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L'Unione Europea

di Paolo Razzuoli

PREMESSA

Nei giorni 6 e 7 giugno 2009 si votera' per il rinnovo del Parlamento Europeo: una istituzione importantissima che, purtroppo, viene vissuta come distante da molti cittadini.
Pensando di fare cosa utile, Propongo per i lettori di Fucinaidee una scheda con cui, in modo sintetico, ho cercato di tratteggiare la storia, gli organi ed i contenuti dell'azione politica dell'Unione Europea.

INTRODUZIONE

Oggi la casa comune europea poggia su fondamenta solide. Il Parlamento, eletto a suffragio universale, garantisce legittimità democratica al sistema istituzionale dell'Unione. L'euro ha preso il posto delle monete nazionali in 12 degli attuali stati membri dell'UE, la libera circolazione delle persone è ormai una realtà consolidata e politiche comuni e coordinate vengono portate avanti - se pur con qualche affanno - in settori strategici come la politica estera, la difesa, la competitività, la sicurezza, l'ambiente, l’agricoltura e la coesione economica e sociale.

Al nocciolo originario dei sei Paesi fondatori (Francia, Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) se ne sono aggiunti, in diverse tappe, altri ventuno. Danimarca, Irlanda e Regno Unito hanno fatto il loro ingresso nell'allora Cee il primo gennaio del 1973, la Grecia nel 1981, la Spagna e il Portogallo nel 1986, l’Austria, la Finlandia e la Svezia nel 1995.

Nel 2004 il processo di allargamento ha compiuto un ulteriore balzo in avanti con il formale ingresso di dieci nuovi Paesi nell’Unione: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Cipro (solo la parte greca perché il referendum del 24 aprile 2004 ha bocciato l’ipotesi di una riunificazione della parte greca con quella turca) e Malta. I relativi trattati di adesione sono stati firmati ad Atene il 16 aprile 2003. Nel 2007 sono infine entrate la Romania e la Bulgaria, mentre ancora tutto da definire è il ruolo della Turchia, che pure chiede con insistenza di venire ammessa.

CENNI STORICI

Dalle origini all'Atto Unico

Il cammino per arrivare all'attuale configurazione della casa comune europea è stato lungo, contrassegnato da ampie pause di riflessione sul processo di crescita e da ostacoli non sempre facili da superare.
Nel 1941 Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi avevano tracciato il profilo di un'Europa federale nel Manifesto di Ventotene. Fu però solo dopo la guerra che la costruzione europea cominciò a muovere i primi passi sotto la spinta della necessità politica di rimuovere le cause di scontro tra i principali Paesi del Vecchio Continente rimasti al di qua della Cortina di ferro. Particolarmente sensibili a questa intuizione furono statisti di cultura cristiano democratica quali Alcide De Gasperi, konrad Adenauer e Robert Schuman.
Nel 1949 nacque così il Consiglio d'Europa, organismo fondato da Francia, Gran Bretagna, Belgio e Irlanda con una funzione esclusivamente consultiva rimasto sempre al di fuori del quadro istituzionale della Comunità europea.
Il progetto di Jean Monnet che diede vita alla Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca) fu invece presentato a Parigi dal Ministro degli Esteri francese Robert Schuman il 9 maggio del 1950, giornata diventata poi Festa dell'Europa.

Quasi un anno dopo, il 18 aprile del 1951, avvenne la posa della prima pietra della costruzione comunitaria: i sei Paesi fondatori sottoscrissero il Trattato istitutivo della Ceca in base al quale, a Lussemburgo, venne istituita un'Alta Autorità sovranazionale indipendente con il compito di far rispettare regole comuni fissate per la produzione e il commercio di carbone e acciaio.

Poco dopo arrivò anche la prima battuta d'arresto. Nel '52, su iniziativa della Francia, i Sei firmarono a Parigi il Trattato per la Comunità europea di difesa (Ced) che però non entrò mai in vigore a causa della mancata ratifica da parte del Parlamento francese.

Le Conferenze di Messina (1955) e quella di Venezia (1956), seguite dalla firma a Roma, nel '57, dei Trattati istitutivi della Comunità economica europea (Cee) e della Comunità Europea per l'energia atomica (Euratom), ridiedero slancio all'idea di un'Europa sempre più integrata. Successivamente, nel corso degli anni ‘60, il processo di integrazione compì passi in avanti attraverso la realizzazione dell' unione doganale e la firma del Trattato che unificò gli esecutivi delle tre Comunità e stabilì il principio dell'unità di bilancio.

