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Via libera alla riforma sull'apprendistato

Intervista di Paolo Ondarza all'economista Carlo Dell'Aringa

Il Consiglio dei ministri ha approvato - nella seduta del 5 maggio 2011 - in via preliminare il decreto legislativo di riforma sull’apprendistato: la misura – fa sapere il governo – sarà fruibile già da luglio e ha l’obbiettivo di sviluppare le capacità di apprendimento dei giovani nei confronti di un "mestiere"a partire dai 15 anni di età, ma anche di favorire l'accesso al mondo del lavoro.

L'argomento ha trovato spazio sulla stampa, con particolare attenzione su quella riconducibile al mondo della formazione.
Per i lettori di Fucinaidee proponiamo una breve ma interessante intervista di Paolo Ondarza con Carlo Dell’Aringa, ordinario di Economia Politica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

d. - Qual e' il profilo dell'apprendistato oggi in Italia?

R. – Si tratta di una formula che è stata inserita nel nostro ordinamento quasi dieci anni fa, con la legge Biagi: prevede una triplice figura di apprendista. La prima è per coloro che – giovani – non riescono a concludere il ciclo della scuola media superiore; la seconda per coloro che hanno già finito il loro percorso di studi e possono essere assunti dalle imprese per un periodo di apprendimento. E il terzo caso è per coloro che, anche laureati, vogliono conseguire un titolo di studio superiore – anche un dottorato – e contemporaneamente, però, svolgere attività lavorativa.

D. – Ma ci sono possibilità? Dove si vanno a trovare, questi posti di lavoro?

R. – Posti di lavoro, certamente, in questa fase di crisi non ce ne sono molti; però, noi vediamo anche dai dati che vengono raccolti dai centri per l’impiego, che nel nostro Paese sono centinaia, migliaia i giovani che vengono avviati al lavoro con varie forme contrattuali. Nella stragrande maggioranza si tratta di forme contrattuali di tipo temporaneo. Ecco, rispetto a tutte queste forme contrattuali di tipo temporaneo, l’apprendistato è quella che anche statisticamente dà più probabilità al lavoratore di essere assunto a tempo indeterminato.

D. – Ma il datore di lavoro ha comunque la facoltà di decidere di non confermare l’apprendista al termine del periodo di apprendistato?

R. - Certamente. I giuristi dicono che finito il periodo di apprendistato, questo si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato, a meno che l’azienda decida diversamente. Lo sbocco naturale, però, dovrebbe essere quello del contratto stabile.

D. - Si tratta di un contratto che viene definito vantaggioso sia per le imprese che per i lavoratori, perché questi ultimi hanno anche un accantonamento previdenziale. E per quanto riguarda la retribuzione?

R. - Sono previste le retribuzioni degli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro. Diciamo che accanto ad un vantaggio per il datore di lavoro - che è quello di pagare minori contributi, perché fornisce in cambio formazione professionale -, c’è l’ulteriore vantaggio che, in genere, gli apprendisti vengono inquadrati a livelli molto bassi. Ma tutto questo viene contrattato dai sindacati.

D. - L’introduzione dell’apprendistato andrà anche a favorire il merito?

R. - Certamente. Volendo, si tratta di una selezione molto approfondita che dura molto tempo. Si può essere sicuri che se alla fine dell’apprendistato l’apprendista viene confermato nell’azienda, vuol dire che effettivamente l’incontro domanda-offerta si è realizzato in pieno.

(Materiali da www.radiovaticana.org)

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