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Nenni, un uomo che non si arrese mai

di Gianfranco Fini

Pietro Nenni, storico leader socialista, è stato notoriamente uno dei padri fondatori della Repubblica e ha contribuito in modo significativo all’affermazione delle istituzioni democratiche. È pertanto doveroso e necessario ricordarne la vicenda umana e politica al fine di rinnovare la memoria dell’Italia repubblicana.

Il percorso umano e politico di Nenni è ovviamente centrale nella storia del socialismo italiano. Ma lo è, allo stesso modo, all’interno della più generale parabola storica del Novecento italiano. Nella sua, si specchiano le passioni e gli ideali di un secolo tumultuoso e grandioso, ma purtroppo anche tragico, costellato da errori e contraddizioni.

 

In questo senso, la vicenda di Nenni è, in toto, una vicenda del XX secolo, una storia personale di vittorie e di sconfitte, nella quale la volontà di rivincita è sempre risultata prevalente su ogni sentimento di delusione e di amarezza.

 

Parliamo infatti di un uomo che non s’è mai arreso davanti ai venti contrari delle vicende storiche. Non s’arrese all’avvento del fascismo, scegliendo la via dell’esilio e dell’opposizione politica al regime. E non s’arrese nemmeno, più di venticinque anni dopo, all’egemonia comunista nell’ambito della sinistra italiana, quando, all’indomani delle elezioni del 18 aprile del 1948 e dopo aver amaramente constatato l’errore della politica frontista, avviò quella nuova fase, consacrata dal Congresso socialista del 1957, che l’avrebbe poi condotto all’incontro e alla collaborazione con le forze cattoliche, moderate e laiche.

 

La densità storica della figura di Nenni si coglie innanzi tutto nel dato biografico, avendo egli vissuto da protagonista più di settant’anni di vita politica italiana.

 

Nella sua memoria personale erano certamente vivi e influenti gli echi del conflitto sociale di fine Ottocento. Più volte egli raccontò di non aver mai dimenticato l’immagine angosciante di una carica di cavalleria contro un corteo di lavoratori, con donne e bambini, a cui aveva assistito, nel 1898, quando aveva appena  sette anni di età.

 

Il suo primo e traumatico impatto con la politica avvenne quindi nell’Italia dei primi decenni della storia unitaria, mentre esplodeva la questione sociale.

 

Il suo ultimo atto si svolse invece in un paese profondamente cambiato dalla democrazia e dalla modernizzazione economica. Il 20 giugno del 1979 presiedette, in qualità di decano dell’Assemblea del Senato, i lavori della prima seduta dell’VIII legislatura. Nenni aveva visto l’Italia  passare attraverso le tremende prove di due guerre mondiali e della  dittatura. L’aveva vista poi riconquistare la libertà e avviare la sua ricostruzione economica e civile entrando in pieno nella modernità. In quell’ultimo discorso, esortò i parlamentari a non rimanere indifferenti rispetto ai nuovi problemi dello sviluppo «ristabilendo i valori della libertà individuale e il sentimento di responsabilità collettiva dello Stato».

 

Nenni era giustamente fiero di essere stato testimone e protagonista di quel lungo periodo storico. «Dalla mia fanciullezza alla tarda età - diceva di sé - il mondo si è trasformato profondamente. Mi piace di aver dato un piccolo contributo a questo cambiamento».

 

Di qui il suo invito a «capire che solo nell’azione c’è il segreto per affrontare le bufere della storia e volgerle al servizio dell’uomo, della sua libertà, della sua dignità, della sua eguaglianza».

 

È un invito che ancor oggi può essere accolto da tutti a prescindere da ogni orientamento politico e ideale. C’è, in quella identificazione tra vita e storia, il richiamo a valori che sono comuni a larga parte delle tradizioni politiche italiane.

