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E' proprio vero: "le disgrazie non vengono mai sole"

di Paolo Razzuoli

Questa mattina, accendendo come di consueto la radio per ascoltare il Gr delle sette, sono sobbalzato ascoltando - l'una dopo l'altra - due notizie che, se pur non direttamente collegabili fra di loro, contribuiscono a creare un clima non certo rassicurante per il nostro Paese.

Ecco le notizie:

Cominciamo da Berlusconi.
La sua uscita di scena come leader era stata salutata, anche dalle menti piu' illuminate del centrodestra, come un passaggio importante per rimuovere alcune fra le piu' stridenti anomalie del sistema politico italiano.
Se egli avesse passato la mano ad altri, sarebbe venuta meno una delle principali cause che hanno impedito lo sviluppo di un processo virtuoso verso un bipolarismo maturo.
Senza Berlusconi, forse il centrodestra avrebbe potuto incamminarsi verso la costruzione di un vero partito liberal-democratico, che appare invece impossibile finche' perdura l'impronta personalistica, aziendalistica e feudale di un leader che non e' riuscito a costruire un progetto politico capace di camminare con gambe e cervello propri.
Senza Berlusconi sarebbe - nell'altro versante, venuto meno l'unico collante che in questi lustri ha tenuto assieme uno schieramento diviso su tutto, ripetutamente rivelatosi inidoneo ad elaborare una concreta e duratura proposta di governo.

La nuova esperienza politica che sta vivendo il Paese con il Governo Monti, alimenta speranze che qualcosa possa cambiare e che, mediante un processo di rielaborazione politica, (processo certo complesso ma non impossibile), si possano creare i presupposti per un assetto politico piu' maturo e piu' rispondente alle proprieta' del tempo che viviamo. Un processo sicuramente non breve, che nell'immediato, stante la situazione di emergenza, potrebbe ritrovarsi unito attorno ai fondamentali interessi nazionali, per poi riprendere il proprio cammino in un clima politico ed economico depurato dalle tossine ammorbanti di questi decenni.

Berlusconi ha avuto grandi consensi ed ha alimentato grandi aspettative nei molti italiani che hanno sperato che potesse essere utile ai fini di una trasformazione della societa' italiana in senso liberal-riformista. Non ho alcun timore ad affermare che anch'io sono stato fra questi, se pur con riserve.
Una trasformazione che, come ha recentemente affermato anche Mario Monti, potesse avviare un processo di emancipazione dai "vizi strutturali" che sono alla base delle molteplici debolezze del sistema Paese.
In teoria, la prospettiva politico-culturale del progetto su cui poggiava il PdL, poteva rappresentare un'opportunita' per il Paese, purche' fosse stato costruito con coerenza, sincerita' e lungimiranza.
Lungo la strada si e' perso qualsiasi slancio ideale. Di questo progetto e' rimasto solo un leader, che sa di perdere il prossimo confronto, che vuole pero' ritagliarsi un ruolo personale circondato da una corte di fedelissimi da utilizzare per battaglie probabilmente estranee all'agenda del Paese. Come ho gia' avuto modo di osservare, mi pare che a cio' approdi anche l'atteggiamento che il PdL sta tenendo di fronte alle proposte di riforma della legge elettorale.

Il fallimento del progetto PdL lascia un vuoto di rappresentanza politica per i moltissimi italiani che in esso avevano sperato.
Si trattera' ora di capire come le migliori istanze di questa esperienza, potranno trovare una adeguata rappresentanza. Mario Monti e il suo governo portano avanti, se pur fra mille difficolta', un progetto che si muove nel solco della auspicata trasformazione della societa' italiana.
Nel campo del centrosinistra, vi sono forze intellettuali, penso ad esempio al mondo che ruota attorno al Senatore e giuslavorista Pietro Ichino, che sviluppano un pensiero ampiamente convergente con le istanze di mondi tradizionalmente non rappresentati dalla sinistra.
Vi e' poi l'esperienza di Matteo Renzi, e il patrimonio politico-culturale utilizzabile dello schieramento centrista.
Vi sono forze nel Pd sinceramente riformiste, quindi distanti dalle tesi riconducibili al dogma della sinistra storica.

Credo che e' in tali ambiti politico-culturali che occorre muoversi, per sondare con grande attenzione gli spazi di convergenza possibili, mirando alla costruzione di una proposta politica che sappia coniugare crescita ed equita', nel contesto di rigore e di credibilita' internazionale, che consentano all'Italia di giocare un ruolo da protagonista a partire dal teatro europeo.

In questa prospettiva, credo che un importante lavoro debba essere fatto nella sfera del pre-politico. A questo scopo, dibattiti, confronti, produzione di materiali di studio e/o di approfondimento, (il web ha anche in questo una funzione fondamentale), potranno costituire un terreno fertilissimo, perche' svincolato dagli schemi dei partiti.
Associazioni culturali, Fondazioni e/o altre forme organizzative, potranno essere utili strumenti e sedi di dibattito. Un dibattito che, al momento necessario, dovra' essere sintetizzato in una proposta politica e in una classe dirigente da sottoporre al giudizio del corpo elettorale.

Ed ora spostiamo il focus sul declassamento di Moody's.

È la seconda bocciatura in cinque mesi, dopo il taglio del rating a febbraio (che ha coinvolto, insieme all'Italia, anche Spagna e Grecia).
Una doccia fredda per il nostro governo che sorprende i mercati, dopo che l'ultima asta dei Bot a un anno, ha registrato risultati positivi.
È probabile che l'Italia vedrà crescere ancora i costi di finanziamento del proprio debito, spiega l'agenzia americana, che non esclude un ulteriore declassamento.

La fiducia nel mercato è fragile - è la valutazione di Moody's - per cause che hanno origine all'estero, in primis il rischio di contagio da Grecia e Spagna, e per temi squisitamente nostrani, come il clima politico che si va surriscaldando, generando instabilità, in vista delle scadenze elettorali. È diminuita la disponibilità degli investitori stranieri a comprare bond italiani. Moody's sottolinea il «deterioramento delle prospettive economiche nel breve termine»: disoccupazione in aumento e crescita debole. In particolare l'economia italiana deve fare i conti con una contrazione del 2% che renderebbe difficile per il Paese centrare gli obiettivi fiscali e di bilancio.

L'agenzia riconosce che le misure adottate dall'esecutivo guidato da Mario Monti sono state positive: «Un programma di riforme che ha davvero le potenzialità per migliorare notevolmente la crescita e le prospettive di bilancio». Ma l'outlook negativo dell'Italia risente «anche del clima politico», che «specialmente con l'avvicinarsi del voto della prossima primavera, è fonte di un aumento dei rischi». Per questo Moody's non esclude un ulteriore declassamento: «Il debito pubblico italiano potrebbe essere declassato ancora in caso di un ulteriore concreto deterioramento delle prospettive economiche del Paese o di difficoltà nel mettere in atto le riforme». Se dovesse riscontrare difficoltà a finanziare il proprio debito, l'Italia sarebbe «costretta a richiedere un aiuto esterno».

Come si vede, il clima politico rappresenta un parametro di primaria importanza nella valutazione dell'affidabilita' del nostro Paese.
Cio' che sta accadendo in questi giorni nel centrodestra, non rappresenta certo un elemento per rafforzarla.

Lucca, 13 luglio 2012

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