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Tantissima gente alla presentazione dell'Antologia storica sugli esuli istriani, dalmati e fiumani

di Paolo Razzuoli

Tanta partecipazione emotiva e tanta commozione nella sala Maria Luisa di Palazzo Ducale a Lucca, lo scorso mercoledi' 30 marzo alla presentazione dell’antologia storica sugli esuli istriani, dalmati e fiumani voluta dalla Provincia e realizzata grazie anche al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.

La pubblicazione, dal titolo “L’istituzione Provincia di Lucca rompe un lungo silenzio e dà voce agli esuli dell’Istria, Fiume e Zara”, curato da Viviana Dinelli, delegata lucchese dell’ANVGD, e' una miniera di ricordi e testimonianze, con particolare riguardo alle storie degli esuli che sono arrivati in provincia di Lucca.

IL volume e' stato fortemente voluto dal presidente del Consiglio provinciale, Giovanni Gemignani, che ha coordinato la presentazione che si e' aperta e chiusa con l'inno nazionale.

Gemignani ha illustrato i contenuti del libro alla presenza del delegato nazionale dell’ANVGD (Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) Sergio Tabanelli e del delegato della provincia di Pisa del medesimo sodalizio, Rosella Bari. Sono intervenuti il presidente della Provincia, Stefano Baccelli, e il presidente del consiglio comunale di Lucca Franco Fabbri. Gemignani ha dato lettura di un messaggio pervenuto dal presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini.

Nella sala Maria Luisa erano presenti molti degli esuli istriani dalmati e fiumani che ancora vivono a Lucca. Con loro anche molti figli e nipoti, e lucchesi che con essi hanno condiviso le esperienze tristi e liete della vita.

L'esodo delle popolazioni del nostro confine nord-orientale rappresenta una delle vicende piu' tragiche della fase conclusiva della seconda guerra mondiale.
In quelle terre, occupate dai partigiani comunisti di Tito, si attuo' una vera e propria pulizia etnica. Sotto la sistematica azione intimidatoria perpetrata dai soldati del maresciallo tito, circa trecentomila italiani dovettero lasciare le loro case, tutti i loro averi, il loro cuore ed i ricordi dei posti cari.

Lasciando le loro terre, non trovarono certo in Italia una benevola accoglienza. Questa gente che per conservare la cittadinanza italiana dovette affrontare la via dell'esilio, si trovo' ad essere osteggiata due volte.
Furono visti come fascisti dagli occupanti titini, e furono visti come fascisti dai comunisti italiani che non riuscivano a capire come ci fosse chi fuggiva dal "paradiso terrestre" nel quale avevano avuto la fortuna di trovarsi.
Delle foibe nemmeno si poteva parlare: un colpevole silenzio che per piu' di mezzo secolo non ha consentito di far conoscere, in primo luogo ai nostri giovani, i contorni di una delle pagine piu' brutali della nostra storia recente.

Eppure queste popolazioni istriane, dalmate e di Fiume, erano due volte italiani: per nascita e per scelta. Ma sul loro sacrificio non solo e' stata calata una cortina di silenzio per decenni, ma addirittura e' rimasto misconosciuto.

Dopo che alcuni storici e giornalisti con i loro scritti hanno alzato questa cortina di silenzio che era stata calata sulla vicenda, peraltro sollevando anche reazioni scomposte, occorrera' attendere l'anno 2004 allorche' con la Legge 30 marzo 2004, n. 92, e' stato istituito il “Giorno del Ricordo”. E' stata scelta la data del 10 febbraio, ricorrenza della firma del trattato di pace che, come e' noto, avvenne il 10 febbraio 1947.
Fucinaidee ha prestato grande attenzione al tema dell'esodo istriano, proponendo ai suoi lettori vari contributi soprattutto grazie alla preziosa collaborazione della Dottoressa Viviana Dinelli.

Ma torniamo alla storia.
Per comprendere a pieno la vicenda, occorre calarsi nella situazione del tempo. I comunisti avevano avuto il ruolo che tutti conosciamo nella Resistenza e avevano un ruolo egemone, in gran parte del Paese, in molte strutture della societa' civile.
Chi fuggiva dall'Istria era visto come fascista che fuggiva per nascondere il proprio passato.
Certo qualcuno fascista lo era stato sicuramente. Lo era sicuramente stato al pari dei milioni di italiani che avevano dato l'ampio consenso di cui il regime ha beneficiato per lo meno sino alla conclusione della guerra etiopica; sicuramente qualcuno lo era stato alla stregua della schiera di intellettuali che, dopo una rapida doccia purificatrice in via delle Botteghe Oscure, passarono dalla corte di Giuseppe Bottai a quella di Palmiro Togliatti.

L'atteggiamento di ostilita' dei comunisti avrebbe avuto per questa gente ben piu' pesanti conseguenze se le elezioni del 1948 avessero avuto un altro esito. In questo senso pervennero segnali molto chiari, come delresto e' stato eloquentemente sottolineato da un intervenuto alla presentazione del volume, che ha raccontato che nella casa in cui abitava la sua famiglia venne inchiodata la porta.

