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Marcegaglia, Berlusconi e Tremonti

di cosa parlavano?

 

Di Antonio Rossetti

 

Per molti non c’è niente di nuovo, si ricordano di questo e di altro che nel corso dei mesi  veniva affermato in merito alla situazione del nostro Paese.

Si doveva dire qualcosa di diverso?

Penso proprio di si.

Da parte di Marcegaglia, Berlusconi e Tremonti,  si doveva comprendere molto di  più circa la realtà del nostro Paese, avendo la possibilità di avvalersi degli  strumenti e delle  fonti di informazione appropriati al loro incarico,  per poter  decidere qualcosa di diverso, evitando   i guai che puntualmente si sono presentati.

Che ne fossero a conoscenza o no la cosa non cambia, erano inadeguati loro o i loro collaboratori, con tante altre possibili variabili.

Altri commenti non credo siano necessari allo scopo;  è sufficiente la lettura  degli articoli, che evidenziano contraddizioni tra cio’ che emergeva in sede di analisi e quanto dichiarato nelle conclusioni.

 

Antonio Rossetti

 

 

 

Emma Marcegaglia
a Viareggio
"Il peggio è passato"

La presidente di Confindustria parla dai cantieri Azimut agli industriali toscani: "Non è vero che siamo andati meglio degli altri Paesi. E usciamo dalla crisi con una capacità di crescita inferiore ad altri"

Viareggio, 24 settembre 2010 - E' cominciata intorno alle 9.30 di questa mattina la II assise regionale degli industriali organizzata all'interno della sala riunioni del cantiere Azimut- Benetti nella Darsena viareggina. Il primo ad intervenire è stato il padrone di casa Paolo Vitelli, seguito dal sindaco di Viareggio Luca Lunardini e dal presidente della Provincia Stefano Baccelli.

La parola è poi passata alla presidente di Confindustria Toscana, Antonella Mansi che guarda con positività al futuro dell'economia Toscana: "Sul fronte della crisi questo potrebbe essere l'anno della possibile svolta - ma avverte - la ripresa si presenta con ampi margini di disomogeneità e discontinuità, lo sciame sismico non è finito. Se ora non ci si concentra su innovazione, mercati e produttività, per l'economia Toscana la svolta rischia di tradursi nella seconda fase della crisi. Cosa che l'economia regionale non può permettersi''. Seduta ad ascoltare le previsioni della rappresentate toscana anche Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria.

Ancora i numeri della crisi: "L'economia regionale toscana ha lasciato sul campo un quinto della produzione industriale e del fatturato, il 17,5% degli ordinativi interni, il 14,1% di quelli esteri, il 5% dell'occupazione. La depressione economica ha bruciato 4,8 miliardi, pari a un 7,35 di pil pro capite''.

Mentre gli industriali si alternano al microfono, all'esterno dei cantieri gli operai, riuniti in presidio, sventolano le bandiere della Fiom - Cgil e della Fillea - Cgil toscane e di Rifondazione.

"Una legge regionale annuale per la competitività si può fare, se ne può discutere''. Così il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, risponde alla proposta della Confindustria regionale. ''La Regione sta già intervenendo - ha indicato Rossi a margine della riunione - Il piano casa sarà rivisto da subito
estendendo la possibilità di ampliamento del 20% oggi prevista per le abitazione anche alle attività produttive a patto che gli investimenti siano finalizzati alla produzione e gli interventi siano realizzati con alti livelli di sostenibilità ambientali". Sul fronte della crisi, ha aggiunto il governatore: ''c'è un modello toscano da riscoprire, per questo stiamo lavorando su due fronti, con il taglio delle spese della Regione del 30%, e stiamo altresì predisponendo un piano regionale di sviluppo che riparta dal territorio''.

Poi arriva il momento più atteso: ‘’Quando si dice che siamo andati meglio di altri Paesi non è vero, siamo stati fortemente colpiti dalla crisi’’. La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, lo ha detto all’assise degli industriali toscani. Ed oggi, ha aggiunto, c’è la ‘’sensazione che stiamo uscendo dalla crisi con una capacità di crescita inferiore alla media europea’’.

"Il peggio è alle spalle, penso che possiamo dirlo" ha detto Marcegaglia durante il suo intervento accolto da grandissimi applausi. "Credo che in vari settori si intravedono finalmente dei più intermini di produzione industriale, fatturato, ordinati, esportazione. Probabilmente non rientreremo a livello nazionale ma anche internazionale in una seconda recessione. Ma questa rimarrà una cifra chiara e lo sarà, dal nostro punto di vista, anche per i prossimi anni; siamo comunque in un quadro di incertezza. La visibilità che abbiamo davanti è limitata, e siamo in una fase in cui ci sono molto differenziazioni sulle diverse capacità di crescita nelle diverse aree, e appunto dati contrastanti. Il tema dell’incertezza rimarrà una costante con la quale avremo a che fare".

