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2009: un anno di grandi sfide per la politica

Di Paolo Razzuoli

Affermare che il 2009 sara' un anno di grandi sfide per la politica non mi pare una frase retorica.
Molti e complessi sono i problemi lasciati in eredita' al nuovo anno: problemi che investono le fondamentali sfere dell'agire umano quali la politica, l'economia, l'etica.
La complessita' e vastita' delle questioni che dovranno essere affrontate e' tale che non appare per niente esagerato affermare che le decisioni che saranno, o non saranno adottate, risulteranno comunque destinate a lasciare il segno nella storia della contemporaneita'.

Con la necessaria sintesi, e scusandomi anticipatamente per le inevitabili omissioni, cerchero' di tracciare un quadro della situazione, ponendo il focus su tre livelli: quello internazionale (suddiviso in due parti), quello nazionale, quello locale.

Il mondo

Il 2009 si apre nel pieno di una gravissima crisi economica le cui radici, come ormai tutti sappiamo, vanno ricercate negli errati meccanismi a cui, negli ultimi decenni, e' stata affidata la gestione della finanza mondiale. In nome di un mal inteso liberismo, si sono create regole a maglie tanto larghe che hanno lasciato passare di tutto, consentendo agli speculatori piu' spregiudicati e truffaldini non solo di mettere a segno operazioni di inaccettabili speculazioni, ma, cosa ovviamente ancor peggiore, di mettere a repentaglio l'equilibrio dei meccanismi economici mondiali.
E' mai possibile che l'economia mondiale debba essere lasciata alla merce' della speculazione finanziaria? Perche' si e' consentito a tale speculazione di svilupparsi in un contesto sempre piu' distante dall'economia reale? Perche' le banche anziche' essere al fianco dello sviluppo economico si sono sempre piu' indirizzate verso la speculazione finanziaria?
Interrogativi che riguardano tutto il mondo capitalistico anche se gli effetti sono di maggior o minore impatto a seconda della normativa regolatrice della finanza ed in generale del mondo creditizio.
Ad esempio negli Stati Uniti, ove peraltro la crisi e' partita per i noti fallimenti di istituti di credito a seguito della nota vicenda dei mutui facili, gli effetti sui cittadini sono generalmente piu' devastanti che in Europa, quindi anche che in Italia, ove una disciplina piu' attenta ha finora impedito, e dovrebbe impedire anche nel prossimo futuro, ripercussioni sulla tutela dei cittadini risparmiatori. Delresto quest'ultima preoccupazione e' stata ampiamente sottolineata dal nostro governo ed e' una delle linee portanti dei provvedimenti sinora adottati.

Portando nuovamente il focus sui mali della speculazione, voglio qui ricordare la gravissima bolla speculativa sul petrolio che nel luglio 2007 ne porto' il prezzo attorno ai 147 dollari al barile, ora sceso, in un tempo assai rapido, attorno ai 40 dollari al barile. Una discesa consumatasi in un anno e mezzo: una differenza tanto grande che non puo' essere spiegata con normali meccanismi dell'incontro domanda-offerta, ma solo con meccanismi legati alla speculazione finanziaria.
Sempre fortemente condizionato dalle speculazioni finanziarie e' l'andamento delle borse che nel 2008 hanno fatto registrare forse il peggior andamento in assoluto. Certo le difficolta' dell'economia reale non sono indifferenti alle quotazioni azionarie, ma da sole non possono spiegare una caduta in un anno attorno al 50% delle quotazioni. Vedremo cosa ci riservera' il 2009.

La globalizzazione, teatro su cui ormai si giocano i destini dell'umanita', e' un processo irreversibile ma richiede regole capaci di determinarne uno sviluppo ordinato. La politica, al di la' delle enunciazioni, non si e' rivelata capace di capirne le ragioni e le conseguenze.
Non si e' capito che uno scenario cosi' nuovo doveva essere affrontato con regole nuove: i vecchi arnesi, magari idonei in altre stagioni, ora non sono piu' sufficienti.
La globalizzazione puo' essere, nel medesimo tempo, portatrice di grandi opportunita' ma anche di grandi problemi. Per la politica una grande sfida quindi, quella di saper scrivere nuove regole capaci di garantire uno sviluppo ordinato ed equilibrato nel nuovo teatro della scena mondiale. Un teatro nel quale si sono modificati i tradizionali rapporti fra le varie aree del pianeta, nel quale nuovi paesi stanno imponendosi con una crescita economica senza precedenti, nel quale altri stanno invece assistendo ad un ridimensionamento del loro tradizionale ruolo, nel quale pero' si stanno anche accentuando le differenze fra paesi ricchi e paesi poveri. Un dato quest'ultimo dai contorni drammatici, che dovra' essere affrontato con una grande consapevolezza e con una grande capacita' politica, se si vorra' garantire uno sviluppo di pace all'umanita'.
Temi questi ampiamente sottolineati nel messaggio per la "Giornata della pace 2009" e nel "messaggio Urbi et Orbi" per il Natale 2008, di Papa Benedetto XVI.
"Combattere la poverta', costruire la pace". Cosi' inizia il messaggio per la Giornata mondiale della pace: un monito per tutti coloro che hanno responsabilita' nelle grandi scelte politiche mondiali.

