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MA IL DISCORSO DELL’ON. DI PIETRO NON L’HA LETTO O SENTITO NESSUNO?

 

Di Luigi Pinelli

 

Come è possibile, se qualcuno l’ha letto o ascoltato, che il discorso tenuto alla Camera dei deputati nel giorno di mercoledì 29 settembre u.s. dall’on. Antonio Di Pietro sia finito nel dimenticatoio subito dopo le solite, poche  e deboli reazioni di rito suscitate nella immediatezza?

Ma davvero, dato che molti sono soliti affermare che il “Parlamento è lo specchio del Paese”, dovremmo pensare che un discorso siffatto rientri pienamente nella normalità quotidiana della società civile e che i rapporti interpersonali, nelle famiglie, nei condomini, nelle strade, negli uffici, negli stadi e in qualsiasi luogo o momento di ritrovo, possano essere improntati alla stessa dialettica?

Qualcuno probabilmente dirà che di fronte a certe esternazioni la migliore difesa è il silenzio, per non portare acqua al mulino dell’avversario, ovvero, evidentemente, che in politica si usa così.

Per chi non ha mai fatto politica ma ne ha seguito gli sviluppi negli ultimi cinquant’anni, il fatto che un discorso con frasi e parole mai ascoltate in precedenza sia stato archiviato con tanta rapidità         (forse con dispiacere anche per colui che l’ha pronunciato) resta invece francamente un mistero meritevole di qualche riflessione.

Perché, mentre si dedicano articoli (ospitati, ahimè, anche ne “La fucina”) e dibattiti televisivi ad una sgangherata, sciocca, riprovevole, ma sostanzialmente innocua barzelletta, utilizzata peraltro in un incontro occasionale e privato o semi-privato, per lamentare giustamente che “c’è una cultura della battuta a ogni costo che ha preso piede e fa brutta la nostra politica” e per sottolineare, anche troppo scontatamente, che “su questo tanti dovrebbero tornare a riflettere”, si lascia poi senza repliche adeguate una “intemerata” (dizionario Gabrielli: rimprovero lungo e minaccioso), consumatasi nell’arengo della moderna democrazia, oggettivamente di ben altra complessità e di ben diverso rilievo, se non per l’aldilà, quanto meno per il corretto svolgimento della funzione politica e per i destini terreni della comunità nazionale?

Anche se non sia da escludersi che la fulminea archiviazione della vicenda sia frutto non tanto o non solo di semplice ignoranza quanto di manovre volutamente mirate, il vulnus comunque arrecato alla informazione merita quanto meno, prima di qualsiasi osservazione ulteriore, la riproposizione alla attenzione di tutti sia del testo (tratto da internet) integrale del discorso dell’on. Di Pietro, completo delle interruzioni e degli interventi del Presidente dell’Assemblea, che delle principali disposizioni con cui deve misurarsi la materia di cui trattasi.

 

Il testo del discorso

 

DI PIETRO. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, bando alle ipocrisie. Lei ha chiesto la fiducia perché questa estate una parte della coalizione politica che l’ha indicata come Presidente del Consiglio ha lanciato la questione morale che riguarda la sua persona. Quindi, oggi la fiducia che dobbiamo dare è alla sua persona. Il Paese deve sapere, cioè, se di lei ci si può fidare o meno. Ed è di lei, quindi, che dobbiamo parlare, Presidente del Consiglio.

Lei è uno spregiudicato illusionista (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), anzi è un pregiudicato illusionista (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), che anche oggi ha raccontato un sacco di frottole gli italiani, descrivendo un’Italia che non c’è e proponendo azioni di Governo del tutto inesistenti e lontane dalla realtà.

Fuori da qui c’è un Paese reale che sta morendo di fame di legalità e di democrazia (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Lei è venuto qui in Parlamento a suonarci l’arpa della felicità, come faceva il suo predecessore Nerone nel mentre Roma bruciava (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania) e rideva come ride lei in questo momento, mentre i suoi amici barbari padani vogliono mandare al rogo, insieme alla bandiera, anche l’unità d’Italia (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania – Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

Sono sedici anni che lei, Presidente Berlusconi, racconta frottole, ma le uniche cose che ha saputo fare finora sono una miriade di leggi e provvedimenti per risolvere gli affari e i guai giudiziari suoi e dei suoi amici della cricca, di cui lei è il capo piduista. Anzi, lei è capace ed è bravissimo a fare anche un’altra cosa e lo ha dimostrato ancora una volta oggi: comprare il consenso dei suoi alleati ed anche dei suoi avversari (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano).