Il numero uno di Confindustria ha anche parlato dei dati sul Pil presentati la scorsa settimana: "Le nostre previsioni parlano di una crescita per l’Italia dell'1,2% nel 2010, e dell’1,3 nel 2011 dopo aver perso tra il 2008 e il 2009 il 6%. La situazione - ha ricordato - è che noi siamo stati fortemente colpiti dalla crisi, ma soprattutto il dato che ci preoccupa è che siamo entrati nella crisi quando eravamo già in crisi. La percezione che oggi abbiamo di uscire dalla crisi è inferiore alla media di crescita europea. La Germania - ha spiegato crescerà del 3,4 %. Lo scenario è di incertezza e dove il mondo sta ricominciando a correre. L’Italia, e l’Europa meridionale tra questi, cresce troppo poco".


Marcegaglia ha anche parlato di Europa, in particolare di quella che è stata definita l’eurocrisi. "L’Europa - ha spiegato alla platea presso i cantieri Azimut a Viareggio - ha vissuto, oltre alla crisi mondiale, alcuni mesi fa a maggio l’Eurocrisi: la crisi della Grecia, l’attacco all’euro e questo ci insegna una cosa molto chiara. Noi non possiamo pensare di avere la moneta unica, che è una grande conquista, avendo però tra i diversi paesi europei andamenti di competitività, costo del lavoro per unità di prodotto, di produttività completamente diversi. Da una parte abbiamo la Germania, il più forte paese ormai nel mondo in termini di competitività mondiale, e dall’altra parte la Grecia, il Portogallo e la Spagna: con un’Europa che ha un’unica moneta ma ha differenze così forte al suo interno, l’Europa non può andare avanti. Allora la soluzione è che serve più Europa, e una maggiore convergenza anche nelle politiche di rigore nei conti pubblici ma anche nelle politiche di crescita e competitività".

A proposito del patto di stabilità che i prossimi giorni sarà discusso in sede di Comunità Europea tra i capi di stato, il presidente degli industriali ha affermato: "il patto prevede una ancora maggiore sorveglianza sui conti pubblici, sul deficit e sul debito, e noi saremo sorvegliato speciale con il debito che abbiamo ma prevede anche una sorveglianza sulle politiche di crescita che ogni paese farà. Serve più Europa - ha ribadito - e più coordinamento europeo, ma anche l’Europa deve cambiare un po’ approccio. L’Europa negli ultimi anni ha vissuto in una logica secondo la quale la crescita veniva solo dalla finanza e da una logica di sostenibilità ambientale che noi condividiamo; pensava che l’industria fosse una cosa da ingabbiare, da tenere ferma e da evitare che si espandesse. Questa logica è sbagliata, profondamente stupida, e quindi anche l’Europa deve tornare a valorizzare la propria.

(Da  La Nazione -  

Viareggio 24 settembre 2010)

 

 

Lettera del premier alla Giornata del risparmio. In cui elogia anche le banche
Più prudente il governatore: "Urgente riprendere il cammino delle riforme"

Berlusconi: "Il peggio è passato"
Draghi frena: "Dubbi su ripresa"

Tremonti loda gli interventi statali anti-crisi, Napolitano sollecita nuove regole
L'allarme Cgil sul lavoro. E Sacconi replica: "Contano soli i dati dell'Istat"

 

ROMA - La crisi rovinosa si è fermata, ma la certezza di una nuova stabilità è ancora lontana. E' il monito lanciato dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, nel corso del suo intervento alla Giornata mondiale del risparmio. "La caduta in cui le nostre economie si stavano avvitando, tra la fine del 2008 e l'inizio di quest'anno - dice il numero uno di via Nazionale - si è fermata. Siamo meno sicuri che si stia effettivamente avviando una ripresa duratura, che non poggi solo sul sostegno straordinario delle politiche economiche". Anche da qui deriva la necessità, ''urgente",di riprendere "il cammino delle riforme".


Draghi e l'allarme lavoro. I numeri del governatore. Draghi diffonde anche cifre poco incoraggianti sul fronte dell'occupazione: in un anno, da settembre 2008 a settembre 2009 - sono stati persi, rivela, 650 mila posti di lavoro. Ed è probabile che negli ultimi mesi del 2009 ci saranno ulteriori perdite.


Draghi e il sistema bancario. Il governatore invece invita le banche a "non far mancare il sostegno alle imprese". In generale, comunque, "la situazione resta esposta a fragilità". E alle aziende del settore chiede che "la competititività vada a beneficio dei clienti". Anche perché ci sono, sostiene, i margini per ridurre i costi dei conti correnti bancari. Infine, un appello sullo scudo fiscale: "E' opportuno un intervento interpretativo che dissipi ogni incertezza sugli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette da parte degli intermediari, che ribadisca la regolare applicazione della normativa antiriciclaggio".


L'ottimismo del premier. Una tesi diversa da quella sostenuta, in un messaggio inviato in occasione della Giornata, da Silvio Berlusconi:
"Il peggio della crisi finanziaria sembra sia alle nostre spalle, e sembra sia iniziata, sia pure lentamente, la ripresa". Il presidente del Consiglio esprime poi l'apprezzamento del governo per "il comportamento tenuto dal sistema bancario italiano".


