di Federico Bini
Francesco Cossiga è in viaggio, è andato lassù più in alto di quanto non avrebbe potuto immaginare, è andato dal nostro Signore che lo accoglierà nel Regno dei Cieli. Ci assisterà da lassù, vigilerà dall'alto e 'picconerà' ancora. Recita la prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi: «Fratelli, (...) poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo(...)».
Aspettando quindi la risurrezione dei nostri morti è bene cercare
di capire chi è stato, chi è e chi sarà ancora per l'Italia, per la
sua politica, Francesco Cossiga.
Sicuramente la sua personalità,il suo carattere, le sue battute, il suo
umorismo, la sua esperienza politica e la sua preziosa cultura vivranno
per sempre in quella che Andreotti definì la "politica pura".
Cossiga nasce nella sua amata Sardegna, «vengo da una terra dov'è
amaro anche il miele», fondata sull'agricoltura e sulla pastorizia.
Terra di uomini liberi e forti per usare le parole di Sturzo. Lui era
uno di quelli, era il tipico sardo, tenace, duro, deciso, laborioso ma
buono, pronto sempre a darti una mano e disponibile, non era cattivo e
mai lo è stato anche se Lui diceva «Pelle mala, no moridi, i cattivi
non muoiono mai».
La sua fu una vita intensa, piena di soddisfazioni e delusioni. Fu
un ragazzo prodigio dalla scuola alla politica tanto che alla fine
degli anni cinquanta ancora trentenne, iniziò la sua folgorante
carriera politica a capo dei cosiddetti 'giovani turchi' sassaresi:
eletto deputato per la prima volta nel 1958 divenne poi il più giovane
sottosegretario alla difesa nel terzo Governo Moro (23 febbraio-1966)
_il più giovane ministro degli Interni (il 12 febbraio 1976, a 48
anni), il più giovane presidente del Senato (12 luglio 1983, a 55 anni)
e, infine, il più giovane inquilino del Quirinale, dove arrivò, a 57
anni non ancora compiuti,( il 24 giugno del 1985) con una vasta
maggioranza alla prima votazione.
Quando parliamo di Cossiga è giusto-
prima di tutto parlare dell'uomo e poi del politico. Perchè Lui a
differenza dei molti politici della Repubblica italiana fu
lontano da tutti quei meccanismi politico-affaristici che portarono al
crollo della prima repubblica e all'immoralità dei nostri tempi, anzi
Lui avvertì questa situazione e fu preso per matto,non fu adeguatamente
ascoltato, come accade sempre per coloro che dicono la verità.
«E' un matto che non si spoglia; è un matto anzi che si veste, si
maschera di quell'apparato leggendario e, così mascherato, muove con la
massima serietà verso le sue ridicole avventure», queste parole sono
scritte a proposito di Don Chisciotte ne l'umorismo, ma a noi Cossiga
ci piace ricordarlo anche così, un po' matto ed estroverso, un misto di
Erasmo da Rotterdam e Don Chisciotte, perchè in fondo anche noi alla
fine siamo tutti un po' matti e la 'mattia' di Cossiga faceva parte del
personaggio pirandelliano «come lo ha definito Scalfari» che lui si era
creato, ma Cossiga rispetto ai personaggi pirandelliani aveva il cuore
di uomo vero, di uomo sardo che tanto lo ha aiutato nella sua lunga
vita, era un'uomo che parlava con la mente e con il cuore e quando
usciva dalle regole lo faceva perchè Lui era così, lui era Francesco
Cossiga,verrebbe ora da dire "Il fu Francesco Cossiga" un personaggio
pirandelliano che ragionava alla Erasmo Da Rotterdam, infondo lo stesso
filosofo olandese diceva che « la vita non è altro che un gioco della
Follia» e Cossiga ne era certamente il vero campione.