I primi sono letteralmente pagati con moneta sonante, con incarichi istituzionali, con candidature e ricandidature di favore               

I secondi sono ricattati con sistematiche azioni di dossieraggio e killeraggio politico, di cui lei è maestro. Sì, perché lei, signor Berlusconi, è un vero maestro. Intendo dire maestro di massoneria deviata, che ha inteso? Un piduista di primo e lungo corso, un precursore della collusione e della corruzione di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).  Anzi, di più, lei è l’inventore di una corruzione di nuovo conio, più moderna e spregiudicata. Lei cambia le leggi in modo da non far risultare più reato quello che prima lo era e da non rendere più punibile il comportamento di chi prima doveva essere condannato. Insomma, si è guardato allo specchio! Certo, lei, signor Berlusconi, non è un Presidente del Consiglio, ma è uno stupratore della democrazia (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Uno stupratore che dopo lo stupro…

 

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego di usare un linguaggio consono a quest’Aula.

 

DI PIETRO. …si è fatto una legge, anzi una ventina di leggi ad personam, per non rispondere del suo stupro. Lei non è, come l’hanno definita, uno dei tanti tentacoli della piovra. Lei è la testa della piovra politica che, in questi ultimi 20 anni, si è appropriata delle istituzioni in modo antidemocratico e criminale per piegarle ai suoi interessi personali e a quelli dei suoi complici, quelli della setta massonica deviata di cui lei fa parte (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Lei oggi ci ha parlato della volontà del Governo di implementare la lotta alla corruzione, all’evasione fiscale, alla criminalità economica delle cricche.

            Che fa, si arresta da solo o ha deciso di prendersi a schiaffi tutte le mattine quando si alza e si guarda allo specchio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)? Lei si è impossessato e controlla il sistema bancario e finanziario del Paese…..

CARLA CASTELLANI. Buffone!

DI PIETRO. …lei controlla le nomine degli organi di controllo che dovrebbero controllare il suo operato, lei fa il Ministro dello sviluppo economico e, come tale, prende decisioni a favore del maggiore imprenditore italiano, cioè lei. E quando dico maggiore, dico il maggiore imprenditore, non il migliore, come maggiore e non migliore è l’imprenditoria mafiosa (Commenti dei deputati dei gruppo Popolo della Libertà). A lei non interessa nulla del bene comune, perché si è messo a fare politica solo per sfuggire alla giustizia per i misfatti che ha commesso. Lei si è impossessato dell’informazione pubblica e privata e la manipola in modo scientifico e criminale.

 

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego di usare termini che siano consoni al luogo in cui si trova. È ammessa ogni espressione, ma non può essere tollerata l’ingiuria (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Futuro e Libertà per l’Italia).

 

DI PIETRO. Signor Presidente, non è un’ingiuria, ma è la verità! Un esempio? La casa di Montecarlo venduta da Alleanza Nazionale. Lei e i suoi amici dell’informazione… (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Prego i colleghi della parte destra dell’emiciclo di non disturbare l’onorevole Di Pietro.

DI PIETRO. …avete fatto finta di scandalizzarvi nell’apprendere che dietro quella compravendita c’è una società offshore situata in un paradiso fiscale. Ma si guardi allo specchio, imputato Berlusconi (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Lei di società offshore ne ha fatte ben 64, proprio per nascondere i proventi dei suoi reati societari e fiscali e per pagare tangenti ai politici e ai magistrati (Commenti del Presidente del Consiglio dei Ministri)!

 

PRESIDENTE. Onorevole Presidente del Consiglio, ho già richiamato l’onorevole Di Pietro ad usare un linguaggio consono a quest’Aula. Onorevole Berlusconi…

 

DI PIETRO. Lo ha fatto ricorrendo a quell’avvocato inglese, David Mills. Lei ha fatto ben 64 società offshore, pagando un avvocato inglese, Mills, condannato per essere stato a sua volta da lei corrotto per mentire ai giudici e così permetterle di ottenere un’assoluzione comprata a suon di bigliettoni. Già, perché la magistratura che lei ha corrotto, quella a lei piace.

 

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la richiamo all’ordine.

