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Giornata della Memoria 2009

Di Paolo Razzuoli

Il 27 gennaio ricorre la Giornata della Memoria, istituita per non dimenticare l'Olocausto.
Per questa importante ricorrenza Fucinaidee propone ai suoi lettori, oltre ad una completa informazione delle iniziative organizzate dal Comune di Lucca, uno stralcio dell'introduzione di un libro che mi pare di grande significato.

 

Chi sono gli ebrei del Novecento? Mille volti, una sola identità

(Da L'Osservatore Romano)

Giovedì 22 gennaio e' andata in libreria Diaspora. Storia  degli  ebrei  del  Novecento  di  Anna  Foa (Roma-Bari, Laterza, 2009, pagine 304, euro 19). Pubblichiamo un estratto dell'introduzione.

di Anna Foa

Ricordate la bambina dal cappotto rosso di Schindler's List? L'unico colore nel bianco e nero del film, un colore che serve a individuarla nel mucchio dei cadaveri, dopo il massacro, ma anche trasformarla nel simbolo stesso della Shoah. Eppure, contrariamente a quanto a volte si dice, quest'immagine di morte non è l'unica a rappresentare gli ebrei del Novecento. C'è anche quella dell'intellettuale, dello scienziato. C'è Freud che reinterpreta il mondo della mente, c'è Einstein che scopre nuove leggi all'universo, c'è Schoenberg che scompone la musica, ci sono scrittori, artisti, poeti che sono rimasti a segnare indelebilmente della loro creatività e vitalità la cultura del Novecento. E ancora altre immagini:  quella dell'ebreo sionista, che è capace di far fiorire la terra di Israele, oltre che di vincerne le guerre. E quella del rivoluzionario, che getta alle ortiche la tradizione e cambia il mondo con la violenza. Pensiamo a Trotskij, che crea l'Armata Rossa, reprime gli operai di Kronstadt e muore assassinato in esilio, divenuto l'"eretico" di tutte le rivoluzioni. Tutte immagini forti, dotate di grande capacità di suggestione:  gli ebrei del Novecento. O, citando da un libro recente di Yuri Slezkine, il Novecento come secolo degli ebrei.

Ma chi sono gli ebrei del Novecento? Non si può infatti negare che essi siano una realtà estremamente molteplice, come complessa e variegata è l'immagine che hanno lasciato di sé. Un'immagine prevalentemente simbolica, caricata di tutta la forza del simbolo.

In un mio libro pubblicato anni fa, a cui questo vuole riallacciarsi, ho raccontato la storia degli ebrei europei fino all'Ottocento, descrivendo la storia delle comunità della diaspora medioevale e della prima età moderna, sottolineandone le forti persistenze. A partire dal Novecento, o meglio dagli ultimi decenni dell'Ottocento, però, queste continuità sembrano interrompersi o addirittura spezzarsi.
Vista in prospettiva nel lungo periodo della diaspora, la storia degli ebrei nel Novecento sembra ancora più nuova e inaudita, quasi uscisse alla luce tutta compiuta, come Minerva armata dalla testa di Giove. E non si può fare a meno di interrogarsi sulle ragioni di questa frattura e della nuova forza simbolica espressa dagli ebrei a partire dalla fine dell'Ottocento.

Ciò che cambia, in realtà, non è la valenza simbolica in sé, che ha sempre gravato sugli ebrei dalla nascita del cristianesimo in poi, ma il fatto che essa sia ora divenuta un'espressione autonoma del mondo ebraico, una forma di autorappresentazione in positivo, mentre nei secoli precedenti si trattava di una valenza attribuita agli ebrei dall'esterno, in quanto popolo testimone, in quanto increduli e deicidi, e soprattutto in quanto simbolo dell'alterità. Una forza simbolica, quella degli ebrei del Novecento, che non è data quindi solo dallo sterminio o dalla persecuzione, ma che nasce da altro.
Dall'essere stato il mondo ebraico del Novecento capace di straordinaria creatività e attività, e insieme oggetto del più radicale degli annullamenti.
Dall'essere stato volontà di cambiare il mondo e al tempo stesso capacità di immaginarsi e raccontarsi nell'atto di cambiarlo.
E ancora, dall'essere stato un intreccio tra la volontà d'essere uguali agli altri, ovvero di integrarsi totalmente nel mondo, e una durevole percezione di sé come di un'identità sul confine.

L'unione della più totale assimilazione e della più totale marginalità, dell'integrazione e della distruzione. Un intreccio inestricabile di simbolo e realtà, di immagine e azione, di memoria e storia. L'essenza stessa, insomma, della modernità.

Ancora, qual è il rapporto tra simbolo e realtà? Si tratta di un'immagine, questa dell'ebreo del Novecento, creata dalla memoria, dalla rappresentazione, o se vogliamo dall'autorappresentazione, che si alimenta di se stessa e non è, in fondo, che una creazione mitica? Oppure dentro quel mito c'è uno spessore di realtà che lo nutre e sostanzia, che ne rappresenta l'ineliminabile vitalità? E qual è il rapporto tra la modernità del Novecento e il passato delle comunità? È un rapporto di derivazione e di continuità, oppure il legame consiste proprio nella frattura, cioè nella capacità degli ebrei di trasformarsi?

