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Craxi e quella scomoda riabilitazione

di Fulvio Mandriota

In questi mesi qualcuno ha avuto la forza di rompere il muro del silenzio riaprendo una discussione sul periodo cosiddetto di Tangentopoli e con essa la vicenda di Bettino Craxi.

Oggi, sulla recente decisione del Comune di Lucca di intitolare una strada a Craxi ed una a Berlinguer, chiedo perché non sia giusto avere lo stesso coraggio di Piero Fassino che, in una recente intervista al quotidiano “la Stampa”, ha affermato: “Craxi è stato un capro espiatorio, quindi è inaccettabile dipingerlo come un criminale”.
Fassino ha definito Craxi “un politico della sinistra nel solco della politica riformista” e ha poi fissato un concetto importante e cioè, che per colpa del clima di quegli anni e al di là delle possibili responsabilità penali di Craxi, la dimensione giudiziaria ha finito per sovrastare la riflessione politica.

 

Ecco, è da questa corretta versione “revisionista” di Fassino che vorrei provare ad aprire una riflessione serena, possibilmente non capziosa, né di parte. Quindi confermando che è arrivato il momento di chiudere quella guerra e costruire una fase nuova nella politica italiana.

So bene che, purtroppo oggi, si respira nel dibattito politico generale un clima (quasi) da guerra civile, ma chi allora fu dirigente del Psi lucchese può essere autorizzato a tentare un dialogo con chi ha voglia di ragionare, senza risse, sulla via del riformismo e nell’interesse di un Paese che deve uscire dalle secche della crisi. Quindi chiedo se non sia giusto recuperare con Craxi un patrimonio politico e domando, dopo vent’anni dal crollo del muro di Berlino, se non vadano apprezzati gli sforzi di uomini come Fassino che regolano i conti con la loro storia e si adoperano per ricucire lo strappo con quei socialisti democratici che per la stragrande maggioranza non hanno condiviso la sua scelta nel centrosinistra. Fassino, infatti, ma anche altri all’epoca dei fatti, hanno reso giustizia alla realtà.

Dirà Giovanni Pellegrino, Ds, allora presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato: “Noi della sinistra consentimmo, nel 1993, che venisse cancellato l’istituto dell’autorizzazione a procedere, strumento a tutela dell’autonomia del potere politico rispetto al potere giudiziario. E si aprì la strada alla mattanza di partiti di governo. Avevamo una sponda al Quirinale, e l’ansia di raccogliere i frutti sul piano elettorale era tale che facemmo in modo che quel Parlamento venisse sciolto anticipatamente”.

Oggi non a caso molti sono impegnati a chiedere la reintroduzione dell’autorizzazione a procedere, ritenendola necessaria.

Anche recentemente lo storico Giuseppe Tamburrano ha sottolineato che “si possa ritenere sufficiente consolidato ciò che è in qualche modo acquisito, ovvero la rivalutazione del Craxi rivalutabile, per tentare di recuperare tutta la diaspora socialista”; ciò, quindi, sulla scia dell’operazione politica che si intravede nei giudizi espressi da Piero Fassino nel suo ultimo libro e riconosce il principio che il Pci fece fuori Craxi, ma che senza uno statista così la sinistra non vincerà mai.

Di quei momenti ricordo, come componente di una giunta dimissionaria di centrosinistra dell’Amministrazione Provinciale di Lucca, il clima di colpevolezza che afflisse tutti al punto di ‘scappare’ davanti alla gogna mediatica, pur avendo la coscienza pulita. Ricordo con rabbia l’arresto del collega di giunta e partito, Renato Bertozzi, portato via in manette da Palazzo Ducale e successivamente assolto dai giudici, ucciso poi da un male incurabile e mai riabilitato. Apprezzo moltissimo, infine, l’analisi fatta da Ciriaco De Mita, appena pochi giorni fa, quando ha sottolineato che in quegli anni novanta “nessuna delle forze politiche, né i vertici istituzionali risposero al drammatico intervento del segretario socialista ta Montecitorio”, e riconosce che, “all'epoca, grandi statisti proprio non se ne videro”.

Lucca, 19 gennaio 2010
Fulvio Mandriota

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