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     Il 14 gennaio 1919 nasceva a Roma Giulio Andreotti, uno dei piu’ importanti, longevi e discussi uomini politici e statisti della nostra storia recente.

     Fucinaidee, nella ricorrenza, ha il piacere di proporre ai suoi lettori un profilo di Andreotti tracciato - con penna arguta, intelligente, un po’ appuntita ma se sempre con stile - da Federico Bini: giovane che ormai ben conoscono ed apprezzano i frequentatori di questo sito.   

 

 

Giulio Andreotti

 

di Federico Bini

 

Indro Montanelli scriveva nel 1970 di Andreotti : '' l'uomo è distaccato, (...) guardingo, a sangue ghiaccio.

Non c è pericolo che impenni sull'ostacolo. E' abituato ad aggirarlo, e lo dimostra la disinvoltura con cui ha regolarmente fatto le sue 'entrate'- ora da destra, ora da sinistra- che tanto hanno confuso gli osservatori. Come arma di riserva, dispone anche dell'umorismo. Andreotti è l'unico uomo politico italiano che ne possieda, e forse molto più di quanto mostra. (...). Andreotti non è un grande oratore: gliene mancano la rotondità e i voli. Ma è uno squisito parlatore, uno schermitore che assesta il colpo senza perdere mai la guardia, un agguerrito dèbatteur pieno di garbo e di cattiveria, cioè di una cattiveria corretta dal garbo. Ce n'è per tutti, amici e nemici, perchè in questo romano pontificio convivono in perfetta armonia un Monsignore e un Pasquino.

Nel 1984 Montanelli aggiungerà : ''... Andreotti non è soltanto furbo. E' intelligente. Anzi, intelligentissimo. Ma fino al punto di capire che il colmo dell'intelligenza consiste qualche volta nel  nasconderla sotto un'apparenza di mediocre piattezza. Andreotti, a questo piccolo sacrificio non si rassegna. Raccontano che lo stesso suo grande protettore De Gasperi, insospettito dalla sua intelligenza, parlando con lui, disse una volta ( credo a Scelba): ''questo è un ragazzo talmente capace a tutto che può diventare capace di tutto''.(...) Andreotti è un perfetto cardinale di Curia da Chiesa del Settecento, tutto cipria, parrucca ( e forca) senza speranza di Paradiso,nè timore d'Inferno ed entrato, per esorcizzarlo, in tale confidenza col Diavolo che aveva finito per somigliarli(...). Non so quali meriti o demeriti gli storici di domani attribuiranno ad Andreotti.

Ma nessuno di loro potrà disconoscere che in questi ultimi anni egli ha reso un servigio prezioso: quello di aver fornito agli italiani, vera o falsa, la chiave di tutti i loro misteri, e Dio sa se ce n'è.

Senza di lui non riusciremmo a spiegare nessuno. Il suo armadio è il più accogliente sacrario di tutti gli scheletri in cerca di autore circolati in Italia nell'ultimo ventennio.

E dobbiamo convenire che Andreotti si è sempre gentilmente e con molta grazia prestato ad accoglierli. Mai un lamento, mai una querela, mai nemmeno una piccola smorfia di rammarico o di dispetto. Anzi, per rendersi più credibile come Demonio, ne ha anche assunto certi aspetti esteriori: la parola sommessa, l'incedere felpato, gli abiti notturni''.

 

Scrivere di Andreotti non è facile, anzi è difficilissimo,primo perchè è difficile essere brevi, secondo perchè Andreotti non solo si può raccontare imbattendosi in un immensità di date, vicende e incarichi, ma anche perchè bisogna stare attenti ai racconti di chi lo ha amato, odiato, di chi gli è stato amico e nemico, ma anche qui è difficile alla fine arrivare veramente a capire che gli era amico e chi gli era nemico, poiché impensabili personaggi sono stati andreottiani eppure erano seduti nei banchi parlamentari di partiti opposti o insospettabili. Su di Lui hanno scritto di tutto e di più, ma alla fine credo che nessuno arriverà mai a capire chi sia Giulio Andreotti. Forse Moro lo aveva capito, Montanelli lo aveva intuito, ma loro se ne sono andati, Andreotti no, vive aspettando la sua ora e nel frattempo assiste, forse con un po' della sua ironia, nel vedere amici e rivali andarsene in silenzio. Forse è qui che sta il vero segreto andreottiano, ossia nella sua lunga esistenza, ed è da qui che dobbiamo partire per arrivare a descrivere il ragazzo un po' curvo che nel corso della sua vita ha fatto anche di questo una leggenda.