Cossiga dunque uomo e poi politico oppure uomo-politico, mi piace
ricordarlo con due bellissime frasi di Tremonti e Pisanu, l'attuale
Ministro dell'Economia a fondamento di quanto ho appena sostenuto ha
detto che « in politica vi sono due categorie, gli uomini e gli altri e
Cossiga era un uomo», mentre l'onorevole Pisanu ha ricordato che «era
un cattolico che sapeva tenere ben netta la distinzione tra tutto
quello che appartiene a Dio e tutto ciò che appartiene a Cesare» e il
giorno stesso in cui era morto ai microfoni del Tg2 aveva detto
«Cossiga è l'esponente di quel cattolicesimo italiano che va da Rosmini
a Manzoni per arrivare a Don Sturzo e De Gasperi».
Antonio Rosmini in campo filosofico e sociologico e Alessandro Manzoni
in quello poetico e letterario: furono i due massimi educatori
cristiani alla libertà e alla solidarietà, attori essenziali della
costruzione dell'unità della nazione italiana. Perchè anche l'unità e
la nazionalità se non sono concepite e vissute cristianamente
falliscono nella loro funzione e degenerano rovinosamente. Ma non meno
importante è stato l'apporto del Cattolicesimo italiano alla retta
concezione e la concreta attuazione del terzo valore costitutivo del
Risorgimento: la nazione. Proprio quella "nazione" a cui Cossiga era
tanto devoto e di cui era un fedele servitore. Cossiga era dunque uomo
di stato con la "S" maiuscola, pronto a battersi per quella patria che
Montanelli definì «come mantenuta e costosa e scostumata, ma che riesce
a farci sentire uomini». Ed è proprio così, Cossiga si batte'
onestamente per questa Patria, magari sbagliando ma cercando sempre di
essere coerente con la sua cultura e i suoi principi. Anche Cossiga
stava male come tutti noi nel vedere un'Italia verbosa,iniqua, con gli
stessi difetti si sempre. Ma Cossiga avrebbe ora più che mai continuato
a battersi per l'Italia, per la sua gente, per il suo popolo che tanto
amava e che tanto lo rispettava.
Johan W.Goethe sosteneva che « la
legge è potente, ma più potente è il bisogno», eh si,il bisogno di dare
risposte chiare e veritiere che Cossiga cercò di far capire al Paese,
ma non fu molto ascoltato, infondo lui come tutti noi era "matto". Ma
in Cossiga non vi è solo il cattolicesimo italiano, il suo senso dello
Stato e del Dovere, in Lui vive mezzo secolo di politica e cultura
italiana. Cossiga come lo ha benissimo definito Filippo Ceccarelli fu
un sardo inglese, uno statista sovversivo( nel senso buono del
termine),tragico e infantile, il custode dei segreti più oscuri della
Repubblica, la Bocca della verità.
Ci furono varie "sinistre" democristiane, quella di Gronchi, di Fanfani, di Moro, di Tambroni, di Marcora, di De Mita, Cossiga vi militò come aderente. Fu allievo di Antonio Segni , ondeggiò tra Taviani e Moro, prima di avvicinarsi ai dorotei. Aveva alcuni punti saldissimi nella sua vita: l'arma dei carabinieri, che lo aveva riconosciuto come Brigadiere,i servizi di sicurezza d'arma della Marina, la sua tanto amata Brigata Sassari, la Corona inglese e l'America. Scrive Scalfari che« tutto ciò che era segreto lo affascinava, comprese le tecnologie che maneggiava con grande abilità». E pensare che Tonino Guerra diceva« prego perchè la tecnologia non schiacci la nostra anima: perchè il vero mestiere dell'uomo è sognare». Ma anche qui si nasconde il 'Personaggio' Cossiga, un vecchio democristiano che non ha paura dei cambiamenti ma che ansi li affronta con intelligenza e spirito. Era collezionista di soldatini, radiamatore,consumatore di cannoli,amante del whisky irlandese,appassionato di mistica. Ma politicamente Egli fu capace di essere protagonista di primo e secondo piano nella vita politico- istituzionale del Paese, pur non avendo una sua corrente. E come succedeva nel mondo democristiano: più si faceva da parte, e più lo venivano a cercare. Ebbene così Palazzo Madama e quindi il Quirinale.