 

DI PIETRO. Invece, quella che non le piace è la magistratura che vuole giudicarla per ciò che ha fatto. Tant’è vero che, al primo punto del programma che non c’è, lei ha chiesto di reiterare il lodo Alfano…(Vive proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

DI PIETRO. …che deve assicurarle l’impunità per un reato…

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi ricordo che siamo in collegamento televisivo diretto. Invito tutti, a partire dall’onorevole Di Pietro, ad usare un linguaggio consono a quest’Aula e prego la parte destra dell’emiciclo di mantenere la calma. Non è uno spettacolo che il Parlamento può dare all’Italia. È chiaro che, di quello che sta dicendo, l’onorevole Di Pietro se ne assume la piena responsabilità in quest’Aula e davanti agli italiani. Prego anche i colleghi della parte destra dell’emiciclo di assumersi la responsabilità del loro comportamento (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Prego, onorevole Di Pietro, concluda.

 

DI PIETRO. Signor Presidente, può stare certo che noi dell’Italia dei Valori ci assumiamo la responsabilità di quello che diciamo. Questo è il ritratto che noi dell’Italia dei Valori abbiamo di lei, signor Berlusconi, e lei chiede a noi la fiducia? Lo chieda a quelli che ha comprato e ricattato! Lo chieda ai parlamentari, che finalmente si sono resi conto che avevano e che hanno a che fare con una persona del suo calibro e che non hanno il coraggio di dissociarsi dal macigno immorale che rappresenta; lo chieda a tutta quella pletora di disperati che in questi giorni ha convocato a casa sua per offrire loro prebende e per minacciare imbarazzanti rivelazioni… (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

 

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la richiamo all’ordine per la seconda volta.

 

STEFANO STEFANI. Fuori!

DI PIETRO. …e che ora, da improvvisa ricchezza intimoriti, hanno deciso di vendere la loro anima e il loro onore dandoli a chi onore non merita (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi! Ogni interruzione non comporta un minor tempo a disposizione dell’onorevole Di Pietro, quindi vi prego di mantenere un comportamento adeguato.

DI PIETRO. Signor Presidente del Consiglio, non chieda a noi dell’Italia dei Valori di darle la fiducia. Noi la conosciamo e non soffriamo di sindrome di Stoccolma, per questo ci stiamo battendo per liberare il Paese da un soggetto come lei, che ha usato e usa le istituzioni solo per farsi gli affari suoi, senza pensare un minimo a quegli italiani che non arrivano a fine mese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori – Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

 

 

La disciplina dei lavori parlamentari

 

COSTITUZIONE della Repubblica

Art. 68. I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

 

REGOLAMENTO  DELLA  CAMERA  DEI  DEPUTATI

Art. 8

1. Il Presidente rappresenta la Camera. Assicura il buon andamento dei suoi lavori, facendo osservare il Regolamento, e dell'amministrazione interna. Sovrintende a tal fine alle funzioni attribuite ai Questori e ai Segretari.

2. In applicazione delle norme del Regolamento, il Presidente dà la parola, dirige e modera la discussione, mantiene l'ordine, pone le questioni, stabilisce l'ordine delle votazioni, chiarisce il significato del voto e ne annunzia il risultato.

Art. 58

1. Quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al Presidente della Camera di nominare una Commissione la quale giudichi la fondatezza dell’accusa; alla Commissione può essere assegnato un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione.

Art. 59

1. Se un deputato pronunzia parole sconvenienti oppure turba col suo contegno la libertà delle discussioni o l'ordine della seduta, il Presidente lo richiama nominandolo.

2. Ciascun deputato che sia richiamato all'ordine, qualora intenda dare spiegazioni del suo atto o delle sue espressioni, può avere la parola, alla fine della seduta, o anche subito, a giudizio del Presidente.

Art. 60

1. Dopo un secondo richiamo all'ordine avvenuto nello stesso giorno, ovvero, nei casi più gravi, anche indipendentemente da un precedente richiamo, il Presidente può disporre l’esclusione dall'Aula per il resto della seduta, se un deputato ingiuria uno o più colleghi o membri del Governo.

2. Se il deputato si rifiuta di ottemperare all'invito del Presidente di lasciare l'Aula, il Presidente sospende la seduta e dà ai Questori le istruzioni necessarie perché i suoi ordini siano eseguiti.

