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centocinquantesimo anniversario dell'unita' d'Italia: il senso di una ricorrenza e le tappe di un difficile percorso

di Paolo Razzuoli

Il senso della ricorrenza

In questo strano Paese, siamo riusciti a trasformare in motivo di polemica, a volte anche assai goffa e pesante, quella che doveva invece essere una occasione preziosa per riflettere sulla nostra storia, per ritrovarci attorno ad essa, per indagare le profonde ragioni del perche' siamo una nazione, e per riflettere sui valori che nella contemporaneita' possono assicurare un futuro alle nuove generazioni.
Voglio illudermi nel pensare che, al di la' di tutto e confidando nel ruolo positivo della scuola, il centocinquantesimo anniversario dell'unita' d'Italia possa rappresentare, soprattutto per i nostri giovani, una preziosa occasione per rinsaldare il senso di appartenenza ad una patria e ad una nazione, costruite col sacrificio eroico di molti italiani, spesso di giovani italiani, che hanno fermamente creduto che lo sviluppo di questo popolo non potesse prescindere dalla sua unita' sotto una sola bandiera ed un solo Stato.

E' stato un percorso estremamente complesso, di cui piu' avanti riassumo alcune tappe, che ha coinvolto le migliori energie della societa' italiana del tempo. Accanto ai piu' noti uomini politici e militari quali D'Azeglio, Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi, agli intellettuali quali Gioberti, Mazzini o Cattaneo, a poeti quali Mameli, Mercantini o Berchet, a scrittori come Foscolo e Manzoni, a pittori quale Hayez e musicisti quale Verdi, si sviluppo' un movimento che coinvolse tutti gli strati della societa' italiana: non e' stato quel movimento di popolo che certa letteratura ha in passato retoricamente descritto, ma non e' certamente stato quel movimento elitario che oggi da qualche parte si vorrebbe accreditare.

dipinto di Francesco Hayez
Dipinto di Francesco Hayez intitolato Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri, considerato il primo esempio di pittura romantica italiana

Sappiamo bene che la nostra storia unitaria ci propone pagine non sempre edificanti.
Non solo la tragica pagina del fascismo e della guerra civile; tante altre vicende hanno lasciato la loro impronta di inadeguatezza e difficolta'.
Solo alcuni esempi: l'avvio reale dell'unificazione normativa ed amministrativa, gestita di fatto come una piemontizzazione anziche' come la ricerca di una sintesi fra le varie realta'; la situazione di scarsa credibilita' del Parlamento gia' nell'ultimo ventennio del secolo XIX, che alimento' il forte senso di antiparlamentarismo che pervase i movimenti rivoluzionari e nazionalisti che si svilupparono fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento; l'inadeguatezza della dinastia regnante che, come e' noto, ha avuto imperdonabili responsabilita' nell'avvento del fascismo; l'incapacita' di affrontare seriamente la questione meridionale e via dicendo.

Nel corso del tempo si sono accumulati tanti nodi irrisolti, che sono stati sottovalutati e, in alcuni casi deltutto ignorati.
E' vero, oggi il Paese e' spaccato in due: lo e' per lo sviluppo economico, lo e' per la rete delle infrastrutture, lo e' per la qualita' e l'efficienza dei servizi, lo e' per la capacita' di risposta della pubblica amministrazione, lo e' per i tratti prevalenti della societa', lo e' per il modo di vivere il rapporto fra lo Stato ed il cittadino.
Sarebbe pero' un errore grave se si pensasse di risolvere il problema con scelte basate sull'egoismo dei piu' ricchi, sulla divisione, sulla contrapposizione degli interessi.
In un mondo sempre piu' globalizzato la strategia degli egoismi non paga piu'. Chi la auspica si illude, non si rende conto che e' un boomerang, e non riesce a confrontarsi con prospettive di medio-lungo periodo.
Anzi, e' proprio dalla consapevolezza degli errori del passato che occorre trarre insegnamenti per imboccare una nuova rotta: il centocinquantesimo anniversario dell'unita' nazionale dovrebbe costituire per tutti l'occasione per tracciarla ed intrapprenderla.
Per questo abbiamo a disposizione una preziosa bussola: il grande patrimonio di valori su cui si fonda la Repubblica italiana, mirabilmente riassunti nella nostra Carta Costituzionale.

