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Un interrogativo di fondo, che fa emergere una forte contraddizione.

Di Antonio Rossetti

Come è possibile conciliare una esigenza fondamentale per le piccole imprese, sopratutto per il settore del terziario e dei servizi, dove il rapporto con la clientela o con il cittadino è fondamentale e strettamente legato alla cultura dell’impresa, cultura che si consolida con la condivisione, con la crescita professionale e l’adesione ai principi su cui l’azienda si fonda. Per valorizzare questo patrimonio l’azienda deve investire e attribuire compiti e decentrare responsabilità , affinché le risposte siano rapide, concludenti e tali da generare e consolidare la fiducia da parte del cliente nei confronti dell’azienda stessa.

In sostanza come si concilia una struttura dell’azienda decentrata , efficiente ed efficace, con la precarietà, e con il lavoro non strutturato?
Un rapporto che è tale da essere vissuto come provvisorio e senza prospettive ne di tipo economico e tantomeno di crescita verticale o orizzontale all’interno dell’azienda ?

La sottovalutazione della formazione si evince anche dai dati Inps- 2007( i dati si riferiscono ai dipendenti con rapporto di lavoro di dipendenza ) gli addetti in agricoltura come coltivatori diretti o collaboratori non si ritrovano in questi dati così come gli altri lavoratori della P.Amministrazione).

Nel COMUNE DI LUCCA Risultavano 3.320 aziende con 18.380 dipendenti –
L’analisi di dettaglio presenta il quadro per settore delle 3320 aziende:

Possiamo misurare le stesse presenze in percentuale ed abbiamo :

Per quanto riguarda i dipendenti :

In termini di percentuale :

Possiamo evidenziare altri aspetti relativi al rapporto tra aziende e addetti, ma per quanto si doveva evidenziare risulta chiaro il peso crescente degli altri settori, il caso si può estendere a tutti i comuni, rispetto al settore industriale, seppure più marcato nel comune capoluogo.

Altro aspetto interessante è la distribuzione dei dipendenti , sempre nel territorio del comune di Lucca:

Le considerazioni possono riguardare molti aspetti, a partire dai costi e delle norme che consentono altre forme di assunzione, meno vincolanti, ma proprio per legare il ragionamento alla valorizzazione delle risorse,alla cultura dell’azienda ed alla professionalità risulta evidente l’assenza di processi formativi all’interno dell’impresa.
Così come si possono evidenziare, con i dati relativi alle posizioni di lavoro nei diversi settori, le carenze di tutela, seppure momentanee.

La formazione all’interno dell’impresa, ovviamente implica il soggetto in formazione ed il formatore e le ragioni economiche. Il tempo e i costi, non consentono di formare il personale con attività di formazione all’interno dell’azienda, nelle piccole realtà, dove il numero degli occupati è tale da sopperire alle attività ordinarie, per questo motivo occorre ripensare anche le attività formative e gli incentivi per la permanenza nell’impresa, con politiche e strutture formative adeguate alle nuove figure professionali da inserire nelle imprese.

Per formare è necessario un quadro di conoscenze molto ampio, sia per gli effetti dell’innovazione nelle attività delle imprese così come per le professioni, o mansioni, e ruoli ai diversi livelli di inquadramento così come sono indispensabili gli indirizzi per settore o per dimensione o area di intervento.

Il riferimento non è alla programmazione di vecchio modello, rigida, ma ai grandi obiettivi, alle linee di indirizzo strategico: alle grandi direzioni: Esempio l’energia rinnovabile, l’ambiente, la qualità dei servizi, le produzioni agricole biologiche, le produzioni non inquinanti, l’acqua e il suo utilizzo, in questa direzione, una volta scelto, si dovranno definire forme di incentivazione finalizzate agli obiettivi- Il campo è vasto, quindi tornando agli aspetti delle persone e la crisi, si possono approfondire oltre agli aspetti del lavoro ( legati anche agli andamenti demografici dei quali si parlerà in altra occasione), gli effetti della crisi che incidono sui costi della vita ( alimentari, affitto dell’abitazione o rata per il mutuo), i costi per i servizi, laddove si pongono tagli o aumenti, colpendo le aree più deboli nel lavoro ( donne, immigrati, fasce meno professionalizzate, effetti sulla occupazione marginale- precaria- in cooperazione ecc).

La necessità di ripensare strumenti, sia di protezione passiva, per brevi periodi, ma soprattutto ripensare e sviluppare gli strumenti per la valorizzazione e la crescita della professionalità dei soggetti interessati nelle varie attività per evitare il precoce superamento e favorirne, dove necessario una riqualificazione per un posizionamento diverso e tale da non escluderlo dalle fasi di innovazione e sviluppo.
Una strada più difficile , più impegnativa, che vede l’impiego delle risorse pubbliche in modo attivo.

Antonio Rossetti
Lucca, 28 marzo 2009

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