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QUARANT'ANNI DALLA MORTE DI JAN PALACH

Di Maurizio Dinelli

Quaranta anni fa, esattamente il 16 gennaio 1969, uno studente cecoslovacco, di nome Jan Palach, si uccideva dandosi fuoco in piazza S. Venceslao a Praga per protestare contro l'occupazione del suo paese da parte delle truppe sovietiche e degli altri Paesi del Patto di Varsavia.
Un gruppo di studenti universitari di Praga aveva programmato un gesto clamoroso contro l'invasione sovietica avvenuta l'anno precedente. Avevano deciso che uno di loro si sarebbe sacrificato, dandosi fuoco.

Mentre nei Paesi Occidentali alcune frange minoritarie di giovani inscenavano manifestazioni contro i regimi democratici dell'Occidente in quel movimento che proprio col nome dal Sessantotto prese nome, a Praga c'era chi non esitava a sacrificare la vita per la libertà del proprio paese, brutalmente occupato dall'Armata Rossa, che poneva fine con la violenza alla cosiddetta primavera di Praga, il tentativo di Dubcek di realizzare l'impossibile, ovvero un Socialismo dal volto umano. Quel giovane accettava di morire, sacrificando se stesso senza colpire nessun altro, perché per lui era impensabile poter vivere senza libertà.

Nonostante che a quel tempo il sacrificio del giovane praghese non abbia avuto effetto immediato, se non negli echi che ebbe presso l'opinione pubblica mondiale, oggi possiamo affermare che il suo gesto non è stato vano e possiamo annoverare il suo Paese tra quelli che hanno recuperato a pieno titolo libertà, indipendenza e democrazia.
Per questo è giusto e necessario sia mantenuto vivo il ricordo del martirio di quel giovane con incontri e iniziative pubbliche, cosi' come ricordare il 16 gennaio come una data simbolo del cammino dell'Europa verso l'affrancamento da ogni totalitarismo, dedicando a Ian Palach, una strada od una piazza in quei Comuni d'Italia che ancora non l'avessero fatto.

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