 

Nato a Roma il 14 gennaio 1919,nella Roma di Benedetto XV, nipote di un cappellaio di Segni, famiglia di modeste condizioni, ricorderà che ha patito la fame più di una volta e che ha studiato con la Borsa di orfano di guerra,   considerato dai bambini della sua età nipote del Vescovo, poiché lo vedevano sempre uscire dalla Cattedrale, a 14 anni era già il pupillo del parroco.

Ragazzo precoce, orecchie a sventola e spalle un po' curve, la madre lo rimproverava '' stai dritto con le spalle Giulio!'', carattere gelido e saggio, rispettato ed educato, più che un angioletto scrive Massimo Franco, dava l'idea di un'acqua cheta, parlava poco e ascoltava molto, impassibile e indifferente.

Scolaro diligente, ma che rientrava nella norma, riusciva bene in storia, italiano, greco , latino e religione, aveva sei ad educazione fisica, dieci in condotta.

Sognava di fare il medico ma costava troppi soldi e sua madre non poteva mantenerlo, poiché anche gli aiuti che passava lo stato non sarebbero bastati, così si ripiegò a dover scegliere se fare l'avvocato o il magistrato, la politica non era ancora nei suoi pensieri.

Diplomatosi, aveva molti sogni, tra cui quello di continuare a studiare all'Università , i soldi erano pochi ma si iscrisse.

Gli anni dell'Università saranno gli anni della Fuci e della maturazione.

Il 1940 sarà l'anno della sua formazione culturale e politica, incontrò molti ''vecchi popolari'', divenne amico di Giovan Battista Montini, futuro Papa Paolo VI. Erano gli anni del fascismo questi, gli anni in cui si faceva politica di nascosto rischiando la vita, Andreotti era nella Fuci, Federazione degli Universitari dell'Azione Cattolica, essi condividevano, letture sacre, partire a ping-pong, gite in montagna, antifascismo e cristianesimo.

L'Andreotti del 1940 e di oggi si sarà fatto una bella risata quando ripensa al famoso convegno della Fuci a Orvieto intorno al 1938, il tema discusso era '' Il messaggio cristiano come educazione di sicurezza e di fiducia'', relatore il Professore Giorgio La Pira.

Durante il convegno al quale partecipò anche Andreotti, si alzò un ragazzo romano molto giovane, studente di medicina. Egli disse al relatore : '' Caro La Pira, se noi oggi vogliamo tener fede al messaggio cristiano non possiamo viverlo in astratto, dobbiamo viverlo nella storia e attraverso la storia. Ma per far questo noi dobbiamo oggi adempiere in Italia a un dovere primario: combattere il fascismo''. La platea rimase gelata difronte a queste parole. Il giovane che pronunciò queste parole fu Adriano Ossicini, futuro professore, psicologo e politico, membro della Sinistra Cristiana.

Andreotti rimase colpito e confuso da queste parole tanto che gli si presentò dicendo a bassa voce : '' vorrei capire bene quello che hai detto''. Da allora non si sono più separati, e se la politica poi li divise, il tifo per la Roma li unì sempre di più.

Ma ''quel ragazzo che farà parlare di sé'' come disse Padre Agostino Gemelli, ebbe la sua svolta grazie ad un uomo che da allora divenne il suo esempio, il suo grande maestro, la sua guida.

Presentatosi alla biblioteca vaticana per approfondire gli studi sulla flotta dei papi, argomento al tempo molto prestigioso, il bibliotecario quando il giovane Andreotti gli chiese il volume, gli rispose fulminandolo : '' ma lei non ha niente di meglio da fare? ''.

Il ragazzo ci rimase molto male e gli rispose alzando la voce.

Andreotti non l'avrebbe mai immaginato ma quel bibliotecario di mezza età, così scontroso , era Alcide De Gasperi, il ''trentino prestato all'Italia'', che avrebbe segnato per sempre la sua esistenza.

Era il 1940, Andreotti inizia la sua inesorabile carriera, Aldo Moro lascia la presidenza della Fuci, il giovane Giulio ne diviene presidente, alcuni ragazzi a lui ostili cominciarono a chiamarlo ''Giulietto'' e aggiungevano che aveva fatto le scarpe a Moro, lui non si preoccupò di tali critiche, ferreo delle sue scelte, deciso e convinto di come agiva, non si preoccupò nemmeno troppo quando un dottore-ufficiale gli disse '' Lei ha ancora sei mesi di vita'',per Andreotti fu quasi una fortuna sentir pronunciare quella frase poiché riuscì ad evitare di entrare nel Collegio militare.