Nel 1972, per rafforzare il coordinamento tra le politiche di gestione del cambio dei Paesi europei e garantire stabilità fissando margini di fluttuazione al fine di salvare il meccanismo dei prezzi di sostegno della politica agricola comune (Pac), prese corpo il cosiddetto "serpente monetario”. Nel '79 il serpente monetario si trasformò in un vero e proprio accordo di cambio e assunse la denominazione di Sistema monetario europeo (Sme).
Nello stesso anno, il Parlamento europeo venne eletto per la prima volta a suffragio universale.

Nel febbraio 1984 il progetto di Trattato sull’Unione europea sostenuto da Spinelli (una vera e propria prima bozza di Costituzione europea) venne approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo. Nel 1985 fu firmato l’accordo di Schengen da parte di Francia, Germania e i Paesi del Benelux per facilitare l’eliminazione dei controlli alle frontiere interne superando le resistenze incontrate nel promuovere la libera circolazione delle persone e la cooperazione giudiziaria all'interno del quadro istituzionale della Comunità. Nel dicembre dello stesso anno, il Consiglio europeo a Lussemburgo decise di modificare il trattato di Roma e di dare nuovo impulso al processo di integrazione europea elaborando un Atto unico europeo, firmato a L’Aia nel febbraio 1986. Oltre a realizzare importanti riforme istituzionali, l'Atto Unico europeo permise il proseguimento del cammino verso il completamento del mercato unico.
Per tradurre in realtà entro il 1992 gli obiettivi fissati con l’Atto Unico, nel 1987 Jacques Delors, nella veste di presidente della Commissione europea, presentò un ambizioso programma normativo ed operativo per assicurare l’eliminazione ogni residuo ostacolo alla libera circolazione di persone, beni, capitali e servizi. La creazione dello spazio economico unificato aprì la strada alla successiva introduzione della moneta unica.

A Maastricht la Comunità diventa Unione

Sotto la spinta dei grandi mutamenti intervenuti sulla scena internazionale alla fine degli anni ’80 con la “perestroika” lanciata da Mikhail Gorbaciov e la caduta del muro di Berlino, la strada che condusse alla moneta unica e all'attuale assetto istituzionale fu imboccata dai Paesi membri della Cee nel 1990 con l’entrata in vigore della prima fase dell'Unione economica e monetaria e con l'avvio, al Consiglio europeo di Roma, delle Conferenze intergovernative sull'Unione economica e monetaria e sull’Unione politica che si sarebbero poi concluse a Maastricht nel '92 con la firma dell'omonimo Trattato.

Con Maastricht quella che fino ad allora era stata comunemente indicata come Comunità economica europea diventò Unione europea (UE). Istituendo un’Unione Europea, destinata “a segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un’Unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini”, Maastricht ha impresso un’autentica svolta al processo di integrazione europea. L’Unione europea non ha soltanto “incorporato” le tre Comunità storiche (Cee, Ceca e Euratom), ma ne ha arricchito le già vaste competenze: ciò è accaduto sia nel tradizionale settore economico (in particolare attraverso la prevista istituzione dell’unione economica e monetaria), sia in settori quali la cittadinanza europea, la cultura, l’istruzione. Il Trattato di Maastricht ha inoltre introdotto nuove politiche e forme di cooperazione: la cooperazione nel settore della politica estera e di sicurezza e nel settore della giustizia ed affari interni. Con Maastricht quindi l’Unione si espande e si rafforza in attesa di ampliarsi agli altri Stati del Continente.

La costruzione comunitaria, attraverso i Trattati di Amsterdam e Nizza, ha poi compiuto altri importanti passi in avanti. L'accordo di Schengen è stato incorporato nel quadro normativo dell'Unione, è stato dato nuovo impulso alla cooperazione tra le forze di polizia, nel campo giudiziario e nella difesa, è stata resa più semplice la possibilità di cooperazioni rafforzate tra gruppi ristretti di Paesi UE ed è stata istituita la figura di Alto Rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza comune (il cosiddetto Mr. Pesc).

