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«Per ridurre il debito altroché patrimoniale, occorre far crescere l'Italia"

di Andrea Camaiora

Il professor Ernesto Felli, ordinario di Economia Politica all'Università Roma Tre, non ha dubbi e spiega le ragioni di una riforma fiscale che non può essere rinviata per permettere al nostro Paese di riprendere a crescere.

«Patrimoniale? Che vuole che le dica, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Non è che da certi settori della politica potevamo aspettarci una proposta diversaIn realtà però il punto cruciale non è la patrimoniale e neppure, se vogliamo dirla tutta, il debito. Il punto è la crescita!».

d. - Professore, siamo alla scoperta dell'acqua calda: la ricchezza per essere distribuita va prodotta...

R. - Già, ma evidentemente qualcuno se ne dimentica. Il tema della crescita è centrale per un Paese fermo da quindici anni come il nostro. È nella crescita che possiamo trovare le risorse per abbattere il debito, un problema che non si risolve certo con la patrimoniale, figuriamoci! Che garanzie abbiamo poi che il debito non ritorni a crescere?! Inoltre le agenzie di rating ormai badano più alla crescita che al debito in quanto tale. Questa è anche la ragione per la quale far ripartire l'economia deve essere la nostra priorità.

D. - Ma come controllare la spesa?

R. - Devo darle una risposta da professore? Esistono le spending review, si individuano i settori più produttivi e quelli meno produttivi e si operano tagli. Comunque l'Italia sta messa meglio di altri, anche della Germania, come confermato dall'ultimo rapporto della Banca d'Italia. Il punto però resta quello strategico di muovere lo sviluppo.

I governi non sono in grado da soli di produrre crescita, ma possono favorirla. Possono essere messe in campo politiche per aumentare il pil potenziale. Significa prima di tutto fare la riforma fiscale spostando la tassazione dai redditi ai consumi, partendo quindi dalle aliquote Irpef. Se poi non ci sono le risorse per abbassare immediatamente la pressione fiscale, si può effettuare uno "shifting" da imposta sul reddito a imposta sui consumi a pressione invariata.

Sarà comunque da stimolo all'economia perché le aziende pagheranno salari più alti e i lavoratori si troveranno in busta paga più soldi. Ci sarà un effetto immediato e positivo che favorirà l'economia, quindi, pur adottando una strategia neutrale sul piano del disavanzo. Voglio dire che in prima battuta non diminuiranno le entrate dello Stato, ma innescheremo comunque un ciclo virtuoso.

Appena l'economia sarà ripartita si potrà anche diminuire la pressione fiscale che, lo ricordo, resta il principale ostacolo allo sviluppo. Il tema dell'evasione è un tema reale, concreto. È giusto richiamare in proposito l'etica e i controlli, ma non si può non dire che il livello di tassazione, così com'è, è insopportabile!

D. - Tutto ciò è molto berlusconiano...

R. - Ah sì! Beh, forse sì, ma anche molto tremontiano, anche molto felliano! Ad ogni modo il passaggio da imposte sui redditi ad imposte sui consumi rende anche meno attraente la prospettiva dell'evasione fiscale. Non possiamo rimandare oltre la riforma fiscale. Oggi c'è un'evidente sproporzione relativa al livello della tassazione personale. C'è piuttosto bisogno – lo ribadisco – di aumentare il reddito disponibile della gente. Il ministro dell'Economia queste cose le pensava quando era "soltanto" un tributarista. Adesso che governa è logico che agisca in modo più cauto. Ma sono certo che sia da sempre persuaso che sia questa la strada giusta. Chissà che non sia venuto anche il momento giusto.

(da www.ilpredellino.it - 2 febbraio 2011)

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