L'intervento di Tremonti. Alla Giornata interviene anche il ministro dell'Economia, per il quale la crisi "si è in qualche modo bloccata, grazie agli interventi degli stati da cui arriva un messaggio di fiducia. Credo la morfologia, la fenomenologia e la patologia della crisi siano in continuo divenire, come in una videogame". Quanto alla strategia d'uscita, è "fondamentale continuare il discorso sulle regole: sono un investimento fondamentale". Infine un allarme sui derivati: "La massa di questi prodotti non sembra in diminuzione ma in aumento".



Il messaggio di Napolitano. Alla Giornata del risparmio giunge anche un testo scritto firmato dal presidente della Repubblica. La manifestazione, spiega Giorgio Napolitano, "si svolge in un momento nel quale il Paese è chiamato ad un impegno straordinario per il superamento degli effetti della crisi globale e per il contenimento delle difficoltà e tensioni che si vanno producendo sul piano sociale. Occorre ora definire le nuove regole e le necessarie misure di riforma e rafforzamento delle istituzioni internazionali".


I dati della Cgil. Anche il sindacato rilancia l'allarme occupazione. Secondo i dati dell'Ires, i disoccupati in Italia hanno superato quota tre milioni. I senza lavoro nel secondo trimestre dell'anno risultano essere 3,2 milioni e il tasso di disoccupazione sarebbe del 12,1%, ben superiore al dato Istat (7,4%).


La polemica di Sacconi. Constato che oggi da più parti ci si è esercitati sui numeri della crisi, ma la crisi è sufficientemente seria perché  non ci si adoperi a mettere in discussione i numeri dell'Istat": così il ministro del Welfare, critico verso sia verso le cifre di Draghi sia verso quelle Cgil. "I dati dell'Istat - ha proseguito - dicono che si stimano a 1,8 milioni i disoccupati totali, mentre gli occupati superano i 23 milioni, con una perdita nel corso dell'anno di 378 mila unità".


da La Repubblica

(29 ottobre 2009)

 

 

Crisi,

Tremonti: "La paura è finita"

 

 

 

 

Il ministro cita Obama: «Segnali

di speranza, il peggio è alle spalle».


Sacconi alle imprese: non licenziate

ROMA
La paura di un crollo delle Borse, di un’apocalisse dell’economia «è finita». L’incubo degli incubi è passato. E anche se siamo ancora in una fase di «incognita», la gente ha iniziato a tirare un sospiro di sollievo. Citando Obama, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, rassicura: ci sono segnali di speranza,
il peggio della crisi forse è ormai alle spalle. E di inversione di tendenza parla anche il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi.

 Su quando si uscirà dalla crisi Tremonti non ha un’indicazione precisa ma, parlando nel corso della trasmissione In mezz’ora, sottolinea che «il rischio di un’apocalisse finanziaria si sta riducendo. In America nessuno più pensa a un fallimento globale, perché sono intervenuti i governi e lo stesso nell’Est Europa e nell’Est asiatico. La paura di un crollo delle Borse e della finanza mi sembra finita e la gente ha tirato un respiro di sollievo perché è finito l’incubo degli incubi». «Siamo ancora in una situazione di incognita», ha tuttavia precisato Tremonti, secondo cui «sicuramente è finita la paura dell’apocalisse. È rallentata la caduta, dall’autunno in poi, del traffico e del commercio che è la nostra ricchezza. Guardiamo al futuro con qualche speranza». Come ha detto Obama.

 Per il ministro del Welfare, Sacconi ci sono le condizioni per un «cauto ottimismo». «Se si considera per la prima volta dopo mesi la crescita del 3,5% degli ordini dall’estero - ha proseguito Sacconi - e se si considerano gli andamenti dei noli, i segnali positivi che provengono perfino dall’acquisto dei beni durevoli oltre alla più generale percezione che il mercato finanziario globale stia superando le maggiori preoccupazioni d’instabilità». Sacconi rivolge poi un appello «a tutte le imprese, per una vera e propria, libera e responsabile, moratoria ai licenziamenti». Il ministro del Welfare, ha ricordato che lo Stato ha messo a disposizione «ingenti risorse per proteggere il reddito nei casi in cui l’attività lavorativa viene sospesa e quindi permane vivo il rapporto di lavoro».

«Di fronte alla caduta della domanda - ha aggiunto Sacconi - le imprese possono mantenere il rapporto di lavoro, anche se sono costrette a ridurre la produzione e quindi l’attività lavorativa. Senza dimenticare la possibilità che la minore attività lavorativa venga spalmata su più persone attraverso i contratti di solidarietà». Questo, ha osservato Sacconi, garantisce «coesione sociale e, allo stesso tempo, la capacità della nostra base produttiva di ripartire tempestivamente, nel momento in cui si dovesse determinare una ripresa della domanda». Il ministro del Welfare ha ricordato che l’Italia sta già governando le conseguenze della crisi sull’occupazione «con una minore propensione al licenziamento degli altri Paesi». La moratoria dei licenziamenti, richiesta dal ministro e sostenuta dalle risorse messe in campo da Stato e regioni «appare dunque - prosegue una nota - come la via più utile e saggia da seguire in attesa della ripresa».
(da La stampa - 19 aprile 2009)

 

 

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