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Castruccio Castracani: il magnanimo tiranno

di Alessandro Bedini

Castruccio Castracani: le origini

I Castracani esercitavano fin dal XIII secolo il mestiere di campsores, ossia di cambiavalute; possedevano infatti un banco di cambio di fronte alla cattedrale di San Martino in Lucca dove avevano anche parecchi immobili. In seguito si dedicarono alla mercatura recandosi tra l'altro alle grandi fiere francesi e fiamminghe dove pare facessero ottimi affari. Castracane e Gerio, rispettivamente il nonno ed il padre di Castruccio, indirizzarono la loro attività anche alla estrazione ed alla lavorazione del ferro e dell'argento, in collaborazione con compagnie di artigiani bergamaschi e bresciani. Verso la fine del '200 insomma quella dei Castracani era diventata una delle più importanti organizzazioni mercantili-bancarie italiane e la famiglia possedeva numerosi edifici in città e fuori e investiva parecchio denaro nelle campagne dove possedeva allevamenti di bestiame, in particolare di cavalli.

Castruccio nacque nel 1281, la data non è tuttavia certa e la tradizione vuole che mostrasse sin dall'infanzia le sue doti di uomo d'armi oltre ad un grande ingegno come mercante. L'aggiunta del termine “degli Antelminelli” al patronimico Castracani è documentata per la prima volta nel 1304 in un atto redatto a Pisa, dove Castruccio e suo zio Coluccio nominavano loro procuratore Pero Guglielmi di Firenze allo scopo di rientrare in possesso di certi loro libri commerciali. In realtà pare non esistessero legami diretti di parentela tra i Castracani e gli Antelminelli, famiglia lucchese antica e nobile. Castruccio, così come il padre e il nonno, appartenevano alla consorteria degli Antelminelli, forse a un loro ramo familiare, è per questa ragione che egli volle la combinazione tra le due casate in quanto nobilitato da quel de Antelminellis, ma anche perché tale appartenenza lo distingueva politicamente come bianco e ghibellino.
Benozzo Gozzoli nella Cavalcata dei Magi nella cappella fiorentina di palazzo Medici-Riccardi , lo raffigura giovane a cavallo, uomo di belle sembianze, vestito in modo sontuoso come si conviene ad un cavaliere, con sul dorso dipinta una pantera simbolo di Lucca.

Gerio Castracani aveva sposato nel 1278 Puccia, appartenente alla nobile famiglia degli Streghi, signori di Corvara e Vallecchia. Secondo una tradizione leggendaria riportata da Aldo Manuzio ne Le attioni di Castruccio Castracani, all'atto di dare alla luce Castruccio pare che Puccia, sfinita dai dolori, si addormentasse e sognasse di partorire una grande fiamma di fuoco che tutto bruciava ed in cui ella stessa periva.

Un’ intricata situazione politica

Nel frattempo quella che bruciava davvero era l'Italia dilaniata dalle incessanti guerre tra guelfi e ghibellini. Se per secoli la Penisola aveva avuto l'Impero come punto di riferimento, adesso, sul finire del XIII secolo le cose erano cambiate. Il periodo del cosiddetto "grande interregno"seguito alla morte di Federico II e l'avvento della dinastia angioina nel Regno di Sicilia avevano profondamente mutato gli equilibri politici europei e non solo italiani. Lo stretto legame dei D'Angiò con la Francia e, a partire dal 1305, il trasferimento dei papi ad Avignone, avevano fatto sì che la casata angioina si sostituisse di fatto all'impero, il quale si era così ridotto ad una delle tante componenti sullo scacchiere politico europeo.
Conseguenza ne fu l'instaurarsi di una solida egemonia guelfa nelle più importanti realtà territoriali italiane. Carlo D'Angiò, oltre a tenere saldamente in pugno il Regno di Sicilia, deteneva una posizione chiave nel nord-Italia in virtù dei dominii piemontesi grazie ai quali poteva estendere la sua influenza sulla pianura padana. Brescia era l'asse portante della supremazia angioina nell'Italia settentrionale, mentre Firenze svolgeva un analogo ruolo in quella centrale. Ma la prosecuzione del disegno egemonico guelfo promosso e garantito, come abbiamo visto dai sovrani angioini e dalla Chiesa, subì una battuta d'arresto con la crisi e la conseguente guerra detta del Vespro Siciliano. Il vuoto politico venutosi a creare in Sicilia in seguito al sanguinoso conflitto fu presto riempito da un'altra grande dinastia europea : quella degli aragonesi.

