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La Fiom dimentica i giovani

di Domenico Naso

Ci sono scelte dolorose ma ineluttabili, pena l’esclusione dalla modernità

Il sindacato, qualsiasi sindacato, può svolgere un ruolo importante nel dibattito pubblico di una democrazia. Lo sappiamo, è così. Nonostante i nostri mugugni quando si fermano i mezzi pubblici o quando incrocia le braccia questa o quella categoria, siamo consapevoli che le rivendicazioni sindacali hanno una loro specifica ragion d'essere, a tutela dei lavoratori. Detto questo, ci sia permesso adesso di storcere un po' il muso per quanto riguarda la vertenza che vede protagonisti la Fiat da un lato e la Fiom dall'altro, sul referendum che decreterà il destino di una realtà industriale fondamentale per il nostro paese quale è lo stabilimento di Mirafiori.

Sergio Marchionne ha posto delle questioni di stringente attualità, ha chiesto a tutti, lavoratori inclusi, un coraggio ineluttabile, figlio dei tempi e necessario per affrontare le sfide dell'economia globale. Sono scelte dolorose, a volte, ma inevitabili. E la Fiom, piuttosto che ingabbiare i lavoratori in steccati ideologici di novecentesca memoria, dovrebbe raccogliere la sfida e confrontarsi con le imprese sul campo della competitività e della produttività. Dovrebbe farlo, innanzitutto, perché non c'è altra scelta, perché lo scenario internazionale è pieno di attori nuovi pronti a soppiantare le farraginose realtà italiane e privare il nostro paese di alcuni asset industriali fondamentali. E poi, diciamocelo, la Fiom dovrebbe farlo anche per rispetto nei confronti di chi, precario davvero, ogni giorno lotta strenuamente per garantirsi una vita quantomeno decente. I giovani innanzitutto, ai quali già da qualche anno è stato chiesto di scendere a patti, di accettare compromessi dolorosi ma necessari, di confrontarsi con la nuova impostazione flessibile del mondo del lavoro. Lo hanno fatto, lo abbiamo fatto, perché dovevano e perché volevano. Dovevano, perché l'alternativa sarebbe stata una disoccupazione senza soluzione di continuità, visto che ormai il posto fisso era andato a farsi benedire. Volevano, perché hanno saputo modernizzare attitudini, competenze e aspettative.

Ecco, Landini e Cremaschi, prima di alzare l'ennesimo muro, dovrebbero pensare ai giovani. Dovrebbero immedesimarsi in un trentenne italiano qualsiasi che il contratto proposto da Marchionne lo firmerebbe di corsa, a occhi chiusi, con il sangue. Alcune degenerazioni di un certo mondo sindacale, già in passato hanno provocato danni ingentissimi al nostro sistema produttivo. Oggi, nel 2010, a più di vent'anni dalla caduta del muro, a più di quarant'anni dall'autunno caldo, speravamo che tutto ciò fosse finito nel cassetto dei ricordi.

Lo speravamo soprattutto noi giovani, proprio perché, come dicevamo, siamo stati i primi ad adeguarci al nuovo mondo che cambiava. Abbiamo cercato nuovi spazi intellettuali, culturali e professionali, abbiamo viaggiato, abbiamo fatto i barman a Londra o a Madrid pur di studiare, migliorare, tornare in Italia e mettere al servizio del paese, spesso sottopagati, le nostre competenze. Abbiamo fatto i Marchionne ben prima di Marchionne. E oggi che l'industria italiana sembra aver capito l'antifona, il sindacato dovrebbe comportarsi di conseguenza. Firmate quel contratto, votate quel referendum. Fatelo per noi giovani. Fatelo per i vostri figli.

(da Ffwebmagazine - 11 gennaio 2011)

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