IL processo di riforma e le future sfide

Mentre e' essenziale la consapevolezza dei giganteschi passi in avanti compiuti, altrettanto fondamentale deve essere la piena coscienza delle sfide che attendono le istituzioni europee.
Anzitutto e' necessario che l'UE sappia ripensare i suoi strumenti e le sue politiche alla luce delle trasformazioni sociali ed economiche in atto. In particolare mi sembra di dover osservare che mentre le politiche economiche europee hanno posto il focus sulla regolazione del mercato interno, non hanno saputo cogliere la vera sfida che veniva dal di fuori dello scacchiere europeo, soprattutto dai paesi emergenti del continente asiatico. Cosi' mentre si e' sovraccaricato l'apparato produttivo di una selva di direttive, a volte veramente eccessive, si e' lasciato campo libero ad una concorrenza di paesi i cui apparati economici poggiano su una profonda diversita' delle regole che governano le relazioni industriali e, conseguentemente, su una incomparabile differenza di costi di produzione.
L'Europa dovra' seriamente interrogarsi sulle politiche economiche sin qui elaborate e dovra' trovare la capacita' di parlare ad una sola voce nel ripensamento generale dello sviluppo a cui il mondo sara' chiamato se vorra' creare presupposti solidi per uscire strutturalmente dalla crisi.

Altra sfida a cui l'Europa non potra' sottrarsi e' quella della politica estera ove e' necessario che l'UE sappia concretamente elaborare una strategia comune. Lo e' oggi piu' che mai, in presenza del rilancio della multilateralita' della politica estera dell'Amministrazione statunitense che, ovviamente, richiedera' agli europei una maggiore assunzione di corresponsabilita' nelle scelte mondiali, con particolare attenzione ai teatri di crisi.

In terzo luogo, ma non certo per importanza, dovranno essere affrontati importanti problemi politici ed istituzionali.
L'Unione allargata a 27 Paesi e' certo un grande risultato ma e' necessario che gli strumenti di decisione vengano ripensati per non porre il sistema in una permanente condizione di stallo.
Il meccanismo delle decisioni all'unanimita' ha mostrato tutta la sua impraticabilita'. Se l'Unione vorra' sviluppare una capacita' di interlocuzione sui grandi problemi dello scacchiere planetario, dovra' sapersi ritrovare attorno a linee univoche, che difficilmente potranno scaturire da un meccanismo che le vincola all'accordo di 27 Paesi che hanno alle spalle storie cosi' diverse.
Esigenze che hanno trovato accoglimento nei progetti di riforma delle sue istituzioni, anche se il loro cammino e' irto di ostacoli.

Tutti hanno visto come di fronte a situazioni complesse della contemporaneita' (crisi militari, crisi economiche, problemi legati ai flussi migratori ecc.), l'Europa fatichi a trovare una linea realmente condivisa: una difficolta' che spesso i summit mascherano con risoluzioni piu' di principio che di sostanza, e che, dietro la facciata dell'unanimita', nascondono uno scenario ben diverso nel quale i vari Paesi si muovono con proprie logiche, anche fra di loro confliggenti.

Una situazione certo destinata ad alimentare l'euroscetticismo crescente, soprattutto in alcuni Paesi.
Uno scenario che - a mio avviso - potrebbe essere affrontato anche mediante ipotesi di un'Europa a velocita' variabile: ipotesi che scandalizza chi ha un approccio estremamente ideologico al problema ma che, in una visione piu' pragmatica, potrebbe essere valutata come possibile strategia sulla base "delle scelte possibili".

Va comunque sottolineato che nell'ultimo decennio si e' cercato di sviluppare un importante processo di riforma, stimolato dai settori piu' sensibili della politica e del complesso delle forze intellettuali e sociali in genere.

Vi sono alcune tappe di questo processo che è necessario mettere in evidenza:
il trattato di Nizza (entrato in vigore il 1° febbraio 2003),
la Convenzione europea (conclusa nel luglio 2003),
la conferenza intergovernativa 2003/2004 (ottobre 2003-giugno 2004) e la Costituzione europea (firmata nell’ottobre del 2004).
Dopo il voto contrario alla Costituzione europea espresso dagli elettori in Francia e nei Paesi Bassi nel 2005 ed un periodo di riflessione di due anni, il 23 giugno 2007 i capi di Stato e di governo dell'UE hanno raggiunto un'intesa su un mandato dettagliato per la successiva conferenza intergovernativa, il cui mandato consisteva nella redazione di un trattato sulla riforma istituzionale entro la fine del 2007.
Il 19 ottobre 2007 il Consiglio europeo informale di Lisbona ha adottato il testo definitivo del trattato elaborato nell’ambito della conferenza intergovernativa.
Il 13 dicembre 2007 i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri dell'Unione europea hanno firmato il trattato di Lisbona.