Concludendo la mia riflessione attorno ai temi economici, penso che occorra un grande sforzo, che oltre alla politica investe oviamente il mondo delle scienze economiche e della cultura in generale, affinche' si addivenga ad un ripensamento delle regole su cui si sono sviluppati i rapporti economici mondiali, per addivenire ad una loro riscrittura che consenta il rilancio dell'economia reale, ridefinisca il ruolo del credito e della finanza, crei le condizioni per lo sviluppo delle aree meno sviluppate del pianeta, getti le basi per uno sviluppo compatibile con la tutela ambientale del globo. Valga per tutti questa frase dal "messaggio urbi et orbi" del Natale 2008: "Se ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non puņ che andare in rovina".

Negli ultimi mesi abbiamo assistito a straordinari voltafaccia di chi, Solone del piu' sfrenato liberismo, ha invocato o adottato provvedimenti di conio interventista, recuperando logiche di matrice keynnesiana.
Siffatti repentini cambiamenti di fronte, attestano che oggi, purtroppo, alla base delle strategie ci sono piu' enunciazioni o slogan che linee meditate e pensate con logiche di lungo corso.
E' evidente che - stante la situazione - occorrono scelte articolate su due livelli di marcia: uno per l'emergenza e l'altro per ricreare regole capaci di stimolare una nuova stagione di sviluppo.
L'augurio che si impone e' che la politica non si limiti a tamponare l'emergenza, cosa peraltro necessaria, ma, sulla base di cio' che e' accaduto, sappia trarne slancio per una forte spinta di elaborazione di un ordine piu' equilibrato, e messo al riparo dalle fragilita' e dagli errori del presente.

Venendo ora al tema dei rapporti internazionali, molte sono purtroppo le situazioni di crisi non risolte.
Il 2009 si apre con l'importante cambio dell'inquilino della Casa Bianca di Washington: Molte sono le aspettative riposte in Barac Obama; lo vedremo alla prova dei fatti.
A fianco della grave crisi economica che negli Stati Uniti ha effetti piu' devastanti che da noi ove esiste una piu' consolidata rete di paracaduti sociali, lo attendono i molti problemi aperti sul versante dei rapporti internazionali.
L'amministrazione Bush gli passa il testimone di grandi nodi insoluti: Iraq, Afghanistan, Iran, rapporti con la Russia deterioratisi dopo il conflitto georgiano.
In questi giorni e' poi tornato alla drammatica ribalta il problema israelo-palestinese con la crisi determinata dall'interruzione della tregua da parte di Hamas e con la violenta rappresaglia israeliana su Gaza, denominata "piombo fuso".
E' difficile immaginare che la questione israelo-palestinese possa trovare una soluzione stabile e duratura senza una forte determinazione della comunita' internazionale. Ogni presidente USA si e' illuso di poter risolvere il problema dello scacchiere mediorientale, e puntualmente nessuno vi e' finora riuscito. Vedremo quale ruolo riuscira' a giocare il tandem Obama-Clinton, rispetto a questo, come agli altri teatri di crisi presenti nel pianeta. Vedremo quale impostazione daranno alla loro azione, vedremo se sara' recuperata la logica del multilateralismo, vedremo se l'ONU sara' messo in grado di giocare quel ruolo piu' incisivo dai piu' auspicato.

Vi sono poi altre situazioni di conflitti dimenticati, o quasi, ad esempio la situazione nel Congo, drammatici sotto il profilo umanitario, rispetto ai quali e' auspicabile che la comunita' internazionale riesca a favorire una soluzione che ponga fine a tante sofferenze in zone fra le piu' povere del pianeta.