Ma cosa significa oggi parlare di Patria e di Nazione?
Oggi le condizioni sono certamente molto diverse dalla stagione risorgimentale.
Parlare di patria e di nazione nella contemporaneita' significa affermare concetti molto diversi da quelli che animarono i protagonisti del Risorgimento.
Le grandi sfide dell'integrazione europea e di orizzonti sempre piu' globalizzati, ne hanno modificato i tradizionali significati.

C'e' stata una stagione nella quale quasi si e' avuto paura di pronunciare parole come Patria e/o Nazione.
Ben inteso, qui non si tratta di indulgere verso le deviazioni aggressive e autoritarie che - soprattutto nella prima meta' del Novecento - dietro la presunta priorita' di difendere gli interessi nazionali hanno prodotto le piu' abberranti ideologie che hanno fatto sprofondare l'umanita' nella piu' grande tragedia della sua storia.

Credo pero' che anche nei nuovi scenari europeo e mondiale, ciascuno potra' esercitare il proprio ruolo solo se sara' consapevole della propria storia, della propria cultura, dei valori della propria civilta': insomma di quelle condizioni che fanno la differenza, come diceva Montanelli, fra un popolo ed un assieme di tribu'.
Le sfide del futuro - che non saranno certo facili - richiedono anzitutto una grande coesione sociale dei soggetti che queste sfide dovranno ineluttabilmente affrontare.
Purtroppo, come anche gli ultimi rapporti Censis attestano, la societa' italiana appare sfilacciata, ripiegata su se stessa, priva di slanci e di orgoglio.
Ovunque si avverte un forte senso di smarrimento, di lacerazione, di rassegnazione.

Guai a quella societa' che si rassegna al peggio!!!

Dobbiamo essere capaci di non rassegnarci al peggio; dobbiamo recuperare l'orgoglio di ritrovarci attorno ai grandi valori che hanno fatto le stagioni migliori della nostra storia; dobbiamo essere capaci di ritrovarci uniti attorno ai grandi interessi nazionali che sono ben altra cosa rispetto al teatrino degli equivoci e degli inganni, peraltro bipartisan, che quotidianamente ci propone la classe politica e non solo essa.

Il centocinquantesimo anniversario dell'unita' d'Italia deve essere certo un'occasione per riflettere sulla nostra storia, ma deve ancor piu' essere un'occasione per riflettere sul nostro presente quale punto di partenza per immaginare il nostro futuro, con una speciale attenzione ad una collettiva presa di coscienza delle maniere con cui uscire dalla "selva oscura" nella quale la societa' italiana si e' infilata.

Cio' che e' in gioco non e' l'esito di una stagione politica: e' il futuro della nostra democrazia, e' il futuro della nostra capacita' di giocare un ruolo nello scacchiere internazionale, e' il futuro che noi saremo capaci di garantire ai nostri giovani.

Ritrovarci attorno al Tricolore e al Canto degli Italiani significa soprattutto questo.
Significa insomma un impegno per risalire la china, un impegno per dare speranza ai nostri ragazzi.

Questo e' il senso dell'amore che dobbiamo coltivare per il nostro Paese.

Italia, ridestati!!!

Le tappe del percorso verso l'unificazione

di seguito riporto, in estrema sintesi, le tappe che segnarono il difficile cammino verso l'unita' nazionale, a partire dal Congresso di Vienna in cui le potenze vincitrici di Napoleone ridisegnarono l'assetto politico europeo.

1814-1815: Il congresso di Vienna divide l'Italia

Il congresso di Vienna, che si apre nel novembre del 1814 e si chiude il 9 giugno del 1815, sancisce la divisione dell'Italia, che allora contava venti milioni di abitanti, in dieci Stati: Regno di Sardegna; Regno Lombardo-Veneto, sotto la sovranità austriaca; Ducato di Parma e Piacenza, Ducato di Modena e Reggio; Ducato di Massa e Carrara; Granducato di Toscana; Ducato di Lucca; Stato della Chiesa (comprendente anche le legazioni di Bologna, Ferrara, Ravenna, le Marche, Benevento e Pontecorvo); Repubblica di San Marino; Regno di Napoli e Sicilia. E' l'Austria il guardiano della restaurazione in Italia, ma appena instaurato il nuovo ordine nascono le prime rivolte, a cominciare da quella guidata da Gioacchino Murat che tenta di sollevare le popolazioni italiche con la promessa di un regno unico. L'avventura di Murat si concluderà con la sua fucilazione a Pizzo Calabro (8 ottobre).