Lucca non era certo immune da lotte fratricide. Fin dal 1295 si davano battaglia i Bianchi e i Neri di parte guelfa e a scatenare la recrudescenza dell'annoso conflitto fu l' assassinio, avvenuto all'inizio dell'anno 1300, di Obizzone degli Obizzi, uno dei capi dei Neri, compiuto da alcuni membri delle famiglie Ciapparoni e Antelminelli appartenenti alla fazione ghibellina e guelfo-bianca. La reazione dei Neri fu feroce e in seguito alla loro vittoria i Bianchi furono cacciati dalla città e le loro case rase al suolo.

Inizia l’avventura del condottiero

Tra gli esiliati c'era anche il padre di Castruccio, Gerio, il quale con la famiglia riparò ad Ancona dove morì poco dopo. Rimasto solo dopo la scomparsa della madre, che seguì di poco quella del padre, l'Antelminelli si recò in Francia e da qui passò in Inghilterra dove entrò nelle grazie del sovrano Edoardo II. Ma in seguito a un fatto di sangue in cui Castruccio rimase direttamente coinvolto, fu costretto a lasciare immediatamente l’Inghilterra e passare di nuovo la Manica. Il battesimo del fuoco per il giovane Castracani avvenne tra il 1301 ed il 1303 quando partecipò alle guerre di Fiandra come militare di ventura al soldo di Alberto Scoto, signore di Piacenza e di Milano, che parteggiava per i francesi di Filippo il Bello. Tornato in Italia nel 1304 Castruccio fu alle dipendenze del governo di Venezia in qualità di connestabile per la regione di Capodistria. Lo ritroviamo alcuni anni dopo al fianco di Uguccione della Faggiola nel corso della guerra tra Lucca e Pisa ; il 14 giugno del 1314 il condottiero pisano, grazie alla determinante alleanza con il Castracani, entrò in Lucca e saccheggiò il tesoro pontificio conservato nella basilica di San Frediano, azione che costerà una delle tante scomuniche all'Antelminelli.

Le grandi doti militari e l'abilità strategica di Castruccio ebbero modo di manifestarsi nella battaglia di Montecatini, siamo nell'agosto del 1315, combattuta dalle truppe guelfe-fiorentine con a fianco gli angioini di Napoli e poi Perugia, Siena, Pistoia e Bologna, contro i ghibellini capitanati da Uguccione il quale poteva contare sulle soldatesche tedesche, lucchesi e lunigianesi oltre a un buon numero di cavalieri inviatigli dalle città di Arezzo, Mantova e Modena. La vittoria dei filoimperiali fu completa e gli studiosi si trovarono concordi nel riconoscere il ruolo determinante giocato in quel frangente dal capitano lucchese il quale nel frattempo aveva acquisito il titolo di Vicario imperiale per la Lunigiana ritagliandosi così un ruolo politico autonomo di assoluto rilievo.
Ben presto però sorsero profondi contrasti tra Castruccio e Uguccione per una disputa relativa ai possedimenti lunigianesi del Castracani. Con uno strattagemma il Della Faggiola lo fece addirittura arrestare, ma nel frattempo Pisa si stava ribellando al tiranno e anche i lucchesi, stanchi dell'arroganza del duce pisano, si mossero e a furor di popolo liberarono Castruccio che fu confermato signore di Lucca. Nel 1318 egli fece lega con Matteo Visconti allo scopo di accrescere il proprio prestigio all'interno del partito ghibellino.

All’apice della potenza

Il condottiero lucchese si avviava così a diventare uno dei maggiori esponenti del ghibellinismo italiano. Ricevette perciò dall'imperatore Federico d'Asburgo la nomina a Vicario Generale Imperiale per Lucca, la Garfagnana, la Valleriana, la Valdilima, la Valdinievole, la Lunigiana, Massa e la Versilia, nonchè per i territori di Pistoia e Serravalle. Il disegno egemonico del Castracani cominciava a prendere corpo. Esso consisteva nella creazione di uno stato regionale, a imitazione di quello visconteo in Lombardia, che andava dalle Alpi Apuane alla Maremma, con Lucca come capitale. Un simile programma presumeva la sottomissione della guelfa Firenze, intento che il Castracani perseguiva da tempo attraverso una spregiudicata e sagace politica di accerchiamento ai danni della città del giglio.

