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Prolusione del Cardinal Angelo Bagnasco al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale italiana (Ancona, 24 gennaio 2011)

Breve commento introduttivo di Paolo Razzuoli

"È necessario fermarsi - tutti - in tempo, fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese." ...

"chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta."

C'era grande attesa per cio' che il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, avrebbe detto nella sua prolusione del Consiglio Permanente che si e' aperto oggi ad Ancona.
Ebbene, il Cardinale ha offerto un intervento di straordinario spessore, non solo per quanto attiene agli aspetti specificatamente legati alla fede, ma piu' in generale per l'ampia disamina dei tratti economici, sociali, politici, direi antropologici del tempo che viviamo.

Grande attesa era ovviamente rivolta a cio' che avrebbe detto al riguardo della situazione del nostro Paese.

Riporto la parte della prolusione dedicata a questo argomento, ma invito i visitatori di questo sito a leggerla integralmente.
Assicuro che ne vale la pena, ed il tempo impiegato sara' ampiamente compensato dal piacere di una lettura di un testo di grande spessore analitico e propositivo.

Cliccare qui per leggere/scaricare il testo integrale della prolusione (formato pdf)

Ecco cosa il Cardinale ha detto della attuale situazione italiana, con grande equilibrio, ma con un fermo ed intenso richiamo ai pericoli dell'attuale deriva, alla necessita' che la politica ritrovi una autentica dimensione etica, attorno al patrimonio culturale e storico su cui si fonda la nostra societa'.

"Come ho già più volte auspicato, bisogna che il nostro Paese superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni.
Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci - veri o presunti - di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine. In tale modo, passando da una situazione abnorme all'altra, è l'equilibrio generale che ne risente in maniera progressiva, nonché l'immagine generale del Paese.
La collettività, infatti, guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale. La vita di una democrazia - sappiamo - si compone di delicati e necessari equilibri, poggia sulla capacità da parte di ciascuno di auto-limitarsi, di mantenersi cioè con sapienza entro i confini invalicabili delle proprie prerogative. «Muoversi secondo una prospettiva di responsabilità - ammoniva il Papa in occasione dell'ultima Settimana Sociale - comporta la disponibilità ad uscire dalla ricerca del proprio interesse esclusivo per perseguire insieme il bene del Paese» (Benedetto XVI, Messaggio alla 46a Settimana Sociale dei cattolici italiani, 12 ottobre 2010).

Come ho già avuto modo di dire, «chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda (cfr art. 54)» (Prolusione al Consiglio Permanente, 21-24 settembre 2009, n. 8). Dalla situazione presente - comunque si chiariranno le cose - nessuno ricaverà realmente motivo per rallegrarsi, né per ritenersi vincitore. Troppi oggi - seppur ciascuno a modo suo - contribuiscono al turbamento generale, a una certa confusione, a un clima di reciproca delegittimazione. E questo - facile a prevedersi - potrebbe lasciare nell'animo collettivo segni anche profondi, se non vere e proprie ferite.

La comunità nazionale ha indubbiamente una propria robustezza e non si lascia facilmente incantare né distrarre dai propri compiti quotidiani. Tuttavia, è possibile che taluni sottili veleni si insinuino nelle psicologie come nelle relazioni, e in tal modo - Dio non voglia! - si affermino modelli mentali e di comportamento radicalmente faziosi. Forse che questo non sarebbe un attentato grave alla coesione sociale? E quale futuro comune potrà risultare, se il terreno in cui il Paese vive rimanesse inquinato?

È necessario fermarsi - tutti - in tempo, fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell'etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro. Come Pastori che amano la comunità cristiana, e come cittadini di questo caro Paese, diciamo a tutti e a ciascuno di non cedere al pessimismo, ma di guardare avanti con fiducia. È questo l'atteggiamento interiore che permetterà di avere quello scatto di coscienza e di responsabilità necessario per camminare e costruire insieme."

Lucca, 24 gennaio 2011

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