Gli anni della sua gioventù sono anche gli anni delle amicizie illustri con futuri coetanei altrettanto illustri, proiettati ad essere i futuri protagonisti della scena politica e culturale italiana, come Franco Rodano, Silvia Pintor, Fedele D'Amico.

Il 16 aprile 1946 Andreotti, sposò Livia Danese, la compagna di una vita, alla quale chiese di sposarlo nel Cimitero del Verano.

L'Italia era appena uscita dalla guerra, la fame, la miseria, le malattie, la povertà erano le sfide da vincere.

De Gasperi si insediò a Palazzo Chigi nel dicembre del 1945 ed il 31 maggio 1947 per Andreotti inizia l’esperienza governativa: è nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e

vicino a sé volle Franco Evangelisti, l'amico di gioventù che gli curerà le campagne elettorali e che sarà fino al 1992 il suo braccio destro e uomo ombra, poi le vicende di corruzione porranno fine a questo stretto e intenso legame.

Proprio Evangelisti sarà l'artefice delle numerose preferenze che Andreotti otteneva, e a Giampaolo Pansa una volta disse : '' Noi democristiani siamo i migliori cacciatori di preferenze: avveduti, tenaci, bravi''.

Lasciò il sottosegretariato nel 1954 con la caduta del Governo Pella.

Da allora sette volte Presidente del Consiglio (guidò il Governo di '' solidarietà nazionale'' durante il rapimento Moro e il Governo della non-sfiducia), otto volte ministro della Difesa, cinque volte ministro degli Esteri, tre volte ministro delle Partecipazioni Statali, due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio, dell'Industria, una volta ministro del Tesoro,dell'Interno, ministro dei beni culturali ( ad interim)e ministro delle Politiche Comunitarie.

Presente all'Assemblea Costituente, dal 1948 in Parlamento, dal 1992 Senatore a vita, è stato il più longevo Ministro degli Esteri, dal 1983 al 1989.

Solo dal 1968 al 1971 non svolse alcun ruolo istituzionale. Ebbe numerosi incarichi e riconoscimenti come la Presidenza del comitato organizzatore delle Olimpiadi di Roma del 1960.

 

La sua vita è nel bene o nel male la storia politica italiana dal 1945 a oggi.

Egli ha ricoperto tra i più importanti ruoli istituzionali per oltre mezzo secolo, ha vissuto le vicende più oscure e irrisolte della nostra storia, era l'uomo minuto che tanto piaceva alle signore anziane che fu sottoposto a giudizio per i reati di collusione con la mafia,di cui non è stato pienamente assolto (eventuali reati per fatti contestati prima del 1980 sono andati in prescrizione), fu accusato di essere coinvolto nell'omicidio Pecorelli, amico di Michele Sindona, Andreotti fu considerato da alcuni a capo della Loggia P2 , al di sopra persino del Venerabile Gelli, accusato di aver fatto modificare il dossier relativo al golpe Borghese, la figura dell'onorevole Andreotti appare tutt'oggi enigmatica e misteriosa.

 

Rino Formica , esponente socialista, ex craxiano parlava così di Andreotti: '' più passa il tempo, e più mi convinco che Andreotti è un extraterreno. Noi socialisti l'abbiamo sempre giudicato sulla base dei fatti: questo è un bene, questo è male.

Non avevo colto la sua appartenenza a un filone culturale e di pensiero che ha reso immortale la Chiesa. In cui ci sono duemila anni di storia. Ci sono il sacrificio di Cristo, la papessa Giovanna, i Borgia, l'Inquisizione, la diplomazia''.

Andreotti,non è un extraterreno, ma non è nemmeno un uomo qualunque, è Giulio Andreotti, è un sopravvissuto,come sta scritto nella sua biografia ben curata fatta da  Massimo Franco,è colui che ha vissuto due guerre mondiali, il fascismo, sette papi, la monarchia, la prima repubblica, la seconda repubblica e sei processi per mafia. Amico di pontefici, capi di Stato, suore, bancarottieri, mendicanti, dittatori, attrici, pittori, calciatori, collusi con la mafia, ladri, burocrati e contadini.

 

Andreotti è questo, è l'Italia nascosta che finge di essere un altra, è l'Italia del potere, delle trame di  Palazzo, delle manovre segrete, del clientelismo e della carità.

Andreotti è un gesuita settecentesco, così lo definì Scalfari nel 1976, è l'uomo che ha pianto tre volte in vita sua, è goloso di gelati, ma è anche e soprattutto il potere, è un politico machiavellico, è un luciferino,è l'uomo che pur con una corrente minoritaria controllava la potente Dc,un regnante assoluto, il suo ''regno'' è più lungo che di quello della Regina Elisabetta II, temuto dalla grande finanza, 'ministro degli esteri della Santa Sede', è  colui che una volta arrivò a dire che '' le cose in cui credo le dico male ma non malissimo''.

