Intervista di Luca Collodi a Natale Forlani
Alla fine di maggio, conosceremo il manifesto di Todi sull'impegno dei cattolici italiani in politica. "Sarà un manifesto di tipo politico, per rinnovare i partiti tramite la ricerca e la formazione di una nuova classe dirigente" e favorire un progetto comune dei cattolici nel sociale. Lo annuncia Natale Forlani, portavoce del Forum delle Associazioni di ispirazione cattolica del mondo del Lavoro, tra i promotori del Forum di Todi dell'autunno scorso, per il quale "la fase del governo tecnico non è sufficiente ad affrontare i problemi strutturali dell'Italia". Alla vigilia della presentazione del Manifesto di Todi e dell'organizzazione di una possibile Todi 2, Luca Collodi ha chiesto a Natale Forlani, cosa possono fare i cattolici nel sociale, al servizio di una democrazia più solidale:
R. - Cosa possono fare i cattolici? Tanto. I cattolici sono molto importanti
nel sociale. Per certi aspetti le organizzazioni, di cui mi onoro di essere
portavoce, oggi sono direi anche egemoni in termini di presenza, di cultura, di
influenza nella società. Portare questo sistema produttivo ad essere
attrattivo, a sviluppare le sue potenzialità in termini di cooperazione, tra
chi investe e chi lavora, è il tema centrale sul quale bisogna fare una scelta
di fondo, uscire dalle retoriche dell’antagonismo e dei diritti astratti.
D. – C’è il dubbio che dopo Todi il progetto dei laici cattolici abbia subito
un rallentamento, qualche incertezza sul da farsi…
R. - Sì. Dobbiamo considerare che Todi è stata un’operazione inedita, di
riaggregazione di un mondo associativo cattolico di diverse estrazioni che da
anni non si ritrovava insieme; e l’ha fatto preannunciando profeticamente
l’apertura di una fase politica. Ciò ha richiesto anche una sedimentazione, una
riflessione di fondo: come ci si rapporta alla nuova fase del governo
tecnico-politico, nel senso che comunque è sostenuto da parlamentari, che
inevitabilmente ha inserito un elemento di novità e anche di ulteriore
disgregazione del tessuto dei partiti. Era inevitabile una fase di riflessione;
adesso ci accorgiamo, che la fase del governo tecnico non è sufficiente ad
affrontare i problemi strutturali del Paese: c’è bisogno di una nuova
animazione politica, e queste elezioni hanno reso evidente il bisogno di
rinnovamento della classe dirigente.
D. - Le associazioni che si sono riunite nell’ottobre scorso a Todi, guardano
oggi ad una Todi 2?
R. – Sì, al proseguimento di questo lavoro. Non c’è dubbio che ci saranno altri
appuntamenti; poi li chiameremo Todi 2, oppure sceglieremo anche luoghi
diversi. Non è questo il problema. Il problema è contribuire ad accelerare il
processo di adeguamento culturale idoneo ad affrontare problemi e squilibri
rilevanti, e a produrre una classe dirigente idonea a fornire un rinnovamento a
quella attuale che, insomma, è praticamente obsoleta.
D. - Quale saranno le differenze politiche tra Todi 1 e Todi 2?
R. - Credo che la differenza tra Todi 1 e 2 sia nel costruire le basi
strutturali dei rapporti tra Stato e economia capitalista, cioè un’economia
aperta al mercato, su come si vive nel mondo e ricostruire le reti della
solidarietà. Il tema non è solo partitico. Abbiamo bisogno di una democrazia
responsabile, cioè di creare classi dirigenti diffuse nel mondo del lavoro,
dell’economia, nel mondo del sociale, per ricostruire le reti sociali, la solidarietà,
dal momento che verranno meno, in parte, gli apporti dello Stato che manterrà
scuola, pensioni, sanità, sicurezza come filoni importanti e ineludibili. I
cattolici sono una grande presenza in questa direzione, quindi è un
ripensamento anche di noi stessi in questa situazione.
D. – Per incidere nel sociale, Forlani, si dovrà passare da una dimensione
pre-politica, tipica di Todi, a una dimensione politica dell’associazionismo
cattolico. Come avverrà questo passaggio?
R. - Si è aperto un vuoto politico che prefigura la necessità di contribuire
nel costruire nuovi soggetti. Il nostro Forum non diventerà un partito, questo
mi sento di escluderlo; ma che possa contribuire a creare le basi culturali e
le generazioni, le nuove generazioni della classe dirigente politica in Italia,
questo lo do per scontato.
D. - Quindi Todi resterà in una fase pre-politica, nel panorama culturale e
sociale italiano?
R. - Fronte pre-politico, ma fortemente impegnato a influenzare il cambiamento
politico. Il gruppo di Todi produrrà entro fine mese un manifesto, che
individuerà i grandi temi di unità, non solo limitandoci ai valori
irrinunciabili, che ovviamente rimangono la base costitutiva del nostro credo,
sul significato della vita, sul matrimonio come espressione di unione tra un
uomo e una donna, sulla centralità della famiglia, ma si occuperà anche di
progettazione sociale. Un manifesto che può tradursi anche in iniziative,
progetti, proposte che influenzino i cambiamenti dei programmi e delle
organizzazioni politiche, e contribuisca a progetti di riorganizzazione della
politica, progetti che nei prossimi mesi indubbiamente ci saranno.
D. – Ma l’agenda delle Settimane Sociali di Reggio Calabria, che fine ha fatto?
Il documento finale, condiviso dal mondo cattolico, poteva rappresentare un
manifesto valido per l’impegno dei cattolici nel sociale…
R. - Credo che tutto quello che si semina, quello che hanno seminato le
Settimane Sociali, le grandi organizzazioni, che hanno il riconoscimento
ecclesiale come “Scienza e vita”, il “Forum delle associazioni familiari”,
“Retiinopera” è parte del contributo che stiamo riorganizzando. Sono stati
momenti importanti. Non si produce cultura improvvisando. La gente si trova
all’interno di un patrimonio che va riprogettato. Qual è la differenza? E' se i
cattolici possono stare insieme. Se dei cattolici impegnati, si propongono,
insieme, di passare ad una progettualità più forte, a incidere sulla politica
insieme, questo è possibile. Credo che sia anche un dovere delle nostre
comunità.
D. - Il tema della riforma della legge elettorale era uno dei temi al centro
della riflessione di Todi e delle Settimane Sociali di Reggio Calabria. È
possibile modificarla secondo le esigenze dei partiti? Se vincono si fa in un
modo, se perdono si fa in un altro?
R. - Condivido i tratti della domanda. Le riforme si fanno in funzione degli
interessi del Paese, non dei partiti che le producono. Le classi dirigenti
devono capire il cambiamento e favorirlo: quali sono i tratti fondamentali?
Primo: il pesante distacco degli elettori dagli eletti; la seconda Repubblica
ha bucato in maniera pesante il tema del rinnovamento della classe dirigente.
Noi abbiamo un arretrato pesante di selezioni di nuova classe dirigente
politica, che coincide con un basso rinnovamento generazionale. Quindi, bisogna
ricostruire il voto di preferenza verso gli eletti come elemento
caratterizzante il rapporto tra chi è eletto e svolge una funzione parlamentare
di attività di produzione legislativa, e di controllo, soprattutto degli
esecutivi. Il secondo: usciamo da una storia di bipolarismo che non ha prodotto
governabilità. Ricordiamoci che anche dove c’è il proporzionale, c’è
l’alternanza, attenzione!
(Da Radio Vaticana – 12 maggio 2012)