Nasce a Milano “Il conciliatore”

Il programma del “Conciliatore”, la prima rivista italiana di ispirazione patriottica e liberale, viene redatto da Silvio Pellico, Luigi Porro Lambertenghi, Federico Confalonieri, Giovani Berchet, Giandomenico Romagnosi. Il primo numero apparirà il 3 settembre. In ottobre vengono condannati a morte a Roma cinque cospiratori marchigiani. Nasce in dicembre ad Alessandria la Società dei sublimi maestri perfetti, ispirata alle idee comunistiche di Filippo Buonarroti.

Rivolta nel Regno delle due Sicilie e repressione

Dopo il pronunciamento dei militari democratici spagnoli e la rivolta di Salerno, in luglio un gruppo di 127 soldati del reggimento di cavalleria Real Borbone di Nola guidati da Michele Morelli e Giuseppe Silvati, muove verso Avellino. Il 9 luglio Guglielmo Pepe, ufficiale murattiano, entra a Napoli alla testa di 7000 ribelli (soldati e carbonari). Il 13 Ferdinando I giura sulla Costituzione. In ottobre l’Austria invia le truppe nel Regno delle due Sicilie per ristabilire l’ordine. A Milano, sempre in ottobre, vengono arrestati Silvio Pellico e Pietro Maroncelli, membri di una “vendita carbonara”.

Moti insurrezionali

Mentre le armate austriache sconfiggono a Napoli i rivoluzionari di Guglielmo Pepe, in Piemonte il 10 marzo comincia l’insurrezione che dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele I porta sul trono Carlo Alberto. Questi concede la costituzione spagnola ma non marcia contro l’Austria e obbedisce all’ordine dello zio Carlo Felice di raggiungere le truppe fedeli all’antico regime. I russi e gli austriaci marciano su Novara e portano sul trono Carlo Felice. Si diffonde tra i regnanti il timore di nuove insurrezioni, mentre a Firenze è nato in gennaio, per iniziativa del libraio Giovan Pietro Viesseux il mensile “Antologia” cui collaboreranno per un decennio molti patrioti: Giuseppe Poerio, Gabriele Pepe, Pietro Colletta, Pietro Giordani, Niccolò Tommaseo, Giuseppe Montani, Raffaele Lambruschini, Gino Capponi, Cosimo Ridolfi, Bettino Ricasoli, Enrico Mayer.

Una nuova primavera europea

In Italia cresce l’iniziativa liberale dopo l’ascesa al potere in luglio a Parigi di Luigi Filippo di Orléans, che ha proclamato il principio del non intervento: la Francia è contraria a qualsiasi intervento per reprimere le insurrezioni rivoluzionarie fuori dai confini nazionali. E’ la fine dell’ordine sancito quindici anni prima dal congresso di Vienna. In novembre a Roma Luigi Napoleone Bonaparte, futuro imperatore di Francia con il nome di Napoleone III, si incontra con un gruppo di carbonari per studiare la possibilità di una rivoluzione in Italia.

Esplodono moti insurrezionali in tutta Italia

La rivolta comincia in febbraio nello Stato Pontificio e nei ducati di Modena e Parma. Francesco IV, duca di Modena, fa arrestare Cino Menotti, che sarà impiccato il 26 maggio dopo un processo sommario. La rivolta si espande a Parma (Maria Luisa d’Austria si rifugia a Piacenza), nei territori pontifici dell’Emilia-Romagna, delle Marche e dell’Umbria. A Torino muore Carlo Felice, cui succede Carlo Alberto, che spegne le speranze rivoluzionarie. Giuseppe Mazzini, in esilio a Marsiglia, fonda la Giovine Italia. I moti si concludono con la repressione ad opera delle truppe austriache, che hanno facile vittoria sugli insorti. Il governo francese non va in loro difesa nonostante l’impegno preso l’anno precedente sul principio di non intervento.

Repressione contro gli affiliati alla Giovine Italia

In Piemonte viene scoperta una congiura che coinvolge molti ufficiali dell’esercito sabaudo: dodici vengono condannati a morte. Nell’esilio si consuma la rottura tra Giuseppe Mazzini e Filippo Buonarroti. Massimo D’Azeglio pubblica il romanzo storico “Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta”.