Andreotti è filo americano, bisogna essere amici dell'America non sull'attenti ma sul riposo, ma nello stesso tempo era amico di dittatori.

Egli era colui che come racconta Montanelli '' quando De Gasperi e Andreotti andavano a Messa, De Gasperi parlava con Dio, Andreotti con il prete'', ed Egli rispondeva ironicamente '' i preti votano''.

'Genio della politica',pigro, teatrale,fulminante, eterno,cinico,tenace,enigmatico, misterioso, appare indifeso, gracile,buono,sempre pronto al compromesso, ironico, con la battuta pronta, ai tempi delle Brigate Rosse, una vigilia di Natale lo chiamarono al telefono di casa e gli dissero '' domani la uccidiamo '' e Andreotti rispose ''bene, così passerò un santo Natale in pace''.


Andreotti era colui che odiava Craxi, troppi differenti erano i due, eppure furono costretti ad allearsi, e durante la crisi di Sigonella del 1985  Andreotti versò pure l'acqua nel bicchiere al Presidente del Consiglio socialista che stava parlando in Parlamento. Anche questo era Andreotti, l'uomo potente dai piccoli gesti, che davano sempre un messaggio preciso.

''Andreotti è  elegante,ineffabile, gelido, multiforme. E' una volpe. Ma prima o poi tutte le volpi finiscono in pellicceria''. Fu questa la famosa frase che pronunciò Bettino Craxi contro di Lui.

Ma anche in questo caso a vincere fu Andreotti.

Soprannominato Belzebù,il Papalino, il Cardinale laico, il Gobbo, il Divo Giulio, Giulietto, L'Ultimo dei Mandarini, Zio Giulio, Zù Giulio, l'indecifrabile,il Caro Giulio, Giulio II.

Ha fatto delle sue battute e delle sue frasi un'epoca: '' A me piace pregare'' disse a Craxi '' ma il San Benedetto che prego è di Norcia, non di Milano''.  '' Tra il vero e il falso c'è sempre una via di mezzo, che significa dire soltanto una parte della verità''. '' A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina''. ''Il potere logora chi non ce l'ha''( Tolleyrand) .    


''C'è qualcuno che ha cercato di seppellirmi prima. Qualcuno nel frattempo è anche morto e prego per lui''. ''La cattiveria del buoni è pericolosissima''. ''A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente tutto''. ''L'umiltà è una virtù stupenda. Ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi''.

Potremmo proseguire così per oltre mezzo secolo.

 

Ma la vita del Divo Giulio non è solo di potere, Chiesa e politica, è anche la vita di un uomo che ha vissuto tristezze e malattie.

La depressione della moglie Livia, il suo tumore, la perdita della corsa per la Presidenza della Repubblica nel 1992, quando ormai tutti lo davano Presidente in pectore, ma l'attentato a Falcone scosse il mondo politico e Andreotti, era la mafia a non voler coronare la carriera di Andreotti o uomini a lui vicini che vollero usare mezzi e mafiosi per sconfiggerlo? Quanta storia e quanta leggenda si fondono in queste domande, in fondo la vita di Andreotti vive tra storia, leggenda ed enigmi irrisolvibili.

 

Non è il potere che fa l'uomo o che può renderlo felice, è l'amore.

Giulio Andreotti nella sua grande carriera e nei suoi lati oscuri può vantare un primato solitario ma non so quanto sia stato veramente felice.

Resta l' immagine di un uomo che solo Dio saprà giudicare,di Lui possiamo  ammirare la lucidità, la fermezza nei momenti giusti, l'umorismo, la lungimiranza, la saggezza, i comportamenti istituzionali, almeno in apparenza, ma per quanto riguarda la moralità non so fin dove possiamo ammirarlo o anche se possiamo sarà molto difficile.

La vita di Andreotti è dunque una parabola politica che tutt'oggi lo sostiene nel suo mito, il rimpianto è che un giorno con la sua morte se ne andrà una parte di quelle verità che non potremmo mai più conoscere.

Forse l'unico dei tanti segreti di Andreotti che possiamo svelare è quello della sua lunga esistenza,  scriveva infatti nell'ottocento lo scrittore e filosofo russo 

Dostoevskij ''Il segreto dell'esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive''.

Andreotti questo lo sa bene.

 

Lucca, 14 gennaio 2011

 

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