IL trattato - dopo la ratifica dei Paesi membri - sarebbe dovuto entrare in vigore con il primo gennaio 2009 ma la bocciatura irlandese, avvenuta con referendum popolare svoltosi il 12 giugno 2008 ha provocato uno slittamento di tale scadenza. Un secondo referendum in Irlanda e' previsto per il prossimo mese di ottobre; e' auspicabile che l'esito sia diverso dal precedente e che vengano superate altresi' altre resistenze, quale ad esempio quella del presidente della Repubblica Ceca, notoriamente euroscettico.

Il Parlamento italiano ha ratificato il trattato nel luglio del 2008.

Come ben si evince dalla cronologia sopra riportata, forte e' la tenacia - esclusa qualche isolata voce fuori dal coro - nel voler andare avanti, sostenuti dalla consapevolezza che una vera Unione Europea e' una grande scommessa che l'Europa non puo' permettersi il lusso di perdere, se vorra' ancora giocare un ruolo nel futuro del pianeta.

LE ISTITUZIONI

Il Consiglio europeo

Un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'integrazione europea è svolto dal Consiglio europeo, che non è una vera e propria istituzione comunitaria. Esso riunisce almeno due volte l'anno i capi di Stato e di governo dei Paesi membri e ha il compito di garantire l'impulso necessario allo sviluppo dell'Unione e di definirne gli orientamenti politici generali.

Il triangolo istituzionale

La fisionomia del sistema istituzionale comunitario si è sviluppata nel corso del tempo con caratteristiche del tutto originali, mantenendo comunque fermo il suo carattere democratico basato sul rispetto dello stato di diritto.

Il Consiglio dell'Unione europea, il Parlamento europeo e la Commissione europea costituiscono il cosiddetto 'triangolo istituzionale' comunitario all'interno del quale si sviluppa, secondo quanto stabilito dai Trattati, il processo legislativo e decisionale dell'UE. Un processo attraverso il quale l’Unione interviene sulle materie che rientrano tra le competenze indicate dai Trattati e sempre nel rispetto del principio della sussidiarietà, cioè facendo a livello comunitario solo quello che non può essere adeguatamente realizzato a livello di singoli Stati membri.

Il Consiglio dell'Unione europea, solitamente composto dai ministri competenti degli Stati membri, si articola in nove formazioni corrispondenti alle nove aree tematiche così come definite a seguito del Consiglio europeo di Siviglia del giugno 2002. Il calendario dei lavori del Consiglio dell'Unione è fissato dalla presidenza di turno che per sei mesi spetta a uno dei Paesi membri secondo un ordine prestabilito.
Il Consiglio UE esamina le proposte normative provenienti dalla Commissione europea e le trasmette, quando necessario, al Parlamento.

Il Parlamento europeo, eletto per la durata di cinque anni dai cittadini dei Paesi membri, realizza il coinvolgimento dei popoli dell'Unione nel processo decisionale. Esso ha ottenuto nel corso degli anni poteri sempre più significativi: insieme al Consiglio, svolge la funzione legislativa dell’Unione in molti settori e adotta, in via definitiva, il bilancio comunitario.

La Commissione europea - composta da 20 personalità indicate dai vari Paesi membri, ma operanti in completa autonomia rispetto alle autorità nazionali - rappresenta il motore della macchina comunitaria. Ad essa spetta presentare proposte legislative, nonché svolgere la funzione esecutiva, difendere gli interessi generali dell'Unione ed essere la “guardiana” dei Trattati.

La Corte di giustizia e la Corte dei conti

La Corte di giustizia ha sede a Lussemburgo e assicura il rispetto e, in via esclusiva, l'interpretazione del diritto comunitario. La Corte è assistita dal Tribunale di primo grado, istituito nel 1989, che si occupa in particolare del contenzioso amministrativo delle istituzioni europee e delle controversie suscitate dalle regole di concorrenza comunitarie.

La Corte dei conti europea esercita competenze analoghe agli omonimi organismi nazionali. Ha infatti il compito di verificare la legittimità delle entrate e delle spese dell'Unione e la sana gestione finanziaria del bilancio dell'UE.