Ho avuto modo di conoscere, gia' da piccolo, vari esuli ed ho avuto modo di raccoglierne le drammatiche testimonianze, peraltro sentite anche lo scorso mercoledi'.
Racconti di sopprusi, ricatti, intimidazioni, che oggi, a oltre sessant'anni di distanza, nel contesto storico e culturale europeo, appaiono quasi incredibili.
L'esodo avvenne in condizioni drammatiche. Forse non molti sanno che De Gasperi incarico' di organizzare l'esodo da Pola e da Fiume Giovanni Carignani, Parlamentare ed esponente di primo piano della cultura cattolica lucchese.
Gli esuli, trasferiti prevalentemente via mare, dal porto di approdo furono portati in varie parti d'Italia. Avvennero fatti drammatici che ho sentito raccontare direttamente da chi li ha vissuti.
Per tutti valga questo. Ad un treno carico di esuli proveniente da Ancona, venne impedito di rifornirsi di generi di prima necessita' alla stazione di Bologna, ove i ferrovieri minaciarono di scendere in sciopero. Mi e' stato riferito che venne anche impedito agli esuli di scendere per bere un po' d'acqua.
Terminati i viaggi, vennero sistemati in campi di raccolta ove rimasero - in condizioni di estremo disagio - per molti anni.
D'altronde l'Italia del tempo non aveva molto da offrire a nessuno.
Oltre all'ostracismo ideologico della sinistra, gli esuli dovettero affrontare anche una certa diffidenza di parte della popolazione e tutti i problemi legati all'inserimento in una nuova comunita'.
Le vicende storiche sono solitamente molto complesse e le semplificazioni molto pericolose e fuorvianti. Per comprendere a pieno occorre ben delineare la condizione del tempo. Vi furono, come e' stato ricordato anche nel corso della presentazione, grossolani atteggiamenti di insofferenza, tanto barbari da non richiedere alcun commento. Vi fu pero' anche una certa diffidenza motivata dalle condizioni di diffusa poverta' in cui viveva allora la popolazione italiana. C'era ancora la fame, non c'era lavoro, mancavano le case. E' evidente che ogni cosa che andava agli esuli fosse spesso vissuta come una privazione per la popolazione locale.

Ma gli istriani sono gente tenace, come in genere tutte le popolazioni di confine. La storia li ha temprati alle difficolta'. Superata la prima fase di disagio, si sono inseriti a pieno nelle nuove realta', rifacendosi una nuova esistenza pur senza aver dimenticato e perso i tratti della loro identita'.
Era commovente sentirli parlare con il tipico accento nord-orientale e, in qualche caso, nel loro idioma istriano-dalmato.

Va detto comunque che complessivamente non mancarono la solidarieta' delle popolazioni, ed un significativo impegno istituzionale per aiutare il loro reinserimento.
Altro discorso e' quello della valutazione politica della vicenda, chiusa con il trattato di Osimo,dettato da ragioni di realpolitik su cui sono legittime tutte le opinioni, e che comprensibilmente ha rappresentato una pagina amara nella storia delle comunita' istriana-dalmata-fiumana.

Veniamo ora alla vicenda degli esuuli a Lucca. Circa 1200, Dal 1947 al 1956 furono ospitati in strutture di accoglienza allestite nella nostra citta', raccolti per la maggior parte nello spazio del Real Collegio, dietro San Frediano e alcuni nella chiesa di Santa Caterina, nei pressi dell'ex Manifattura Tabacchi. Oggi a Lucca un centinaio di famiglie sono discendenti di questi esuli. Molti di loro erano alla presentazione del volume che - come gia' ricordato - racconta attraverso le testimonianze di 14 esuli giunti a Lucca, come vissero quei momenti, come furono accolti dalla città, quale il loro tormento per le terre di origine perse per sempre.

La partecipazione emotiva e la commozione si sono intensificate nel sentir ricordare gli episodi da chi li ha vissuti, episodi di dolore, di lacrime, del ricordo di affetti e terre che si abbandonavano per sempre, di sopprusi e torture subite. Racconti della drammaticita' di un addio e dello sradicamento dalle proprie origini; testimonianze dello smarrimento di bambini che non potevano capire la tragedia che su di essi si era abbattuta.
Una tragedia comunque vissuta con una grande dignità, portandosi dentro un senso di italianita' che nel presente, quando celebriamo il centocinquantesimo anniversario dell'unita' d'Italia, puo' servirci da monito ed esempio.
Un esempio eloquente offerto da una signora di oltre ottant'anni che si è portata al tavolo degli oratori con una bandiera tricolore cucita dalla nonna nel 1918. Questa bandiera, ha detto, me la porto dietro da tre generazioni e da questa non mi stacchero' sin che vivro'.

E' lodevole che la Provincia di Lucca abbia voluto questa pubblicazione, che certamente aiuta a comprendere una pagina fondamentale della nostra storia recente. Speriamo che anche altri vogliano seguirla, contribuendo cosi' a rimuovere un colpevole silenzio per decenni imposto dall'egemonia culturale della sinistra ed in particolare dei comunisti.

La curatrice del volume, la Dottoressa Viviana Dinelli, ne ha illustrato i contenuti, con un intervento chiaro ed efficace che ritengo utile pubblicare integralmente.

Cliccare qui per leggere/scaricare l'intervento della Dottoressa Viviana Dinelli

Lucca, 1 aprile 2011

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