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Niente più eserciti, in politica. - E peggio per chi non lo capisce

di Filippo Rossi

Niente più eserciti, in politica. E peggio per chi non lo capisce Non tradizione, ma rivoluzione. Non passato, ma futuro. Non rocce, ma magma.

Francesco De Gregori qualche tempo fa lo aveva affermato senza tante remore: la politica non è appartenenza, la politica è scelta. Nessuno è di destra o di sinistra, le persone scelgono la destra o la sinistra. Ma possono anche cambiare idea, a seconda degli eventi, dei leader, degli interessi. A seconda di cosa rappresentano, in un certo periodo storico, gli schieramenti che si pongono a destra o a sinistra.
La politica, quindi, è roba liquida: non rocce formatesi nei millenni, immobili, morte, ma magma creativo, sempre in movimento, vivo.
La politica non è il passato. È il futuro, con tutte le sorprese che può riservare.
La politica non è tradizione. È rivoluzione, sempre. È così, per fortuna.

E se in Italia, per tutto il lunghissimo dopoguerra, si è pensato il contrario, si è pensato politicamente per appartenenze inviolabili, insindacabili e obbligate, è successo perché il nostro paese era diviso e ferito dalle trincee di una guerra fredda combattuta da eserciti contrapposti. Blocchi granitici che si odiavano, che non si parlavano, che garantivano lo status quo dei cimiteri. E allora il cittadino diventava soldato, milite (ignoto), pedina di uno scontro che con la politica, quella vera, quella viva, non aveva nulla a che fare. Il cittadino diventava suddito, proprietà privata, servo di un sistema che pretendeva fedeltà alla fazione. Che pretendeva obbedienza. Non cittadini di una nazione, ma fedeli di una chiesa. Da qui l’esaltazione retorica di un clericalismo bipolare.

Quel tempo è finito. Quel sistema è crollato nel 1989 anche se, ancora oggi, qualcuno, sia a destra sia a sinistra, non se n’è accorto. Lo spiega alla perfezione Ilvo Diamanti su Repubblica: «Quelle fedeltà si sono erose profondamente. Se utilizziamo una scala che misura l'orientamento degli elettori verso i partiti (sondaggio di Demos, febbraio 2009), la quota di coloro che esprimono vicinanza, appartenenza esclusiva, verso un solo partito appare molto ridotta. Intorno al 10% del totale, mentre il 20% si dice lontano da tutti. La maggioranza, invece, è costituita da elettori “tiepidi”. Incerti fra diversi partiti. Rispetto ai quali si dicono, più che vicini, "non lontani"». E oltretutto, quella dei “tiepidi” e dei “laici” – spiega ancora il sondaggio – è la categoria che contiene gli elettori politicamente più interessati e informati. Niente più eserciti, niente più chiese, niente più soldati niente più fedeli, oggi tantissimi elettori si sono finalmente liberati dal fardello dell’appartenenza e decidono di volta in volta. Liberi, finalmente..
E chi non lo capisce è, nei fatti, espressione di una politica vecchia, di una politica “solida” che pretende una società in eterno rigor mortis: perché è più semplice da gestire, è più facile da persuadere. Perché è una società che non reagisce, mansueta e prevedibile. Una società a immagine e somiglianza degli apparati di potere. Obbediente. Chi non lo capisce, chi scommette ancora su una qualsiasi guerra valoriale, prima o poi scoprirà che la realtà è un’altra cosa. E si troverà in mano una manciata di inutile retorica.

12 aprile 2010

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