stata una illusione che e' durata ben poco; e' stato un progetto che non ha avuto nemmeno il tempo di decollare. Una vicenda che richiama, al rovescio, la fiaba di Andersen "Il brutto anatroccolo"; nella fiaba il brutto anatroccolo di venta un bel cigno. Nella realta' del PdL, quello che sembrava un progetto destinato a prendere il largo, e' diventato un corpo non solo brutto, ma a questo punto anche capace di incrementare le tossine ammorbanti che sembrano aver infettato la societa' italiana.

Ma veniamo alle vicende delle ultime ore, anch'esse maturate mentre al Teatro Alla Scala andava in scena il Lohengrin di Wagner, eroico cavaliere portato da un cigno che poi tornera' a riprenderlo.
Mentre Mario Monti assisteva alla rappresentazione scaligera, si stava consumando lo strappo del PdL, a cui Angelino Alfano ha dato il la con un intervento Sprezzante sui risultati ottenuti, violento nei toni, profondamente ingiusto.
Ieri sera il Paese ha vissuto ore certamente drammatiche. Un governo muore così. Nella Festa dell’Immacolata, a mercati chiusi, ma a occhi ben aperti di una comunità internazionale che non capisce e da lunedì ci farà pagare un prezzo assai alto. La ridiscesa in campo del Cavaliere aveva già prodotto, dalla convulsa serata di mercoledì, un terremoto inarrestabile; L'intervento di Alfano e' stato lo strumento con cui il PdL ha inteso dare lo scossone definitivo all'esperienza Monti.
Il presidente del Consiglio, con grande senso delle istituzioni e certamente con un gesto di grande significato politico ha chiaramente fatto capire di non essere disposto a farsi arrostire sulla graticola di un logorante galleggiamento in balia di una forza politica ormai fuori da orizzonti di assunzione di responsabilita' verso il Paese.

Non mi diilungo sulla cronaca degli eventi: ne parlano ampiamente tutti gli organi di informazione.
Mi limito a riportare integralmente il comunicato del Quirinale, breve ma eloquente nella sua drammaticita'.

"Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha stasera ricevuto al Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Senatore Mario Monti.
Il Presidente della Repubblica ha prospettato al Presidente del Consiglio l'esito dei colloqui avuti con i rappresentanti delle forze politiche che avevano dall'inizio sostenuto il Governo e con i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.
Il Presidente del Consiglio ha dal canto suo rilevato che la successiva dichiarazione resa ieri in Parlamento dal Segretario del PdL on. Angelino Alfano costituisce, nella sostanza, un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del Governo e della sua linea di azione.
Il Presidente del Consiglio non ritiene pertanto possibile l'ulteriore espletamento del suo mandato e ha di conseguenza manifestato il suo intento di rassegnare le dimissioni. Il Presidente del Consiglio accerterà quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l'esercizio provvisorio - rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo - siano pronte a concorrere all'approvazione in tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio. Subito dopo il Presidente del Consiglio provvederà, sentito il Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica".

questa la nota del Quirinale. Ora qualche breve riflessione.

Il calcolo spregiudicato del Pdl di essere insieme partito di opposizione e di governo da ieri sera si sta rivelando per quello che è: un azzardo pericoloso per il Paese.
La decisione del presidente del Consiglio Mario Monti di dimettersi dopo l’approvazione della legge sul bilancio dello Stato mette Silvio Berlusconi e il suo partito di fronte alle loro responsabilità. Hanno destabilizzato la maggioranza in uno dei passaggi più delicati della legislatura. E il loro tentativo di rivendicare senso dello Stato fuori tempo massimo rivela la sorpresa di chi è stato colto in contropiede. Le mosse di Monti-Napolitano sono certo da manuale, da figure che hanno il senso delle istituzioni e della politica. La scelta di Monti e' infatti un atto politico che lascia in mano al PdL non il classico cerino bensi' un grosso cerone.
Monti ha spiegato al Presidente della Repubblica di non poter proseguire la sua azione. Ha respinto le pressioni del Pdl sulla giustizia e non è disposto ad accettare il ruolo di bersaglio di una campagna elettorale berlusconiana giocata contro l'Euro, l’Europa e le tasse: una strategia «facile» quanto avventurista, destinata, come ho cercato gia' di dire, ad allontanare il centrodestra da qualunque politica moderata; e ad accomunarlo al leghismo e al movimento del comico Beppe Grillo.

La mossa di Monti e' stata compiuta a mercati chiusi, per evitare riflessi immediati sulla situazione finanziaria dell’Italia. Ma è chiaro che il timore di conseguenze pesanti resta acuto: fin da domattina, alla riapertura delle Borse.
Se lo spread risalira', se le agenzie di rating dovessero declassarci chi paghera' il conto?

