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Meno di due ore fa, il governo Berlusconi ha ottenuto anche la fiducia della Camera dei Deputati: 314 voti a favore, 311 voti contro.
In precedenza, aveva ottenuto la fiducia del Senato, il cui esito era delresto scontato, con 162 voti favorevoli e 135 contrari.

Una vittoria sicuramente importante per il governo ed una pesantissima sconfitta per Gianfranco Fini.

Tuttavia tanti nodi andranno sciolti, primi fra tutti l'allargamento della maggioranza e la ridefinizione del programma di governo per il proseguo della legislatura.

A mio modo di vedere, penso poi che il PdL non possa esimersi dal prendere finalmente coscienza della necessita' di riflettere seriamente sulla propria natura, sul suo modo di essere, insomma sul proprio dna, al fine di imboccare la strada che lo porti a diventare un vero partito, coerente con i propri ideali, organizzato con criteri che sappiano conciliare efficienza, modernita' e partecipazione.

Sarebbe un grossolano errore se si sottovalutassero le ragioni che hanno portato alla crisi che oggi e' stata, se pur di misura superata.
Se lo scontro con Fini e' stato l'ultima e piu' drammatica pagina della crisi, altre e complesse ragioni di disagio si muovono, diciamo piu' sottotraccia, ma di tale importanza da imporsi, per una classe politica attenta e lungimirante, quale dato attorno a cui costruire un serrato confronto ed un profondo ed articolato ragionamento politico.

Infatti, le ragioni della crisi partono da lontano e affondano le radici in un senso di delusione e di smarrimento complessivi della societa' italiana.
Su questo si dovra' riflettere senza facilonerie, con umilta', con la capacita' di mettere e mettersi in discussione.

Scorrendo gli interventi svoltisi in occasione della fiducia nei due rami del Parlamento, particolarmente centrato mi e' apparso quello pronunciato dal Senatore Marcello Pera.
Un intervento che, se pur nella sua sinteticita', mi pare denso di dati politicamente importanti, sicuramente capaci di costituire punti di partenza di un ragionamento politico.

Fucinaidee lo mette integralmente a disposizione dei suoi lettori.

Paolo Razzuoli

Intervento del Senatore Marcello Pera, pronunciato nell'Aula del Senato il 13 dicembre 2010

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio,

se uno per sua scelta si fosse allontanato da questo Paese per un po' e fosse sbarcato questa mattina e avesse ascoltato con attenzione la sua relazione, avrebbe capito che il Governo è in crisi (se formale oppure non formale è questione che sarà chiara domani), ma onestamente non avrebbe capito dalla sua relazione le ragioni di questa crisi.

Il suo discorso questa mattina è stato infatti di apertura suadente, di promesse, ma non è stata fatta alcuna menzione di cause, di circostanze, di luoghi, di nomi propri. Né c'è stato nelle sue parole, né nel seguito del successivo dibattito alcun pathos, come se quella di oggi fosse una delle tante pratiche che il Senato evade ogni giorno.

Se mi permette, signor Presidente del Consiglio, vorrei allora non dico integrare, ma commentare la sua relazione introducendo alcuni miei concetti. Il primo è il concetto di anomalia. Mi riferisco in questo caso ai colleghi della sinistra.

Il suo Governo è in crisi, ma la crisi del suo Governo non dipende dagli sforzi della sinistra e se il suo Governo entrasse anche formalmente in crisi la sinistra non ne sarebbe beneficiaria. Questa è un'anomalia, colleghi.

Ed è un'anomalia che si ripete dal 1989. Qui c'è il dramma storico di una classe dirigente. La classe dirigente del Partito Comunista Italiano nel 1989 era composto da giovani quarantenni. Oggi quei giovani hanno 50 anni , ma sono ancora i vostri dirigenti. Non si dice l'età delle signore!

In questo frattempo non avete elaborato un'idea d'Italia, un'agenda politica, non avete neanche preparato o potuto preparare una nuova classe dirigente. Ciò vi ha costretto a nascondervi, a camuffarvi, a chiedere aiuto come in questa circostanza. Chiedete aiuto all'onorevole Casini, all'onorevole Fini a chiunque purché essi facciano quello che voi non siete in grado di fare, cioè facciano cadere un Governo.

Credo che questo sia un fatto grave per la democrazia perché, quando anche il popolo italiano lo volesse, ed io penso che non lo voglia, ma quando anche il popolo italiano lo volesse non troverebbero in voi quell'alternativa che dovrebbe essere invece normale.

Il secondo concetto che vorrei introdurre è il concetto di irresponsabilità cui lei ha fatto riferimento nella sua relazione questa mattina, onorevole Presidente del Consiglio. Signor Presidente del Senato, fino a qualche tempo fa in quest'Aula era perfino proibito (si veniva richiamati all'ordine) menzionare il Presidente della Camera dei deputati.

Di solito non veniva fatto, ma i tempi sono cambiati ed evidentemente lo sono perché il Presidente della Camera è il segretario di un partito che usa la Presidenza della Camera a scopo del suo partito.

È una deformazione, una violazione gravissima della Costituzione italiana ed è un punto su cui anche la sinistra - ecco che si nasconde ancora - avrebbe dovuto intervenire perché questa violazione sistematica, anche arrogante e supponente, del Presidente della Camera costituisce precedente.

D'ora in poi chi andrà a presiedere la Camera si sentirà autorizzato a fare e disfare i partiti, a criticare il Governo, ad intervenire sulle decisioni della maggioranza, a modificare il Calendario. È un fatto istituzionale gravissimo, di grave irresponsabilità.