Fra le preoccupazioni dell'umanita' vi e' poi quella del terrorismo, in particolare quello di matrice islamica, che dovra' essere affrontato con tutti gli strumenti politici, di prevenzione e repressione a disposizione. Le nazioni non possono vivere sotto la spada di Damocle della minaccia terroristica che ormai colpisce ovunque, come dimostrano anche i recenti fatti di Mombai.

L'Europa

Ed ora alcune riflessioni sul nostro "vecchio continente" che si dibatte fra vecchi e nuovi problemi.
Negli ultimi decenni molta strada e' stata fatta ma molta rimane da percorrere, forse il tratto piu' in salita.
Certo se si pensa a come eravamo al termine del secondo conflitto mondiale un bel po' di strada l'abbiamo fatta. In questi giorni ho riletto alcuni discorsi di De Gasperi, un antesignano dell'Europa, e mi sono chiesto come egli vedrebbe l'Europa contemporanea.
Abbiamo costruito una grande realta' economica, abbiamo una vasta area con una moneta unica ma, nel contempo, riveliamo una preoccupante fragilita' politica. Rispetto a grandi temi dello scacchiere mondiale, l'Europa stenta aparlare ad una sola voce. Troppo spesso si avvertono tentazioni ispirate da logiche legate ad interessi dei singoli stati; al di la' della facciata, ben dipinta nei comunicati dei vertici ufficiali, ognuno e' di sovente tentato a muoversi per proprio conto, ispirato dalla tutela di interessi immediati, tralasciando la strategia di medio e lungo respiro: l'unica che oggi puo' guidare le scelte politiche.

Mi pare che una nota positiva vada ascritta all'ultimo semestre a presidenza francese, nel quale Nicolas Sarkozy e' riuscito ad imporre un valido profilo sia alla capacita' di sintesi fra i membri dell'Unione, sia sul versante esterno, come ad esempio nella soluzione del conflitto russo-georgiano.
E' tuttavia evidente che le differenze storiche dei 27 paesi membri dell'Unione si fanno sentire. So che per alcuni puo' suonare blasfemo ma pensare ad un'Europa a doppia velocita' non mi pare poi cosi' peregrino.
Certo occorre un profondo ripensamento, al di la' degli annunci un po' teatrali con i quali si chiudono i vertici europei. Ad esempio e difficile immaginare che possa risultare utile mantenere l'attuale meccanismo delle decisioni all'unanimita'.
Le vicende dei referendum sulla Costituzione Europea e sul Trattato di Lisbona sono un chiaro campanello di allarme della disaffezione della gente verso un'Europa vissuta come il governo di burocrati distanti dai bisogni reali della gente.
Penso che in questo ci possa anche essere del vero ma non si puo' gettare il bamino con le acque sporche. Le insufficiense del governo dell'Unione vanno corrette migliorandone l'efficienza e non distruggendo cio' che di buono si e' fatto.

Unitamente alle questioni politiche, l'Europa dovra' trovare la capacita' di ripensarsi all'interno dell'economia globale. Mentre l'interesse dei governanti europei e' stato focalizzato sulla scrittura di regole per il mercato interno, non ci si e' accorti che l'attacco e' giunto dall'esterno, il ventre molle della strategia europea. Cosi' ci si e' trovati deltutto impreparati rispetto all'invasione economica delle nuove potenze quali ad esempio la Cina. E' evidente che la concorrenza funziona a parita' di condizioni; quando le aziende hanno costi di produzione incomparabili, ad esempio per il costo della manodopera, e' chiaro che il meccanismo del libero mercato non funziona.
Per approfondire l'argomento, consiglio di leggere gli ultimi saggi di Giulio Tremonti.
Naturalmente le idee sul da farsi sono le piu' varie: la strada a mio avviso piu' utile dovrebbe essere quella di consentire l'importazione di merci che rispondano a determinati requisiti di produzione: certo non e' facile, ma questa mi pare la direttrice attorno a cui la politica potrebbe lavorare.

Nella prossima primavera si votera' per il rinnovo del Parlamento europeo. E' auspicabile che sia l'occasione per una riflessione a tutto tondo sulle strategie per rilanciare una vera politica europeista.
Diversamente, queste elezioni saranno un rito a cui gli europei parteciperanno sempre piu' stancamente.