3. Il Presidente della Camera può altresì proporre all'Ufficio di Presidenza la censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un periodo da due a quindici giorni di seduta, se un deputato fa appello alla violenza, o provoca tumulti, o trascorre a minacce o a vie di fatto verso qualsiasi collega o membro del Governo, o usa espressioni ingiuriose nei confronti delle istituzioni o del Capo dello Stato. Le decisioni adottate dall'Ufficio di Presidenza sono comunicate all'Assemblea e in nessun caso possono essere oggetto di discussione. Qualora poi il deputato tenti di rientrare nell'Aula prima che sia spirato il termine di interdizione, la durata dell’esclusione è raddoppiata. 

 

CODICE PENALE

 

Art. 368. “Calunnia”

Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata se s’incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un’altra pena più grave.

La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo.

 

Art. 594.  “Ingiuria”.

Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.

Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.

 

Art. 595.Diffamazione

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.

 Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

 

 

Una domanda preliminare

 

La Costituzione, come si vede, esclude opportunamente che i membri del Parlamento possano essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.

            “L’obiettivo della norma è quello di salvaguardare la piena libertà di espressione del parlamentare, senza i condizionamenti che potrebbero derivare dalla coscienza di dover in futuro render conto, in sede penale o disciplinare o in sede di eventuale responsabilità civile, della propria attività in Parlamento”.

Gli articoli 59, 60 e 61 del Regolamento della Camera vietano però ai deputati l’utilizzo di “parole sconvenienti”, attribuendo al Presidente dell’Assemblea il potere di “richiamo” e, addirittura, di disporre l’esclusione dall'Aula per il resto della seduta, se un deputato ingiuria uno o più colleghi o membri del Governo”.

 La non perseguibilità sia in sede civile che penale, comunque fuori discussione,  non impedisce però che chiunque possa chiedersi se nelle frasi e nelle espressioni utilizzate nell’occasione dall’on. Di Pietro possa ravvisarsi qualcuna delle astratte ipotesi di reato di cui agli articoli del codice penale sopra riportati.

         Perché nessuno dei tanti giuristi che si esibiscono giornalmente nelle televisioni e sulla carta stampata ha avvertito l’opportunità di fornire, a scopo puramente accademico, una valutazione dell’episodio sotto tale specifico punto di vista?

Come si fa quindi, in assenza di autorevoli prese di posizione sul punto, ad impedire che l’elettore continui almeno a chiedersi se i contenuti dell’intervento dell’on. Di Pietro costituiscano una dimostrazione di autentico coraggio, da novello Giacomo Matteotti del terzo millennio o, piuttosto, una distorta e tutt’altro che “eroica” utilizzazione di comodo delle prerogative  giustamente previste a tutela dei membri del Parlamento?

Un dubbio siffatto ha o non ha ragione di essere?

 

La funzione del Presidente della Camera

 

         La disponibilità del testo integrale del discorso consente anche, evidentemente, di approfondire e chiedersi – con tutto il rispetto dovuto alla figura istituzionale – se l’operato del Presidente dell’Assemblea, che ha permesso all’oratore di portare a termine l’intervento, sia da ritenersi compiutamente aderente al dettato del Regolamento della Camera in cui è previsto che se un deputato pronunzia parole sconvenienti oppure turba col suo contegno la libertà delle discussioni o l’ordine della seduta, il Presidente lo richiama nominandolo”  e che “dopo un secondo richiamo all’ordine avvenuto nello stesso giorno, ovvero, nei casi più gravi, anche indipendentemente da un precedente richiamo, il Presidente può disporre l’esclusione dall’Aula per il resto della seduta, se un deputato ingiuria uno o più colleghi o membri del Governo”.

            Dal testo dell’intervento si evince, infatti, come prima dei due formali “richiami all’ordine” e poi fra uno e l’altro degli stessi “richiami” il Presidente avesse già invitato per tre volte e mezza l’oratore a far uso di un linguaggio consono a quest’Aulaavvertendolo chenon può essere tollerata l’ingiuria”. In tali circostanze, però, anziché irrogare altrettanti “richiami all’ordine” formali comportanti, a mente del vigente regolamento della Camera, “l’esclusione dall’Aula per il resto della seduta”, il Presidente si limitava – pur avendo preso e dato esplicitamente atto della “ingiuria” – a generici la pregooinvito tuttitanto irrituali quanto improduttivi e inascoltati, e ricorreva ai richiami formali solo in vista della scadenza del tempo stabilito preventivamente per l’intervento, quando - cioé - il più e il “meglio”, per una parte, o il “peggio”, per l’altra, erano ormai fatti, consentendo al parlamentare di ultimare il discorso con le stesse espressioni e gli stessi toni utilizzati fin dall’inizio, vale a dire per tutta la esatta durata preventivata e secondo l’intero ed esatto testo evidentemente - non parlando a braccio - predisposto e scritto a mente fredda, senza necessità di tagli o improvvisazioni del momento.