Gli alleati d'oltre oceano lo apprezzavano; la Chiesa anche ; la grande
finanza temeva più Andreotti; ma Cossiga era Cossiga, anche se un
giorno precedente non avrebbe immaginato che la sua vita sarebbe
cambiata. Era il 16 marzo 1978 ,in via Fani, le Brigate Rosse rapirono
Aldo Moro, Presidente della Dc,maestro e amico di Cossiga. Cossiga con
quasi tutto il Parlamento italiano eccetto Craxi e alcuni suoi uomini e
alcuni deputati e senatori di altri partiti, appoggiarono la linea di
fermezza del Governo Andreotti. Anche se molti sostengono che Cossiga
in segreto abbia provato a trattare con i brigatisti. I giorni del
rapimento Moro furono per lui giorni tremendi come per tutto il Paese,
ma per Lui in particolare c'era in gioco non solo la vita di uno dei
migliori politici italiani ma anche la vita di un' amico, di un maestro
che tanto aveva creduto nella sua persona e nelle sue idee. Cossiga
disse un giorno « se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è
per questo. Perchè mentre lasciavo uccidere Moro, me ne rendevo conto».
Moro fu ucciso, Cossiga si dimise subito dopo da Ministro degli
Interni. Ma Cossiga ormai era segnato, comunque fosse stata la sua
vita, la sua carriera, nulla sarebbe stato come prima, la morte di Moro
era un peso troppo grande da poter sopportare. Ma Cossiga ne sono certo,
voleva bene a Moro e anche se in segreto provò a trattare, non ci
riuscì forse non tanto per colpa sua, quanto per colpa di 'altri'. La
sua carriera comunque proseguì e nel 1985 salì sul colle più alto e
prestigioso d'Italia: il Quirinale. Cossiga divenne Presidente della
Repubblica al primo scrutinio, fu appoggiato anche dal Pc, da quel
Partito Comunista però non ebbe un voto,non ebbe il voto di un suo
cugino molto famoso, Enrico Berlinguer, morto l'anno prima. Cossiga ha
sempre ricordato che un giorno andando a pranzo con
Enrico lui gli si presentò con l'agnello e disse « con i cugini non si
parla di politica ma si mangia l'agnello». Era un'altra politica
questa, fatta da galantuomini e da persone vere, magari non tutti lo
erano ma certe figure non saranno dimenticate nemmeno post-mortem.
Appena eletto il suo successore Sandro Pertini disse «se mi avessero
detto: si scelga un successore, avrei scelto Cossiga. Ho sempre
sostenuto Cossiga, sin da quando era isolato e invecchiato di dieci
anni, ma puro e innocente». Pertini dunque riconosceva a Cossiga
qualità umane e politiche.
Cossiga fino al 1990 fu un "Presidente
Notaio"; nell’ultimo biennio del settennato l’atteggiamento cambio’ ed e’ da li’ che apparve a molti un po' 'mattarello' tanto che Feltri racconta
che un giorno di primavera(del 1992), mentre risiedeva a Milano all'Indipendent ,
il portiere si vergognò a passargli una telefonata. «Signor Feltri, c'è
al telefono un tale che dice di essere il Presidente della Repubblica.