Un altro anno di fallimenti insurrezionali

Disastrosa spedizione militare in Savoia della Giovine Italia e mancata insurrezione di Genova (all’appuntamento fissato si presenta solo il giovane Giuseppe Garibaldi).

Progressi tecnici

A Napoli inaugurata la ferrovia Napoli-Portici, a Milano Carlo Cattaneo fonda la rivista “Il Politecnico!”

“Il Nabucco” trionfa alla Scala

Il 9 marzo viene rappresentato alla Scala di Milano Il Nabucco di Giuseppe Verdi, con il suo corale patriottico “va pensiero”.
In questo stesso anno Alessandro Manzoni finisce la stesura dei “Promessi sposi” e Vincenzo Gioberti comincia a scrivere il “Primato morale e civile degli italiani”.

Il sacrificio dei fratelli Bandiera

I fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, ufficiali della marina austriaca, sbarcano il 16 giugno alla foce del fiume Neto, presso Crotone per guidare una inesistente insurrezione. Traditi da un compagno, verranno fucilati il 24 luglio.

Diventa papa Giovanni Maria Mastai Ferretti: Pio IX

Muore Gregorio XVI e il 17 giugno 1846 viene eletto papa il cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti con il nome di Pio IX. Il nuovo pontefice concede un’amnistia a tutti i condannati politici e accende l’entusiasmo del partito neoguelfo che sperava in una confederazione italiana sotto la guida del papa.

Nasce il Canto degli italiani

Nell'autunno del 1847 un giovane poeta genovese, Goffredo Mameli, scrive un inno patriottico che pochi giorni dopo sara' consegnato a Torino, ad un musicista di nome Michele Novaro che lo mettera' in musica. Nasce cosi' il Canto degli italiani (oggi piu' noto come Fratelli d'Italia), l'inno che ebbe una immediata diffusione fra i patrioti italiani, che li accompagno' nelle piu' eroiche vicende risorgimentali, e che dal 1946 e' l'inno ufficiale della Repubblica italiana.

Insurrezioni in tutt’Italia e prima guerra d’Indipendenza

Il vento rivoluzionario arriva dalle capitali europee (Parigi, Vienna, Berlino). L’anno della rivoluzione comincia a Milano con lo sciopero del fumo, per colpire il monopolio dei tabacchi detenuto dagli austriaci. Il 12 gennaio la rivoluzione scoppia in Sicilia e si estende sul continente: Ferdinando II di Borbone è costretto a concedere la costituzione. Ne seguono l’esempio Leopoldo II di Toscana, Carlo Alberto (Statuto albertino emanato il 4 marzo), Pio IX e Carlo II di Parma. Venezia insorge e il 22 marzo viene proclamata la repubblica, i milanesi dopo 5 giornate di combattimento (18-22 marzo) costringono il generale Joseph Radetzky a lasciare la città. Carlo Alberto decide di entrare in guerra contro l’Austria, in suo soccorso arrivano gruppi di volontari e piccoli corpi di spedizione mandati da Leopoldo II di Toscana, Pio IX e Ferdinando II di Borbone. Questi ultimi fanno presto però marcia indietro. Dopo le vittorie di Pastrengo e Goito, tra il 22 e il 27 luglio le truppe piemontesi vengono sconfitte a Custoza, nei pressi di Verona. Giuseppe Garibaldi arriva dall’Uruguay, Daniele Manin organizza la difesa di Venezia, mentre Giuseppe Mazzini vuole la “guerra del Paese”. In Toscana e a Roma i democratici mettono in crisi i governi moderati: Domenico Guerrazzi e Giuseppe Montanelli sostituiscono a Firenze Gino Capponi, mentre a Roma il 15 novembre viene assassinato Pellegrino Rossi e Pio IX fugge a Gaeta.