         Questo è quanto e se questo è da ritenersi la normalità, almeno qualcuno lo affermi senza mezzi termini, in modo da dissipare qualsiasi dubbio in materia di “super partes” e che detta normalità possa essere tenuta a mente per le occasioni future in cui certe esternazioni abbiano a provenire da altre parti o ad essere dirette verso altri lidi.

        

Qualche precedente

 

         Vero è, e qualcuno probabilmente se ne avvarrà per sminuire l’episodio, che nel dopoguerra le aule parlamentari ne hanno viste anche di peggiori. Chi ha una certa età sicuramente non può aver dimenticato, ad esempio, quanto che accadde nel 1949, in occasione di un o storico dibattito, concernente l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico, contrassegnato non solo da ingiurie ed invettive di ogni genere ma anche da corpo a corpo violentissimi, che all’improvviso videro addirittura (così riferiva il Corriere della sera) “balzare alto sulla mischia il comunista Pajetta che, partito come un razzo dal terzo settore, con tre balzi aerei, da un settore all' altro, è piombato a tuffo nel groviglio di teste, braccia, e gambe e in quel groviglio sparisce inghiottito...".

         Si trattava, però, di momenti assai diversi, in cui le tensioni ed i rancori conseguenti alla fresca uscita da anni terribili e le scelte di campo, tra l’adesione alle democrazie occidentali piuttosto che il passaggio nell’orbita sovietica, avevano ben altra portata.

         Oggi, nonostante tutto, è lecito sperare che almeno certi rigurgiti di violenza da anni cinquanta possano non trovare più spazio nelle aule parlamentari. O no?

         Quanto al linguaggio della politica, invece, si è proprio sicuri che quello utilizzato dall’on. Di Pietro nella circostanza sopra trascritta rispecchi quello della società civile attuale, per quanto se ne possa dir male?

 

Il linguaggio della politica

 

"Dei politici non abbiamo bisogno; sono fetenti, fetentoni, fregnoni, panscrementi, carogne, e simili. Ci basta un buon amministratore e un buon ragioniere......I politici sono farabutti, falsari, un immondo brulicare di politica verminaia".

“Questa rissa, cui l’Uomo Qualunque non partecipa, si svolge tra uomini politici professionali, che vivono di politica, che non sanno far altro che politica, e che, per ragioni di pentola, hanno trasformato la politica in mestiere…”

“Sarei entrato, per servire l’Italia, nel partito comunista, monarchico, repubblicano, democristiano, demolaburista, azionista, socialista, liberale, trotzkista, senza nessuna preoccupazione oltre quella di servire…“ ma “dovunque mi sono imbattuto in gente vogliosa solo di essere deputato od altro. La più untuosa e ipocrita falsa modestia esala da moltissimi di questi uomini come un cattivo odore personale”, per poi arrivare addirittura  a definire Palmiro Togliatti  "un verme, farabutto e falsario" dopo avergli dato la patente di "galantuomo e uomo di cuore e d' intelletto" appena due anni prima.

Così si esprimeva, nell’immediato dopoguerra, Guglielmo Giannini, fondatore del settimanale “Il Fronte dell'Uomo qualunque”1 che alle votazioni del 1946 raccolse, sotto il motto "non ci rompete più le scatole", più del cinque per cento dei voti, riuscendo a mandare ben trenta deputati all’assemblea costituente.

Giannini, chiaramente, non era un politico professionista ma un giornalista, commediografo, giallista, sceneggiatore e regista di un certo successo, animato da una totale sfiducia nei partiti e nelle istituzioni anche a seguito della perdita di un figlio ventenne, avvenuta nel 1942, in battaglia. Privo di una precisa linea programmatica, che praticamente ha lasciato in eredità solo il termine “qualunquismo”, sopravvissuto anche nel lessico politico attuale con l’accezione negativa ben nota a tutti, il suo movimento declinò con la stessa rapidità con cui aveva fatto irruzione nella politica.

A colpire la fantasia di un popolo appena uscito da un ventennio che lo aveva privato della libertà di parola ed a procurargli un immediato ma effimero successo elettorale furono quindi, e la cosa è agevolmente comprensibile,  soprattutto l'irriverenza e gli espliciti improperi, che non mancarono però di suscitare l’indignazione della quasi totalità del rimanente elettorato.