Per me è un matto poi veda lei». «Aveva ragione - dice - Feltri: era un
matto, era Francesco Cossiga». Fatto sta che il Presidente Cossiga,
l'uomo che aveva aspettato il risultato della sua elezione nel convento
di rosminiani, si trasformò,forse irritato anche da un Andreotti che
rivelò i segreti sulla Gladio e che aveva posto sempre più voti di
fiducia in Parlamento e con un'informazione che era incentrata solo sul
Capo del Governo. Cossiga cominciò a frequentare Sgarbi, D'Agostino,
cominciò a lanciare messaggi alla classe politica, in particolare ai
dirigenti DC disse «la gente vi prenderà a sassate per la strada. Io
non li ho buttati giù dalle scale, ma la gente non avrà i miei
scrupoli». ( Quando disse queste parole era il 28 aprile 1992 e si era
appena dimesso). Da allora Cossiga divenne il "Picconatore", colui che
lanciava messaggi, avvertimenti, a quel sistema che stava per crollare
se continuava a reggersi su bugie, inganni e trame. E il "matto",
riascoltato" Cossiga ebbe ragione, l'arrivo di Tangentopoli mise fine
alla prima repubblica.
Ma Cossiga anche se dimissionario non andò di
certo in pensione. Corteggiò Berlusconi, fondò partiti,dette poi
origine a un gruppo parlamentare soprannominato gli "straccioni di
Valmy", fu l'anticomunista che volle incontrare i brigatisti che
rapirono Moro,
favorì la nascita del Governo D'Alema, primo governo nella storia
italiana a guida di un excomunista. Proprio il giorno della fiducia al
Governo D'Alema, nel 1998 nella seduta al Senato, Cossiga si alzò,
andò al banco del Governo e consegnò al Premier del Pds un bambino in
zucchero per ricordargli scherzosamente che i comunisti mangiano i
bambini. Fu dunque proprio Cossiga a far salire a Palazzo Chigi un
membro del Pds, il partito che più di tutti chiese l'impeachment sulla
questione Gladio. Questo a dimostrazione della sua bontà e della sua
onestà politica.
Rimase Senatore a vita e fu dichiarato Presidente
emerito della Repubblica Italiana, con un decreto legge ad hoc.
Cossiga dunque era un estroverso, un folle,
un matto,un picconatore per amore che poi si pentiva(Mons.Meloni), un
«GattoMammone» che nelle sue interviste in pigiama tanto ci faceva
ridere. Dietro il "Personaggio Cossiga", c'è la persona, c'è un uomo
come noi, umano, generoso,combattivo e fragile. La sua storia infondo è
la nostra storia , la storia di un ragazzo di provincia che diventa
Capo di Stato, la storia di un bambino che realizza il suo sogno, la
storia di un Paese che lotta, soffre, si batte, perde, ma che alla fine
vince. Ora Cossiga è in viaggio, e credo che in questo viaggio così
lungo pensi già a due incontri, quello con Dio e quello con Moro. Il
mio augurio è che possa ora riposare in pace, la sua vita è stata
lunga, poteva esserlo di più ma il Signore aveva forse stabilito che
questa fosse la sua ora.
Presidente Cossiga sono certo che si riposerà
anche se è sempre stato un combattivo instancabile, infondo era Lei che
diceva che «l'Italia è una Repubblica fondata sul riposo», quindi
Goodnight and Goodluck Mister President. Lei non ci ha lasciato, lei
ci governerà dall'alto dei cieli,sarà sempre presente perchè come
diceva Sant'Agostino «coloro che ci hanno lasciato non sono assenti,
sono invisibili e con i loro occhi pieni di gloria fissano i nostri
pieni di lacrime». Se mi sente o mi sta ascoltando Le chiedo un favore,
porti questo messaggio a Dio « tanto ha la Terra bisogno del Suo
aiuto». «Che Iddio protegga l'Italia» e «Non deporrem la spada / fin
che sia schiavo un' angolo / dell'Italia contrada , / fin che non sia
l'Italia una dall'Alpi al mar », con le parole di Mameli, simbolo di
un'Italia umile, povera, fragile, matta,citrulla (per usare un
termine pirandelliano), combattiva, onesta e leale come Noi, Le auguro
Buon Viaggio sperando che un giorno il "vento della verità" possa
soffiare dolcemente sull'Italia.
Lucca, 21 agosto 2010