Organi ed Agenzie

La volontà di favorire la crescita e lo sviluppo economico dell'Unione, di rafforzare un dialogo strutturato tra cittadini europei, amministrazioni locali e istituzioni dell'Unione ha favorito l'arricchimento della struttura istituzionale originaria.

La Banca centrale europea (Bce), insieme alle banche centrali dei Paesi che hanno adottato l’euro (cosiddetto “Eurosistema”), è responsabile della politica monetaria e garante del corretto funzionamento dei sistemi di pagamento transfrontalieri, effettua le operazioni di cambio, detiene e gestisce le riserve ufficiali di cambio dei Paesi della zona euro e provvede a creare moneta. La Bce, che ha sede a Francoforte, ha come obiettivo principale quello di mantenere la stabilità dei prezzi nella zona euro, preservando in tal modo il potere d'acquisto dell'euro. La struttura e le funzioni di questo organismo indipendente e sovranazionale sono state stabilite con il Trattato di Maastricht.

La Banca europea per gli investimenti (Bei) è invece il vero e proprio braccio finanziario dell'Unione: la principale finalità della sua attività è quella di sostenere progetti di investimento per favorire lo sviluppo equilibrato degli Stati membri. Il Consiglio dei governatori della Bei è composto dai Ministri dell’Economia dei Paesi dell’Unione.

Il compito di rappresentare davanti alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento gli interessi delle parti sociali e della società civile spetta al Comitato economico e sociale, mentre il Comitato delle regioni, composto dai rappresentanti delle regioni dei Paesi dell'Unione, vigila sul rispetto dell'identità e delle prerogative degli enti locali. Questo Comitato, nell'ambito del processo decisionale comunitario, deve essere obbligatoriamente consultato in settori come la politica regionale, l'ambiente e l'istruzione.

Dal 1995, è stata istituita la figura del Mediatore europeo (Ombudsman) a cui possono rivolgersi tutti i cittadini, ma anche le istituzioni e le aziende residenti nell'Unione che si ritengano vittime di un atto di cattiva amministrazione da parte di istituzioni e organi comunitari.

Dagli anni ‘70 sul territorio comunitario operano anche 15 Agenzie, organismi che svolgono compiti specifici definiti al momento della loro creazione. La loro costituzione risponde tanto al desiderio di decentrare determinate competenze degli organismi comunitari, quanto all'esigenza di far fronte a nuovi compiti di natura tecnica o scientifica. Le prime - il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale e la Fondazione per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro - sono sorte negli anni '70. Negli anni '90, durante il processo di completamento del mercato interno, ha iniziato la propria attività una seconda generazione di agenzie, che hanno dato vita all'attuale modello comunitario. Queste agenzie operano in molti settori: dalla salvaguardia dell'ambiente alla sicurezza del lavoro, dal monitoraggio delle tossicodipendenze e dei fenomeni di razzismo alla garanzia della sicurezza alimentare, marittima e aerea.

Infine, sulla base del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, è stato istituito nel 1995 un ufficio europeo di polizia, Europol, cui è attribuito il compito di migliorare la cooperazione di polizia tra gli Stati membri nella prevenzione e nella lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di stupefacenti ed altre gravi forme di criminalità organizzata internazionale, attraverso la raccolta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti.

FUNZIONAMENTO E RISORSE

Il processo decisionale

L'adozione di decisioni nell'Unione europea è il risultato delle interazioni tra la Commissione europea, il Parlamento europeo (PE) ed il Consiglio dell’UE. Le proposte della Commissione, istituzione con potere di iniziativa legislativa, passano al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio (con eventuale parere del Comitato delle Regioni e del Comitato Economico e Sociale) secondo tre procedure principali che si applicano a seconda dei casi: codecisione, consultazione e parere conforme.

La procedura di codecisione, introdotta con il Trattato di Maastricht (1992), ha conferito al Parlamento europeo, in molti ambiti comunitari, il potere di adottare alcuni atti insieme al Consiglio. Con il Trattato di Amsterdam (1997), la procedura è stata semplificata ed il suo campo di applicazione esteso, sostituendo la più macchinosa e meno democratica procedura di cooperazione (ormai utilizzata solo per gli atti relativi all’Unione Economica e Monetaria). Nella co-decisione, il PE e il Consiglio sono posti su un piano di parità e approvano congiuntamente la legislazione proposta dalla Commissione dopo due letture successive. Nel caso di persistente disaccordo tra i due co-legislatori, la procedura prevede la convocazione di un “Comitato di conciliazione” composto da rappresentanti del Consiglio e del PE, assistiti dalla Commissione, il cui compito è quello di favorire il raggiungimento di un accordo. Quest'ultimo, se raggiunto, è sottoposto in terza lettura al PE e al Consiglio per la sua adozione finale (il Consiglio delibera a maggioranza qualificata). La proposta decade qualora ogni sforzo di conciliazione sia risultato vano.