Le prospettive

Probabilmente il 10 e 11 marzo si votera'; in realta' c'e' chi pensa addirittura ad un mese di anticipazione su questa data. Il centrosinistra si presentera' alle elezioni con un percorso sicuramente virtuoso, che ha visto nelle primarie una bellissima pagina di democrazia, con un candidato premier sicuramente affidabile, dotato di esperienza e di senso di responsabilita', anche se i suoi trascorsi governativi autorizzano qualche perplessita'.
Sicuramente l'approccio del centrosinistra sara' diverso da quello del 1996 e del 2006. Il grande successo di Matteo Renzi, portatore di un progetto molto diverso da quello della sinistra tradizionale, attesta che molto sta cambiando in quell'area. Bersani dovra' tenerne conto, sia nelle indicazioni programmatiche della sua proposta, sia nella scelta della rappresentanza parlamentare.
L'alleanza con Vendola crea comunque perplessita', per la marcata diversita' di impostazione, e per il taglio antagonista che Sel ha rispetto all'agenda Monti (Sel ha indetto due referendum abrogativi di provvedimenti del Governo Monti).
Non possiamo nasconderci il profondo solco culturale che separa Sel dall'impostazione di stampo liberal-riformista del Governo Monti. Non e' detto che non possano ripetersi copioni gia' visti, con ministri che scendono in piazza contro i provvedimenti del governo di cui fanno parte.
Perplessita' legittimate esaminando comportamenti e atteggiamenti ampiamente diffusi nelle forze che a questa sinistra si richiamano, e che ovviamente non potranno essere ignorati da coloro che la rappresentano.
Faccio solo un esempio. E' verissimo che l'investimento in istruzione e' la cartina di tornasole per un paese che vuole investire sul suo futuro: dire "piu' risorse all'istruzione" e' sicuramente auspicabile. Pero' l'investimento sulla scuola non puo' prescindere da una profonda trasformazione dell'attuale organizzazione del nostro sistema scolastico, introducendo criteri di merito, di valutazione e di salto della qualita' del servizio: parametri che fanno inorridire i puri e duri della sinistra, e che sono il bersaglio privilegiato dei cortei di protesta.

L'esito delle urne consolidera' con ogni probabilita' l'anomalia del quadro politico italiano, assegnando i primi posti al Pd, e alla Formazione di Grillo, quest'ultima forza demagogica, populista, nata legittimamente sullo iato fra paese reale e classe politica, comunque inutile quale forza di governo. Ma la prima forza sara' quella di coloro che non si recheranno alle urne: segno del profondo malessere del Paese e del rifiuto della politica, proprio quando la crisi in cui viviamo richiederebbe piu' politica, certo intesa come capacita' di visione e di progettualita', cose ben diverse dagli standard a cui ci hanno abituati i politici.

Il blocco sociale dei cosiddetti moderati, che si erano illusi di poter trovare rappresentanza nel PdL, oggi si trova senza una vera rappresentanza politica.
Renzi rappresenta sicuramente istanze appartenenti anche a questo mondo. sicuramente l'evoluzione politica del Pd, in cui trovano posto anche le posizioni di una figura lungimirante quale il Senatore giuslavorista Pietro Ichino, rappresenta un possibile approdo almeno per parte di questo mondo.
Ma non e' detto che tali istanze non vengano emarginate, da una forza nella quale ancora prevalgono gli epigoni di una dirigenza formatasi alla scuola del vecchio Pci.

Sarebbe di grande utilita' per il Paese che questo blocco riuscisse, finalmente, a trovare una idonea rappresentanza politica, ora che il berlusconismo e' al tramonto, come riferimento per un ben individuabile blocco sociale.
Una situazione che interpella i numerosi soggetti che si muovono nella cosiddetta area di centro, che stanno affannando nella ricerca di un concreto sbocco al loro disorientamento ed alla loro frammentazione.
Uno sbocco che uscirebbe subito dal cilindro qualora Mario Monti, liberato dalla terzieta' e ruolo super partes del presidente del Consiglio, decidesse di raccogliere gli inviti che da mesi gli vengono rivolti, di porsi alla guida della galassia centrista.
Cio' che e' successo in queste ore cambia infatti le carte in tavola. Se esisteva un accordo per riportare l’Italia fuori dall’emergenza, stipulato con Pdl, Pd e Udc, lo scarto berlusconiano ha rotto le regole tacite che questa intesa imponeva a tutti. E restituisce un Monti che di colpo sente di avere le mani libere: se non altro come riflesso di uno strappo che rischia di compromettere la credibilità italiana nella comunità internazionale dopo il discredito dell’ultimo governo Berlusconi.

Se Monti dovesse decidere di raccogliere gli appelli che insistentemente gli vengono rivolti, si potrebbe forse iniziare a scrivere una nuova pagina della nostra storia, avviando un percorso che porti verso una terza repubblica, nella quale la bandiera della speranza possa sventolare al posto di quella attuale, del disorientamento e della rassegnazione.

Allego a queste mie riflessioni alcuni contributi, pubblicati sul Sole 24 Ore, che propongo ai lettori per approfondire scenari e prospettive.

Lucca, 9 dicembre 2012

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