I fiorentini erano preoccupatissimi dei continui successi del signore di Lucca e nel 1321, approfittando dell'assenza del Castracani impegnato a dar manforte alle armate ghibelline che assediavano Genova, decisero di passare al contrattacco muovendo guerra ai lucchesi da due lati:
Spinetta Malaspina, alleato di Firenze, avrebbe dovuto avviare le operazioni belliche in Lunigiana mentre le truppe fiorentine penetravano nella Valdinievole. Ma con una rapidità sorprendente Castruccio riuscì a sventare il piano nemico e con l'aiuto dei ghibellini di Milano, Piacenza, Parma, Pisa e Arezzo sbaragliò letteralmente l'armata guelfa dandosi per ben venti giorni al saccheggio del territorio fiorentino. Spaventato il marchese Spinetta si ritirò subito dalla Lunigiana. Nel frattempo Ludovico il Bavaro era riuscito a prevalere sul suo rivale Federico d'Asburgo e nonostante Castruccio avesse ricevuto da quest'ultimo privilegi ed investiture, non esitò porsi immediatamente dalla parte del vincitore prestando giuramento di fedeltà nelle mani del plenipotenziario del nuovo imperatore. Così, nel 1324, egli venne riconfermato vicario imperiale per Lucca e tutti gli altri territori.

In marcia verso Firenze

La guerra con Firenze proseguiva e nel momento in cui il condottiero lucchese allargava la sua sfera d'influenza in Liguria, in particolare sul territorio compreso tra Genova ed il fiume Magra, seguita dall'immancabile nuova investitura imperiale, i fiorentini tentavano di nuovo di sbarazzarsi di Castruccio che si era nel frattempo insigniorito della vicina Pistoia. L’esercito fiorentino con i suoi alleati subì però una pesantissima sconfitta ad Altopascio e così il Castracani giunse fin sotto le mura della capitale toscana. Alla fine del 1325 Castruccio assieme alle armate milanesi condotte da Azzo Visconti, conquistò l'importante roccaforte di Signa e marciò su Rifredi, alle porte di Firenze. Nel gennaio del 1326 si impadronì del castello di Montemurlo, in prossimità di Prato. I fiorentini erano atterriti dalla perfetta macchina da guerra messa in piedi dal capitano lucchese e alcuni influenti cittadini pare prospettassero addirittura l'ipotesi di offrire a Castruccio la signoria di Firenze in cambio della sua rinuncia al saccheggio della città che appariva quasi inevitabile.
Ma nel resto dell'Italia si andava profilando il risveglio della parte guelfa, perciò Ludovico il Bavaro, nel 1327, decise di scendere nella Penisola. Il viaggio aveva come culmine l’incoronazione a Roma, come era avvenuto per gli antenati del sacro romano imperatore. Ludovico incontrò Castruccio a Pontremoli e il condottiero lucchese poté presentare all’imperatore una situazione favorevole ai ghibellini in Toscana. La strada per Roma sembrava spianata ma il Bavaro si trovò di fronte all'opposizione della pur ghibellina Pisa la quale temeva, a ragione che il Castracani, al seguito di Ludovico si impadronisse della città. Pisa venne posta sotto assedio e capitolò solo dopo che l’imperatore ebbe assicurato ai pisani che Castruccio non sarebbe entrato in città. In cambio il Castracani ottenne l'elezione a Duca e Gonfaloniere del Sacro Romano Impero e l'investitura del ducato ereditario di Lucca, Pistoia, Luni e Volterra. Giunto a Roma fu armato cavaliere e nominato Senatore della città eterna dallo stesso Ludovico. Il Castracani era all'apice della sua potenza, ma nel gennaio del 1328 gli giunse la notizia che Pistoia era stata conquistata dai fiorentini. La contromossa del signore di Lucca fu di organizzare un colpo di mano ai danni di Pisa, nonostante le rassicurazioni che l'ex repubblica marinara aveva ricevuto dall'imperatore. Castruccio sostenne che i pisani lo avevano spontaneamente acclamato signore della città per due anni e Ludovico, messo di fronte al fatto compiuto, sebbene obtorto collo, non poté far altro che assegnargli il vicariato della città. Dopo questo successo il lucchese mosse verso Pistoia che riconquistò il 3 agosto del 1328. La via per Firenze sembrava ora davvero schiusa ma l' indecisione di Ludovico il Bavaro che rallentò le operazioni belliche contro la città del giglio e i contrasti sorti con lo stesso Castracani mandarono all'aria i piani di Castruccio che reagì, come attesta il Villani, intavolando trattative segrete con Firenze. Ma non ebbe il tempo di portarle a termine, la morte lo colse il 3 settembre del 1328, pare a causa di febbri malariche.

Si spense a Lucca nel palazzo dell'Augusta. Nel testamento aveva lasciato scritto che voleva essere sepolto nella chiesa di San Francesco "cum ipsius ordinis et fratrum habitu". Sembra certo che i francescani lucchesi, in polemica col papa, parteggiassero per il duca di Lucca e per l'imperatore, nonostante fossero entrambi scomunicati.