 

È l’idea della “politica come militanza e missione”, come è stato più volte detto per definire lo stile di Nenni. C’è, in questa definizione, una forte eco mazziniana, con il suo riferimento alla tensione ideale dell’agire politico. Proprio la visione - che veniva dall’Apostolo del Risorgimento - di un’Italia rinnovata dalla passione democratica, dalla giustizia sociale e dall’educazione morale aveva nutrito il giovane Nenni negli anni della sua formazione politica. L’idea della “politica come missione” è certamente valida e necessaria anche oggi: per consolidare ulteriormente la democrazia; per rinvigorire la coesione nazionale; per rinsaldare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

 

Nel giudizio storico sulla figura di Nenni non si può prescindere dal grande contributo fornito all’instaurazione e all’affermazione del sistema repubblicano.
Già nell’agosto del 1943 intraprese una energica campagna per  la creazione di istituzioni ad ampia partecipazione democratica che avessero al centro l’ideale repubblicano. Fu ministro per la Costituente nel primo governo De Gasperi e condusse una tenace battaglia per il cambiamento della forma istituzionale dello Stato.

   

La contesa referendaria del ’46 lo vide fortemente impegnato in tutta Italia. Erano mesi drammatici, anche e soprattutto dal punto di vista economico.
Gran parte del paese, da poco uscito da una guerra devastante, viveva nell’indigenza. Ma a Nenni era chiara l’idea che l’Italia non avrebbe mai intrapreso la via di un effettivo sviluppo economico e civile senza dotarsi di istituzioni più moderne e democratiche. «Pensiamo - disse in quei mesi di difficoltà ma anche di speranza - al problema alimentare che ogni giorno ci prende alla gola. Evitiamo al paese il dramma dell’inflazione. Ma pensiamo anche a dargli istituzioni adeguate al nostro tempo».

 

E anche qui c’è una lezione valida anche oggi. Le odierne difficoltà economico-sociali dell’Italia sono sideralmente distanti da quelle di sessant’anni fa. Eppure, oggi come ieri, rimane stretto il nesso tra la modernizzazione economica e quella istituzionale, nel senso che l’efficienza dell’azione pubblica, in un armonico sistema di garanzie all’interno dello Stato, è condizione essenziale per lo sviluppo di una società sempre più libera, sempre più prospera, sempre più socialmente giusta.

 

Per quello che riguarda l’aspetto più specificamente storico-politico, soprattutto per quanto attiene ai rapporti tra il partito di Nenni e le altre forze politiche, molti e interessanti spunti di analisi potranno essere offerti dagli illustri oratori che interverranno nel convegno.

 

Desidero solo rilevare che il leader socialista agì nella fase più forte e drammatica del cosiddetto “secolo breve”, inteso come secolo dell’ideologia, e quindi come un’epoca in cui le ansie di libertà e modernizzazione, laddove erano realmente avvertite, dovevano spesso compiere un cammino di affermazione tortuoso e contraddittorio, costellato da mitologie ingombranti e teorie astratte quanto negative.

 

E va dato atto a Nenni di aver operato un primo coraggioso tentativo di rottura degli schemi ideologici proponendo, fin dagli anni Cinquanta, quella che definì la “politica delle cose”, con la quale tentava un incontro tra socialisti e moderati per varare riforme ritenute “indilazionabili”.

 

Non c’è dubbio comunque che Nenni fu un deciso innovatore all’interno della vita pubblica italiana . Quello che merita di essere sottolineato oggi con più decisione è il suo invito a guardare sempre e comunque avanti al futuro. Vale la pena citare quanto scrisse nel suo ultimo articolo. La vita stava per abbandonarlo. Ciò nonostante  invitò ad affrontare le sfide del nuovo decennio che si stava per aprire. «Gli anni Ottanta – affermò - saranno decisivi. Tutto è in questione, tutto è posto di fronte all’alternativa di rinnovarsi o perire».

 

Possiamo interpretare questa frase sia come un invito sia come un ammonimento. Certo è che, letta trent’anni dopo, mantiene intatta la sua grande forza ideale e morale.

Gianfranco Fini
Presidente della Camera

Intervento del 13 aprile a Montecitorio, nel corso del convegno “Pietro Nenni, un socialista per la Repubblica” organizzato dalla fondazione della Camera dei deputati, alla presenza del capo dello Stato

13 aprile 2010

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