A questa irresponsabilità ne aggiungo un'altra che non è istituzionale, ma politica. L'onorevole Fini, qualunque cosa succeda tra oggi e domani, a me sembra che abbia già perduto una sua partita politica perché se non riuscirà formalmente a far cadere questo Governo avrà perduto autorità politica; se riuscirà a far cadere questo Governo passerà alla storia come uno dei tanti trasformisti che la storia unitaria italiana ha prodotto da oltre un secolo a questa parte.

Il trasformismo di chi si presenta alle elezioni da una parte e durante l'esercizio del mandato, nel suo caso addirittura della sua funzione, si sposta da un'altra. Che cosa dirà l'onorevole Fini quel giorno in cui finalmente si dovrà presentare davanti agli elettori? Dirà che aveva già sciolto due partiti e che ne vuole fondare un altro, un terzo, dopo averne appena ieri cofondato uno?

Dirà l'onorevole Fini che si può diventare presidenti del Consiglio per una manovra di carattere parlamentare, ancora oggi, in Italia, nel 2010, senza passare all'esame degli elettori? Oppure l'onorevole Fini si appellerà alla sua agenda politica. Qual è?

Chiedo scusa, ma l'onorevole Fini mi sembra veramente un dirigente della sinistra, perché io non ho sentito idee strategiche particolari da parte sua che non siano la esatta sistematica negazione delle idee che aveva il giorno prima.

Si comincia con la Bossi-Fini? Oggi il voto agli immigrati. La famiglia? Oggi le coppie omosessuali. L'Europa cristiana? Noi ci siamo trovati di fronte ad un manifesto firmato Fini e Granata sull'Europa pagana. C'è scritto proprio così: «pagana».

Si comincia prima con il presidenzialismo? L'onorevole Fini ha messo in discussione anche questo. Il bipolarismo? L'onorevole Fini ha rimesso in discussione anche questo. Quali sono le idee strategiche per l'Italia dell'onorevole Fini? Questo a me sembra irresponsabile.

Si possono fare tutte le battaglie politiche all'interno di un partito, si può essere insoddisfatti, si può fare lotta politica per sostituire un leader con un altro, ma bisogna avere un minimo di coerenza sui principi. Qual è la coerenza sui principi dell'onorevole Fini?

Terzo concetto. Il paradosso. Qui veramente dovrei fare un altro nome proprio, signor Presidente del Consiglio. A quello dell'onorevole Fini dovrei aggiungere quello dell'onorevole Casini, ma, come lei forse sa, e penso che lo sappia meglio di me, l'ermeneutica del pensiero politico dell'onorevole Casini è molto più difficile dell'ermeneutica biblica.

Qui, infatti, c'è il paradosso. Coloro che tra oggi e domani vogliono far cadere il suo Governo hanno così tanta forza delle proprie opinioni che stanno già negoziando per un Governo Berlusconi-bis che sarebbe come dire: «Un Berlusconi non ci va bene, piuttosto due mezzi». Questo è. È una situazione paradossale. Si vuole una crisi di un Presidente del Consiglio per sostituirlo con se stesso.

Ma qui mi fermo, signor Presidente, perché vorrei introdurre un altro concetto a cui non do un nome. Provi lei. C'è un'altra cosa che a me preme molto di più. Le crisi di Governo, come lei sa, precipitano per cause prossime ma maturano per cause remote e io penso che la causa remota dell'attuale crisi di Governo, o di questa situazione di crisi dell'attuale Governo, risalga al 1993-1994, quando lei creò grandi aspettative in questo Paese e fece grandi promesse.

Io non credo, signor Presidente (glielo dico con molto rammarico) che queste aspettative siano state soddisfatte, queste grandi promesse siano state mantenute. È a causa delle mancate riforme se lei oggi si trova a fare questa discussione surreale. Lei è un Presidente del Consiglio che non può cambiare un Ministro; lei è un Presidente del Consiglio che non può chiedere le elezioni; lei è un Presidente del Consiglio che deve addirittura, per prassi instaurata dagli ultimi Capi dello Stato, negoziare con il Presidente della Repubblica i disegni di legge.

Queste riforme erano riforme della Costituzione. Non sono state mai fatte. Non sto a parlare della riforma del sistema giudiziario, perché già altri sono intervenuti in merito.

Ho l'impressione, signor Presidente, che queste riforme lei le abbia promesse e poi le abbia più minacciate che realizzate. Vorrei ricordarle un dato storico: nel 1993-1994 non fu soltanto un grande voto popolare che la investì di fiducia contro le aspettative di tutti.

In quei giorni una buona parte della borghesia dell'impresa, della produzione, della cultura votò per lei anche se non lo diceva esplicitamente, quasi se ne vergognasse; aspettava un cambiamento del sistema politico, aspettava una minore oppressione anche fiscale dello Stato, aspettava perfino - quella borghesia - una rigenerazione morale.

Credo, signor Presidente, che a quell'appuntamento lei sia ancora oggi in ritardo. Ce la farà prima della fine della legislatura a recuperare quel ritardo? Io lo auguro all'Italia.

Per questo motivo e con questo residuo di speranze, signor Presidente, le do la mia fiducia, anche perché su questo punto concordo veramente con l'onorevole Fini: lei ancora oggi è la migliore alternativa a se stesso e, se non è la migliore, è l'unica.

14 dicembre 2010

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