L'Italia

Ed ora una carrellata sui problemi italiani.
Il 2008 e' stato un anno importante, che ha fatto registrare significative modificazioni del quadro politico, che ha visto la messa in cantiere di importanti riforme, che si e' chiuso con gravi inquetudini a causa della crisi economica che ha messo in ginocchio molte famiglie.
Un anno complesso, a mio avviso ben tratteggiato dall'ultimo rapporto del Censis che per fotografare la societa' italiana parla di "Muccillaggine", vale a dire di micro organismi separati che non riescono a collegarsi l'un l'altro. Sempre il Censis pero' sottolinea che dalla crisi potranno nascere comportamenti virtuosi mediante un ripensamento di stili di vita individuali e collettivi. Speriamo!!!
Un appello a saper trarre dalla crisi la forza di riprendersi mediante un ripensamento di stili e condotte e' venuto anche dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo bel messaggio di auguri di fine anno del 31 dicembre 2008.
Certo al momento la societa' italiana appare un po' ripiegata su se stessa, priva di quell'orgoglio e di quello scatto di reni che potra' permetterle di uscire dal torpore in cui sembra vivere.

Il teatrino della politica mette spesso in scena i soliti melodrammi. Non c'e' argomento su cui non ci si divida; tutto sembra essere condizionato dalla voglia di protagonismo.
Comunque, giacche' io sono propenso a vedere "il bicchiere mezzo pieno", voglio sottolineare cio' che di positivo e' in atto, con la speranza che esso vada nella direzione della soluzione dell'infinita transizione politica in cui viviamo dal 1992.

In questo senso ritengo di grande positivita' la semplificazione del quadro politico nazionale verificatosi con le ultime elezioni politiche. L'elettorato ha dato una chiara indicazione nel senso della semplificazione, premiando il PdL ed il PD. Mi pare che questa strada vada perseguita con determinazione, nonostante gli ostacoli che ne disseminano il percorso. Una certa fiducia nasce dal fatto che in Italia le riforme, ivi comprese quelle di quadro politico, funzionano solo se - in qualche misura - sono anticipate dai comportamenti sociali.
La semplificazione del quadro politico e' un bene per le istituzioni, per la politica, per la democrazia. E' evidente che tale semplificazione dello scenario politico potra' essere utile se si accompagnera' ad un salto di qualita' dello stile e dei contenuti della dialettica fra le parti in campo. E' fondamentale che si sviluppi una autentica capacita' di confronto, mediante una accresciuta acquisizione di reciproca responsabilita', sui grandi temi di interesse nazionale, con particolare attenzione alle regole dell'architettura istituzionale. Sulle regole la condivisione andra' ricercata con grande determinazione e penso che gli spazi di convergenza possano essere maturi. Sulle scelte politiche ovviamente non sempre il confronto potra' approdare a scelte condivise. Vi sono visioni contrapposte che non sempre possono essere ricondotte a sintesi unitarie: Cio' e' deltutto legittimo e la maggioranza ha il diritto di governare. E' importante pero' che si evitino scorciatoie, che le scelte avvengano nel rispetto delle prerogative del Parlamento il quale ha pero' il compito di operare in tempi certi e con procedure che pur nella salvaguardia della democrazia, risultino compatibili con i ritmi imposti dalla contemporaneita'. In questo senso la revisione dei regolamenti parlamentari, come hanno avuto modo di sottolineare i presidenti delle due Camere, va affrontata con tempestivita'.

Molti sono i temi che costituiranno il banco di prova della classe politica italiana nel 2009: situazione economica del Paese, (la borsa di Milano e' stata quella che ha fatto registrare nel 2008 le perdite piu' pesanti in Europa bruciando il 48,7% di capitalizzazione), federalismo, riforma della giustizia e nuove norme sulle intercettazioni, grandi infrastrutture, riforme della scuola, semplificazione normativa, problemi occupazionali e potere di acquisto delle retribuzioni ecc..
Il governo Berlusconi, dal momento del suo insediamento, gia' ha saputo adottare provvedimenti importanti rispetto ad alcune emergenze, mostrando un dinamismo inconsueto nell'azione di governo di questo Paese, apprezzato dalla maggioranza degli italiani anche se contrastato dai soliti Soloni della piazza: (emergenza rifiuti a Napoli, interventi sulla sicurezza, finanziaria triennale, primi interventi sulla Pubblica Amministrazione, provvedimenti sulla scuola, provvedimenti per alleviare gli effetti della crisi economica ecc.). Rispetto a molte altre tematiche di grande interesse, ad esempio riforma della giustizia e federalismo fiscale, si e' in una fase di avanzata elaborazione; Nel 2009 - e' l'auspicio della maggioranza degli italiani - dovrebbero pertanto concretizzarsi riforme lungamente attese.
Nel 2009 partira' la nuova Alitalia, fatto di assoluta rilevanza per le sue implicazioni economiche ma anche politiche: speriamo che la nuova compagnia possa recuperare credibilita', efficienza e competitivita'.