La repubblica romana, la repubblica veneziana, la repressione austriaca e l’abdicazione di Carlo Alberto in favore di Vittorio Emanuele II

La sconfitta dei piemontesi indebolisce il fronte patriottico.
A Roma dopo la fuga di Pio IX viene proclamata la repubblica guidata dai triumviri Giuseppe Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi. La repubblica romana, difesa dagli uomini di Giuseppe Garibaldi, capitolerà il 30 giugno al corpo di spedizione francese appoggiato da truppe austriache e borboniche.
Garibaldi accorre in difesa della repubblica veneziana, che capitola il 23 agosto dopo due mesi di bombardamenti.
L’ordine viene restaurato dappertutto, anche nel regno delle due Sicilie, con una violenta repressione a Palermo, in maggio.
Intanto Carlo Alberto, che ha denunciato l’armistizio del 9 agosto 1848 ed è stato sconfitto a Novara il 23 marzo, ha abdicato in favore del figlio Vittorio Emanuele II.

Il parlamento del regno di Sardegna approva la legge Siccardi, Pio IX torna a Roma, Garibaldi in esilio a New York, Mazzini a Londra

Il 9 marzo alla camera dei deputati e l’8 aprile al Senato viene votata a Torino la legge Siccardi, che abolisce il tribunale ecclesiastico, l’immunità dei luoghi sacri riduce le festività religiose e impedisce alla chiesa di acquisire beni senza l’assenso dello Stato. In agosto muore il ministro Pietro De Rossi di Santarosa, fratello di Santorre, gli viene negata l’estrema unzione per aver dato l’assenso alla legge Siccardi. Il 12 aprile Pio IX entra a Roma. Il 30 luglio Giuseppe Garibaldi arriva a New York.
Intanto si diffonde in molte parti d’Italia il brigantaggio: in Romagna imperversa Stefano Pelloni, detto il Passatore.

Sono anni di repressione. Ma a Torino prosegue l’ascesa di Cavour, che dopo il “connubio” con Urbano Rattazzi il 4 novembre 1852 diventa presidente del consiglio.

ritratto di Cavour
Ritratto di Cavour realizzato dal pittore Francesco Hayez

Guerra di Crimea e apertura dei giochi diplomatici europei

Il 26 gennaio Cavour presenta alla Camera l’atto di adesione del governo sabaudo al trattato di alleanza franco inglese del 1854. Con un’annessa convenzione si prevede l’invio di 15mila uomini. I soldati della spedizione italiana, pur colpiti da un’epidemia di colera (1300 casi mortali) si distingueranno nella battaglia della Cernaia: in prima fila i bersaglieri guidati al generale Alfonso La Marmora, nella quale respingono con i francesi il tentativo russo di rompere l’assedio di Sebastopoli. È il prezzo pagato dal regno piemontese per entrare nel gioco diplomatico europeo. Il 20 novembre Vittorio Emanuele va a Parigi con Cavour e Massimo D’Azeglio per incontrare Napoleone III. Quando nel 1856 a Parigi si riunisce il congresso delle potenze europee, Cavour ottiene per il regno di Sardegna una partecipazione paritetica con le altre potenze. Nella seduta dell’8 aprile Cavour e i rappresentanti di Francia e Inghilterra denunciano come pericolose le politiche repressive dello Stato pontificio e del Regno delle due Sicilie, nelle cui carceri ci sono seicento detenuti politici, e l’occupazione austriaca delle legazioni pontificie.

Fallimento della spedizione di Sapri e nascita della Societa' Nazionale Italiana

Il fallimento della spedizione di Carlo Pisacane a Sapri con il massacro dei duecento patrioti (1° e 2 luglio 1857), reso celebre anche dalla famosa poesia di Luigi Mercantini, il fallimento dei moti mazziniani a Genova e Livorno decretano la fine delle società mazziniane. Nasce ufficialmente la Società nazionale italiana che unisce democratici e moderati con l’obiettivo di liberare l’Italia sotto la guida piemontese.

Fallito attentato di Felice Orsini a Napoleone III e incontri di Plombières

Proprio il fallito attentato di Felice Orsini contro Napoleone III (14 gennaio 1858) danno l’occasione a Cavour per mettere in guardia il sovrano francese sulla pericolosità delle attività cospirative e sulla necessità di risolvere la questione italiana. Durante gli incontri di Plombières (20-21 luglio 1858), Cavour e Napoleone III firmano un accordo segreto che prevede la cacciata degli austriaci dal Lombardo Veneto che deve essere annesso a un regno dell’Alta Italia assieme alle Marche e alla Romagna. In compenso, la Francia avrà Nizza e la Savoia.

