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Craxi e quella scomoda riabilitazione

di Fulvio Mandriota - Circolo "Liberta' e partecipazione"

In questi anni qualcuno ha avuto la forza di rompere il muro del silenzio riaprendo una discussione sul periodo cosiddetto di Tangentopoli e con essa la vicenda di Bettino Craxi.
Oggi il Presidente Giorgio Napolitano ha avuto parole di riconoscimento per l’opera dello statista Bettino Craxi, e allora chiedo perché la sinistra odierna non ha lo stesso coraggio di Piero Fassino che, in una sua intervista al quotidiano “la Stampa”, ha affermato nel 2009: “Craxi è stato un capro espiatorio, quindi è inaccettabile dipingerlo come un criminale”. Fassino ha definito Craxi “un politico della sinistra nel solco della politica riformista” e ha poi fissato un concetto importante e cioè, che per colpa del clima di quegli anni e al di là delle possibili responsabilità penali di Craxi, la dimensione giudiziaria ha finito per sovrastare la riflessione politica.

 

Ecco, è da questa corretta versione “revisionista” di Fassino che vorrei provare ad aprire una riflessione serena, possibilmente non capziosa, né di parte. So bene che, purtroppo oggi, si respira nel dibattito politico generale un clima (quasi) da guerra civile, ma chi allora fu dirigente del Psi lucchese può essere autorizzato a tentare un dialogo con chi ha voglia di ragionare, senza risse, sulla via del riformismo e nell’interesse di un Paese che deve uscire dalle secche della crisi. Quindi chiedo se non sia giusto recuperare con Craxi un patrimonio politico e domando, dopo trent’anni dal crollo del muro di Berlino, se non vadano apprezzati gli sforzi di uomini come Fassino che regolano i conti con la loro storia e si adoperano per ricucire lo strappo con quei socialisti democratici che per la stragrande maggioranza non hanno condiviso la sua scelta nel centrosinistra.
Fassino, infatti, ma anche altri all’epoca dei fatti hanno reso giustizia alla realtà. Dirà Giovanni Pellegrino, allora presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato: “Noi della sinistra consentimmo che venisse cancellato l’istituto dell’autorizzazione a procedere, strumento a tutela dell’autonomia del potere politico rispetto al potere giudiziario. E si aprì la strada alla mattanza di partiti di governo. Avevamo una sponda al Quirinale, e l’ansia di raccogliere i frutti sul piano elettorale era tale che facemmo in modo che quel Parlamento venisse sciolto anticipatamente”. Oggi non a caso molti sono impegnati a chiedere la reintroduzione dell’autorizzazione a procedere, ritenendola necessaria.
Anche recentemente lo storico Giuseppe Tamburrano ha sottolineato che “si possa ritenere sufficiente consolidare ciò che è in qualche modo acquisito, ovvero la rivalutazione del Craxi rivalutabile, per recuperare tutta la diaspora socialista, ciò, quindi, sulla scia dell’operazione politica che si intravede nei giudizi espressi da Piero Fassino nel suo ultimo libro».

Di quei momenti ricordo, come componente di una giunta dimissionaria nel 1993 dell’Amministrazione Provinciale di Lucca, il clima di colpevolezza che ci afflisse tutti al punto di ‘scappare’ (in primis l’allora presidente Licheri) davanti alla gogna mediatica, pur avendo la coscienza pulita.
Ricordo con rabbia l’arresto del collega di giunta e partito, Renato Bertozzi, portato via in manette da Palazzo Ducale e successivamente assolto dai giudici, ucciso poi da un male incurabile e mai riabilitato.
Apprezzo moltissimo, infine, l’analisi fatta da Ciriaco De Mita, appena pochi giorni fa, quando ha sottolineato che in quegli anni novanta “nessuna delle forze politiche né i vertici istituzionali risposero al drammatico intervento del segretario socialista a Montecitorio”, e riconosce che, “all'epoca, grandi statisti proprio non se ne videro”.

Lucca, 7 gennaio 2011
Fulvio Mandriota - Circolo Libertà e Partecipazione

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