Per alcune politiche (quali la cooperazione di polizia e quella giudiziaria in materia penale; la revisione dei trattati; la cittadinanza dell'Unione; la concorrenza e le disposizioni fiscali) viene adottata invece la procedura di consultazione. In questo caso, il PE viene consultato sulla proposta presentata dalla Commissione. Questa può, se lo ritiene, modificare la sua proposta secondo quanto espresso dal PE. La proposta della Commissione può essere adottata o modificata dal Consiglio; quest’ultimo può tuttavia modificare la proposta soltanto deliberando all'unanimità.

Con la procedura del parere conforme, il Consiglio deve ottenere il consenso del PE - che ha solo la facoltà di accettare o di respingere una proposta ma non di modificarla - per decisioni di particolare importanza quali quelle relative all'adesione di nuovi Stati membri e alla stipulazione di alcuni accordi internazionali. A queste vanno poi aggiunte le decisioni relative ai fondi strutturali e di coesione e all’applicazione delle sanzioni in caso di violazione dei diritti fondamentali da parte di uno Stato membro.

Il finanziamento dell’UE

Tutte le entrate e le spese dell'Unione formano oggetto di previsioni annuali e sono iscritte nel bilancio comunitario in un unico documento.

Dal 1978, il bilancio comunitario non dipende più da contributi finanziari degli Stati membri, ma è integralmente finanziato da risorse proprie nel rispetto del massimale fissato all'1,27% del PNL comunitario. Le risorse proprie sono costituite da: i dazi agricoli, i dazi doganali provenienti dall'applicazione della tariffa doganale comune, l’Iva con aliquota uniforme applicata alle basi imponibili di ciascun Stato membro e la cosiddetta "quarta risorsa", fissata in funzione delle altre fonti di entrata del bilancio in misura proporzionale al PNL di ciascuno Stato membro.

A partire dalla metà degli anni Ottanta l’Unione si è dotata di Prospettive Finanziarie Pluriennali e di un Accordo Interistituzionale sulla disciplina di Bilancio al fine di individuare su un arco temporale ampio l’allocazione delle masse finanziarie rispetto alle principali politiche perseguite. Il quadro offerto da questi due strumenti rappresenta la base per l’elaborazione del Bilancio annuale.

Appello agli elettori

Infine, ma non certo per importanza, mi venga consentito di lanciare un appello a non sottovalutare l'appuntamento elettorale per le elezioni del Parlamento Europeo: basta considerare quanto potere tradizionalmente appartenente ai singoli Paesi gia' e' stato trasferito alle istituzioni comunitarie per rendersi conto dell'importanza dell'appuntamento elettorale.
Votare per il rinnovo del Parlamento Europeo e' pertanto un atto importantissimo, destinato a determinare per un quinquennio l'assetto di una istituzione che sempre piu' pesera' sulla nostra vita e su quella delle future generazioni.

E' importante mandare al Parlamento di Strasburgo (sede dell'Euro-parlamento), un personale politico preparato, che sappia al meglio interpretare l'esigenza di sintesi fra gli interessi nazionali e la prospettiva europea.
E' altrettanto importante che il personale che invieremo all'Euro-Parlamento sia in grado di farsi interprete dei valori di riferimento che condividiamo.
L'Europa non puo' essere infatti solo un indistinto contenitore di regole economiche. L'europa, se vorra' scommettere sul proprio futuro, dovra' sapersi ritrovare attorno alla sua identita', anzitutto culturale: identita' alla cui formazione il cristianesimo ha avuto un ruolo fondamentale.

L'Europa e' nata grazie all'intuizione lungimirante di statisti di ispirazione democratico cristiana.
Il partito Popolare Europeo e' sempre stato un presidio di quei valori.
E' a questa realta' che dobbiamo guardare, indirizzando la nostra scelta verso quella lista (PdL) che ha fatto una scelta senza equivoci anche rispetto alla collocazione europea.

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