La Seconda Guerra di Indipendenza e l’armistizio di Villafranca

Il 10 gennaio 1859 Napoleone III dichiara davanti al parlamento subalpino di non essere insensibile al grido di dolore che giunge dall’Italia. Si prepara il matrimonio tra Giuseppe Napoleone, cugino dell’imperatore francese, e Maria Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele II. In Piemonte fervono anche i preparativi militari in seguito a un accordo con la Francia. Il parlamento approva un prestito di 50 milioni di lire per fronteggiare le spese militari. Intanto l’Austria ha ammassato truppe e il 23 aprile chiede al Piemonte di smobilitare. Comincia la Seconda Guerra di Indipendenza: a fine aprile gli austriaci varcano il Ticino ma il 4 giugno nella battaglia di Magenta francesi e piemontesi sconfiggeranno gli austriaci. Mentre in Toscana, a Parma e Modena, nelle Romagne, nelle Marche e in Umbria si succedono sollevazioni preparate dalla Società nazionale italiana per chiedere l’annessione al Piemonte, l’11 luglio Napoleone III tradendo le aspettative italiane, anche per il timore di un intervento prussiano, firma a Villafranca un armistizio con gli austriaci che prevede la cessione della Lombardia ai francesi, i quali la daranno al Piemonte in cambio di Nizza e Savoia, e il ristabilimento della legalità nell’Italia centrale. Cavour si dimette e viene sostituito dall’accoppiata La Marmora-Rattazzi. Vittorio Emanuele, in imbarazzo, rimanda le annessioni di Parma, Modena, Bologna, Firenze, e invia dei governatori straordinari che tengano ufficiosamente i contatti.

Spedizione dei Mille e annessione del Regno delle due Sicilie

Il 1860, anno cruciale, si inizia con il nuovo incarico a Cavour per la costituzione di un governo che sostituisca quello di La Marmora - Rattazzi. In marzo due plebisciti sanciscono la fusione della Toscana e dell’Emilia con il Regno di Sardegna, mentre a Palermo un’insurrezione scoppiata il 4 aprile e subito repressa accende la rivolta in tutta la Sicilia. L’8 aprile Garibaldi accetta la proposta di Francesco Crispi e Nino Bixio di guidare un corpo di spedizione nel Regno delle due Sicilie. Il 6 maggio, nonostante l’opposizione formale piemontese, parte da Quarto la spedizione dei Mille, su due navi: il Piemonte ed il Lombardo. I volontari partono verso la Sicilia praticamente senza armi. Si fermeranno a Talamone (Grosseto) dove si faranno consegnare dal comandante del porto armi e munizioni. L’11 maggio i mille sbarcano a Marsala, Garibaldi assume la dittatura dell’Isola e il 15 sconfigge a Calatafimi le truppe borboniche. Il 6 giugno a Palermo Garibaldi firma una convenzione con i rappresentanti del governo borbonico che dichiara decaduto il dominio di Francesco II sulla capitale siciliana. Il 20 luglio, nella battaglia di Milazzo, Garibaldi sconfigge nuovamente l’esercito borbonico. In agosto falliscono i tentativi cavouriani di organizzare una rivolta moderata a Napoli, il 4 a Bronte in Sicilia viene repressa una rivolta contadina dalle truppe di Nino Bixio. Il 18 agosto Garibaldi varca lo stretto di Messina per raggiungere il 7 settembre Napoli. L’11 settembre le truppe piemontesi varcano i confini pontifici, Garibaldi scrive a Vittorio Emanuele invitandolo a liquidare Cavour e ad andare a Roma per essere incoronato re d’Italia. Il 18 settembre nella battaglia di Castelfidardo i piemontesi sconfiggono le truppe papaline e annettono le Marche e l’Umbria. Tra il 1° e il 2 ottobre Garibaldi sconfigge nuovamente i borbonici sul fiume Volturno, Francesco II si ritira nella fortezza di Gaeta. L’11 ottobre Cavour fa approvare una legge per accettare le annessioni dell’Italia centrale e meridionale. Il 21 ottobre si svolge nel Regno delle due Sicilie il plebiscito per l’annessione al Piemonte. I sì sono circa il 75 per cento. Il 26 ottobre avviene il famoso incontro di Teano, in realtà avvenuto a Vairano (Caserta) in cui Garibaldi saluta Vittorio Emanuele II come re d’Italia, preludio all’imminente consegna di poteri e allo scioglimento delle truppe garibaldine. Il 4 novembre plebisciti anche nell’Umbria e nelle Marche. Il 7 novembre Vittorio Emanuele II entra a Napoli. Il 17 dicembre viene sciolta la camera dei deputati del regno per consentire l’elezione di nuovi rappresentanti anche dai territori annessi.