E quanto c'è, in questa storia, di unico e irripetibile? E quanto ci riporta invece alla singolarità di questo terribile secolo? E quella che viene descritta come l'unicità della Shoah non deriva forse in gran parte dall'essere stata la distruzione di un popolo in grado di raccontarsi, di elaborarsi, di descriversi nell'atto di subire l'indescrivibile? E nella realtà di oggi, che cosa resta di questa storia, quanto ne è stato distrutto irrimediabilmente dalla violenza, quanto ne è stato logorato poco a poco dal volger della storia? Domande, solo domande e ancora domande. Eppure, erano dentro la mia mente quando ho cominciato a raccontare questa storia, a costruire rilevanze, a scegliere nel mare degli eventi i momenti più significativi, o forse solo quelli che più mi è piaciuto narrare.

Questo Novecento che racconto comincia in realtà dal 1880 circa, e finisce con gli anni Settanta. Si apre con l'emigrazione in America e si chiude con la perdita d'importanza dell'Europa e della sua diaspora, e con l'affermarsi sempre più forte del mondo ebraico americano e di quello d'Israele. Due momenti che mi sembrano fortemente periodizzanti, significativi di cambiamenti che non riguardano solo una parte del mondo ebraico, ma gli ebrei tutti. Il primo momento, quello che inizia con l'emigrazione degli ebrei russi, è insieme l'invenzione da parte degli ebrei dell'Est Europa di nuovi percorsi identitari di fronte al rifiuto dell'emancipazione, l'integrazione di quelli d'Occidente, e l'invenzione di un nuovo modello di società ebraica al di là dei mari.

E gli anni Settanta, a noi vicini eppure tanto lontani, sono un momento di trasformazione che tocca insieme lo Stato di Israele e le diaspore, l'ultimo cambiamento globale:  il cambiamento politico della società israeliana e quello delle diaspore, vicine a Israele come non mai prima, e quello degli ebrei tutti sia in sé che nei loro rapporti con la società esterna, dopo che l'elaborazione della memoria della Shoah si è ovunque compiuta.

Il titolo, Diaspora, riferito a un momento che è quello del nascere dello Stato di Israele e del crescente rilievo del mondo ebraico americano, richiede una spiegazione. Si è voluto sotto-lineare con forza le radici diasporiche dell'esperienza statale degli ebrei e delle metamorfosi del mondo ebraico del Novecento; ricondurre a quel crogiolo creativo che fu l'ebraismo orientale sia la grande esperienza americana che quella di Israele; cogliere le radici perdute dell'autunno della diaspora.

Come sempre in sintesi di questo genere, molto è rimasto fuori dal quadro, forse arbitrariamente. Non c'è nulla, ad esempio, sull'emigrazione ebraica in America Latina, nulla o quasi sugli ebrei dei Paesi arabi.
L'allargamento geografico dall'Europa al mondo è in realtà un allargamento che tiene sempre in considerazione il punto di partenza, l'Europa, e che anche così compie inevitabili tagli nella sua storia. Inevitabili non a causa del numero delle pagine, ma per la storia stessa, che se si estende in troppe direzioni perde la sua centralità, la sua anima possiamo dire. Ho scritto cercando di preservare questa anima, anche se forse era un progetto troppo ambizioso. Così in questo libro molte sono le cose che non troverete, forse più di quelle che troverete.

Pensate queste assenze come il frutto della mia soggettività di storica, che metto qui a nudo senza i soliti infingimenti di oggettività. Pensate assenze e presenze, e squilibri tra le parti, come un tentativo di interpretazione. Una scelta soggettiva di chi scrive.

Giornata della Memoria: Anche il Comune di Lucca ricorda l’Olocausto

Celebrazione

Martedì 27 gennaio 2009 il Comune di Lucca, in collaborazione con la Polizia di Stato, organizza una celebrazione in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. Alle ore 10,30, al parcheggio oggi intitolato a Palatucci (ex Lucarotti), il sindaco Mauro Favilla deporrà una corona alla stele che ricorda la figura del coraggioso funzionario, morto a Dachau nel 1945, dopo aver salvato la vita a centinaia di perseguitati dal regime nazi-fascista.
Il 15 maggio 1995 lo Stato Italiano ha conferito a Giovanni Palatucci la Medaglia d’Oro al Merito Civile, nel 2003 l’amministrazione comunale ha intitolato a suo nome il parcheggio sulla circonvallazione all’esterno di Porta San Donato.

Iniziative al centro culturale Agorà

 

Il Comune di Lucca, con l’assessorato all’istruzione ai musei e biblioteche ha organizzato una serie di appuntamenti alla biblioteca civica Agorà  in piazza dei Servi, aperte a tutti.

Martedì 27 gennaio, alle ore 9,30, nella sala studio si terrà l’incontro, rivolto alle scuole medie superiori, dal titolo: "Il significato della Shoah " con la testimonianza del Prof. Vittorio Pascucci.

Il 28 gennaio    Sempre alla biblioteca civica Agorà (sala studio) alle ore 10,30 si terrà la proiezione del film "Train di vie" di Radu Mihaileanu del 1998, sempre in un incontro rivolto alle scuole superiori, con la presentazione e il commento della Prof. Giovanna Miglio.

Il 29 gennaio        All’Auditorium della Biblioteca Civica  di Agorà, alle ore 17, si terrà un concerto aperto a tutti i cittadini: "Per non dimenticare.... Concerto dell'Ensemble" di musica da camera a cura dell'Istituto Musicale L. Boccherini. Con letture di brani scelti di sopravvissuti.

Il 30 gennaio          Biblioteca Civica Agorà   alle ore 10,30 si terrà la proiezione del film,  "La rosa bianca" di Marc Rothemund, del 2005, rivolta alle scuole superiori, con la presentazione e commento della Prof. Giovanna Miglio.

 

Per prenotazioni rivolgersi alla Biblioteca civica Agorà Piazza dei Servi - tel: 0583- 442943 /442986.

   

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