Abile politico e grande soldato, feroce e vendicativo ma capace anche di gesti magnanimi, Castruccio resta una delle figure più affascinanti e controverse del suo tempo. Giovanni Villani in un brano delle sue Cronache scrive del grande condottiero lucchese: "Questo Castruccio fu uno valoroso e magnanimo tiranno, savio e accorto e sollecito e faticante e prode in arme, e bene provveduto in guerra, e molto avventuroso di sue imprese…..". L'ambizioso sogno del Castracani di unificare la Toscana sotto il suo dominio morirà con lui anche a causa dell'insipienza del figlio Arrigo ma soprattutto per la fragilità del complesso politico che aveva messo in piedi. Rimane tuttavia intatta la memoria della vita avventurosa e delle straordinarie imprese di un personaggio di primo piano nella storia dell'Italia della prima metà del Trecento.

La vita di Castruccio Castracani scritta da Machiavelli

La vita di Castruccio Castracani da Lucca, fu scritta da Niccolò Machiavelli nei primi mesi del 1520. Tra gli altri vi si legge questo passo che ben descrive il carattere del condottiero lucchese: “Era grato agli amici, agli inimici terribile, giusto con i sudditi, infedele con gli esterni; né mai potette vincere per fraude, che e' cercasse di vincere per forza; perché ei diceva che la vittoria, non el modo della vittoria, ti arrecava gloria. Niuno fu mai più audace a entrare ne' pericoli, né più cauto a uscirne; e usava di dire che gli uomini debbono tentare ogni cosa, né di alcuna sbigottire, e che Dio è amatore degli uomini forti, perché si vede che sempre gastiga gli impotenti con i potenti. Era ancora mirabile nel rispondere e mordere, o acutamente o urbanamente; e come non perdonava in questo modo di parlare ad alcuno, così non si adirava quando non era perdonato a lui. Donde si truovono di molte cose dette da lui acutamente, e molte udite pazientemente”.

La costruzione del Palazzo dell’Augusta

Nel 1322 ha inizio la costruzione del Palazzo dell’Augusta, voluto da Castruccio per evitare congiure e sommosse che potessero metterlo in pericolo. Fino dal 1316 il condottiero lucchese aveva affittato dalla famiglia Dal Portico due palazzi nel centro di Lucca attorno ai quali sorgerà la fortezza che ingloberà un quinto dell’intera città. Edificato in pochissimo tempo, il palazzo era difeso da 29 torri e quattro porte d’accesso e il suo tracciato rettangolare era attaccato da un lato alle mura cittadine.
Nel 1324 Castruccio decide di ampliare ulteriormente il complesso aggiungendovi altri due palazzi nel secondo dei quali sarà eretta la sua cappella privata. Le due costruzioni si trovavano nell’angolo nord orientale dell’attuale Cortile degli Svizzeri e nel lato ove oggi sorge la Loggia di Ammannati. Il progetto per la realizzazione di un unico grande complesso resterà incompiuto per la morte del Duca di Lucca nel 1328. Nel 1370 la fortezza dell’Augusta sarà distrutta a furor di popolo.

Uguccione della Faggiuola

Uguccione della Faggiuola, capitano di ventura e uomo politico di fede ghibellina, fu protagonista delle vicende che caratterizzarono il conflitto tra papato e impero nel corso del XIV secolo. Nato nel 1250 a Verghereto, in provincia di Forlì, fu nominato podestà e poi signore di Arezzo nel 1295 e nel 1302. La sua vicenda politico-militare si intreccia con quella di Castruccio Castracani quando Uguccione, già signore di Pisa, conquistò Lucca nel 1314 con il decisivo appoggio di Castruccio.
Nell’anno successivo troviamo i due condottieri fianco a fianco nella celebre battaglia di Montecatini dove sconfissero i fiorentini portando al suo apice il ghibellinismo toscano. Nel 1316 i pisani si rivoltarono contro Uguccione e lo cacciarono dalla città a causa dei suoi metodi tirannici e dell’esosità delle imposte che pretendeva. Risale a questo periodo la rottura col Castracani, che fece addirittura imprigionare. Riparò presso Cangrande Della Scala, signore di Verona, che gli affidò la signoria di Vicenza. Morì il 1 novembre del 1319 e il suo corpo fu portato a Verona nella chiesa di Santa Anastasia.

Da leggere

Lucca, 26 giugno 2009
Alessandro Bedini

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