Proclamazione del Regno d’Italia e brigantaggio meridionale

Il 27 gennaio si svolgono le prime elezioni per la formazione del Parlamento italiano, che decreta il successo del partito moderato capeggiato da Cavour. 15 febbraio: dopo 102 giorni di assedio nella fortezza di Gaeta Francesco II di Borbone si arrende e si imbarca con la famiglia su una nave francese per raggiungere Roma, dove sarà ospite di papa Pio IX.
17 marzo: La prima legge approvata dal nuovo parlamento e promulgata il 17 marzo, proclama Vittorio Emanuele II e i suoi discendenti re d’Italia.
23 marzo: si costituisce il primo governo guidato da Cavour, che già il 27 definirà la posizione italiana nei confronti della questione romana: Roma capitale, ma con il consenso dei francesi e senza intaccare la libertà spirituale del pontificie.
Aprile: scoppia la prima grande rivolta in Basilicata. È l’inizio del brigantaggio (che unisce militari sbandati e lealisti, contadini insoddisfatti e briganti). Nel 1861 i soldati piemontesi per la repressione del fenomeno saliranno da 15mila a 50mila. Nel febraio 1864 arriveranno a 116mila. Secondo le stime ufficiali, fra il 1861 e il 1865 furono uccisi in combattimento 5212 briganti. Le vittime della repressione furono in realtà vicine a ventimila.
6 giugno Camillo Benso conte di Cavour muore improvvisamente a Torino.
12 giugno Bettino Ricasoli vara un nuovo governo.

Giuseppe Garibaldi ferito in Aspromonte

Un anno, il 1862, dominato dalla questione di Roma e Venezia. Garibaldi continua a essere protagonista. I garibaldini vengono fermati ai confini del Trentino e in maggio le truppe regie arrestano a Brescia 123 camicie rosse. Il 20 luglio Giuseppe Garibaldi, a Marsala, giura “O Roma o morte” e parte alla testa di 1300 volontari che vengono fermati il 29 agosto sull’Aspromonte. Garibaldi è ferito a una gamba e arrestato.

Spostamento della capitale del Regno d'Italia da Torino a Firenze

Il 19 novembre 1864 la camera approva lo spostamento della capitale da Torino a Firenze, proprio come dimostrazione del fatto che non pensa più a Roma capitale… Il 3 febbraio 1865 Vittorio Emanuele II lascerà Torino per trasferirsi a Firenze.

Terza Guerra d’Indipendenza e Veneto annesso all’Italia

8 aprile 1866: viene firmato un trattato italo prussiano il quale prevede che in caso di guerra tra Prussia e Austria l’Italia scenderà in campo. 20 giugno 1866: l’Italia entra in guerra e viene sconfitta dagli austriaci a Custoza (in provincia di Verona) il 24 giugno e nella battaglia navale di Lissa (20 luglio). Soltanto Garibaldi ottiene buoni risultati in Trentino, ma sarà costretto a ritirarsi dopo il trattato di pace che grazie alla vittoria dei prussiani a Sedowa, in Boemia, il 3 luglio, assegna il Veneto all’Italia (21 ottobre).

Roma capitale italiana

In seguito alla sconfitta dei francesi a Sedan ad opera dei prussiani (1° settembre 1870), il governo italiano rompe gli indugi e decide l’occupazione di Roma, ormai priva dell’appoggio di Napoleone III. Il 5 settembre Vittorio Emanuele II invia a Roma il conte Gustavo Ponza di San Martino offrendo al papa “le garanzie necessarie per l’indipendenza spirituale della Santa Sede”. Pio IX respinge la proposta il 10 settembre e il giorno dopo il generale Raffele Cadorna entrerà con le sue truppe nello Stato pontificio.
Il 20 settembre il 29° battaglione fanteria e il 34° bersaglieri entrano attraverso la breccia di Porta Pia aperta dall’artiglieria. Negli scontri muoiono 49 soldati italiani e 19 pontifici.

Lucca, 14 marzo 2011

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