Oggi, i toni e i termini utilizzati in un discorso pronunciato non in una piazza, si badi bene, ma in un’aula parlamentare, lungi dal suscitare una analoga indignazione, sembrano invece caduti nell’indifferenza generale ed anzi riscuotono, accanto alle poche repliche rituali degli addetti ai lavori di parte avversa, addirittura anche gli applausi di singoli appartenenti ad altri gruppi.

Anche qui una domanda diventa perciò inevitabile: qualcuno può sostenere che il linguaggio politico, a tanta distanza dai rancori dell’immediato dopoguerra, abbia realmente la necessità di esprimersi anche oggi nei termini rintracciabili nell’intervento parlamentare sopra trascritto?

E c’è chi se la sente di sostenere che discorsi come quello in esame, anche senza entrare nel merito, abbiano lo spessore dei discorsi dei leaders politici di cinquanta anni fa (a partire da De Gasperi), considerando – ad esempio - che lo stesso Pajetta, benché già naturalmente dotato nella scrittura, frequentava anche corsi di dizione ed era capace di definizioni signorilmente caustiche come quella in cui, volendo sottolineare la singolare rapidità dell’ascesa di Enrico Berlinguer ai vertici del partito, ebbe a sintetizzarla dicendo che “si iscrisse giovanissimo alla Direzione del PCI”?

Oggi, evidentemente, anche se tanti si riempiono la bocca con i richiami alla Costituzione, gli insegnamenti di chi la Costituzione contribuì a farla sembrano entrati da un orecchio e usciti dall’altro. 

 

“Il regime parlamentare non è quello dove la maggioranza ha sempre ragione, ma quello dove sempre hanno diritto di essere discusse le ragioni della minoranza. Quest’ultima, a sua volta, deve avere rispetto per la legittimità elettorale della maggioranza e la legittimità costituzionale del Governo”. (Piero Calamandrei).

 

 “La democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza … ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide”. (Giuseppe Saragat)

 

Un confronto con l’ultimo discorso alla Camera

dall’on. Giacomo Matteotti, del 30 maggio 1924

.......estratto.......

 

Presidente "Facciano silenzio! E lei, onorevole Matteotti, concluda!".

Matteotti. "Coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le cabine, ebbero, dentro le cabine, in moltissimi Comuni, specialmente della campagna, la visita di coloro che erano incaricati di controllare i loro voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire i plichi e verificare i cumuli di schede che sono state votate, potrebbe trovare che molti voti di preferenza sono stati scritti sulle schede tutti dalla stessa mano, così come altri voti di lista furono cancellati, o addirittura letti al contrario. Non voglio dilungarmi a descrivere i molti altri sistemi impiegati per impedire la libera espressione della volontà popolare. Il fatto è che solo una piccola minoranza di cittadini ha potuto esprimere liberamente il suo voto: il più delle volte, quasi esclusivamente coloro che non potevano essere sospettati di essere socialisti. I nostri furono impediti dalla violenza; mentre riuscirono più facilmente a votare per noi persone nuove e indipendenti, le quali, non essendo credute socialiste, si sono sottratte al controllo e hanno esercitato il loro diritto liberamente. A queste nuove forze che manifestano la reazione della nuova Italia contro l'oppressione del nuovo regime, noi mandiamo il nostro ringraziamento. (Applausi all'estrema sinistra. Rumori dalle altre parti della Camera).

Per tutte queste ragioni, e per le altre che di fronte alle vostre rumorose sollecitazioni rinunzio a svolgere, ma che voi ben conoscete perché ciascuno di voi ne è stato testimonio per lo meno (Rumori) ... per queste ragioni noi domandiamo l'annullamento in blocco della elezione di maggioranza".  "Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l'autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l'intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. (Interruzioni a destra) Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l'opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni.”

           

Chissà se l’on. Di Pietro, trovandosi suo malgrado nelle condizioni in cui ebbe a parlare l’on Matteotti, assassinato il 10 giugno successivo al suo ultimo discorso alla Camera, avrebbe avuto il coraggio di ricorrere alle stesse espressioni riservate al presidente del consiglio attuale!

 

Lucca, 20 ottobre 2010

 



1 “Questo è il giornale dell’uomo qualunque,

stufo di tutti, il cui solo ardente desiderio

 è che nessuno gli rompa più le scatole”.

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