Sara' anche l'anno in cui si mettera' seriamente mano alla riforma istituzionale? Vedremo; le condizioni potrebbero esserci purche' la politica sappia imboccare la strada giusta.
Non dimentichiamo, chiudendo la riflessione sui problemi istituzionali, che in primavera e' previsto il referendum abrogativo su parti dell'attuale legge elettorale. Come intendono affrontarlo i partiti?

Dal mio punto di vista, e' della massima importanza la riflessione sulla costituzione del PdL. La nascita di un partito che sappia interpretare al meglio la tradizione liberal-cattolica italiana e la tradizione del popolarismo europeo, sarebbe un grande risultato per tutti coloro che guardano con interesse a questi valori di riferimento.
Il processo e' in atto e penso che si concludera' positivamente. Ocorre pero' che il nuovo partito abbia una identita' ben definita che lo collochi, senza ipocrisie, nel solco della tradizione culturale di cui pretende di farsi interprete.
In tal senso sono di fondamentale importanza: 1) l'identita' dei contenuti politici di cui si fara' portatore; 2) il metodo di vita interna che si dara'.
Rispetto ai contenuti politici e' di fondamentale importanza che non assuma condotte confliggenti con la tradizione del liberalismo cattolico e riformista italiano ed europeo. La moderazione, la capacita' di mediazione fra le istanze provenienti dal corpo sociale, la tutela delle fasce piu' deboli della societa', l'elaborazione di un progetto di sviluppo in cui l'impulso economico tenga sempre al centro il valore della persona, il rifiuto di qualsiasi scorciatoia negli iter di formazione delle decisioni, dovranno essere i suoi tratti fondanti. Insomma, del liberalismo cattolico-democratico e del popolarismo europeo non dovra' fare solo una bandiera bensi' i contenuti di un progetto politico chiaro e senza incertezze.
Venendo alla vita interna, essa dovra' essere ispirata ad una vera democrazia e a criteri che favoriscano l'emergere di una classe dirigente disinteressata e capace di interpretare al meglio la richiesta di progettualita' politica. In Italia c'e' una preoccupante caduta della partecipazione alla vita pubblica. Il PdL dovra' trovare la capacita' di essere strumento di stimolo per una nuova stagione di partecipazione. Dovra' farlo certo con strumenti moderni; oggi e' impensabile lo schema di una sezione per ogni campanile come ai tempi di De Gasperi, cosi' come e' da evitarsi una struttura organizzativa eccessivamente condizionata da schemi vetero-burocratici. Una struttura leggera certamente, ma e' appena il caso di sottolineare che i mezzi di comunicazione di massa, primi la televisione ed Internet, sono certo strumenti importanti ma che da soli non bastano. I partiti debbono riuscire a ricreare la voglia di confrontarsi realmente e non virtualmente.
Pur nella consapevolezza che nella fase iniziale saranno indispensabili assetti di emergenza, tale periodo dovra' essere limitato all'indispensabile per lasciare il posto ad una vera democrazia interna. Se la fase iniziale sara' quella di una fusione dei partiti aderenti (Forza Italia ed Alleanza Nazionale), il partito dovra' favorire l'inserimento di quella ampia fascia di elettorato che ha votato PdL, e che attualmente non e' impegnata in alcuno dei partiti fondanti il nuovo soggetto politico.
Dovra' essere ritrovata la capacita' di una vera progettualita' da proporre al corpo sociale.
"Dura e' la strada ma retta e' la via".

Rischiando di essere controcorrente, non credo nella contrapposizione fra una societa' civile sana ed una politica corrotta. Se e' vero che la politica deve saper ascoltare, e' ancor piu' vero che la politica deve saper progettare: e' questo il suo compito istituzionale.
Certamente un ruolo importante in questa partita e' affidato a Silvio Berlusconi. Se riuscira' a costruire un partito vero, con testa e gambe solide, quindi capace di svilupparsi nella vicenda politica nazionale al di la' della sua figura innegabilmente carismatica, egli avra' reso un importante servizio alla nazione: un servizio che andrebbe oltre i meriti della sua capacita' di governo.

Una attenta riflessione si impone rispetto alla crescente disaffezione alla politica della gente, ben testimoniata dal crescente calo di partecipazione alle elezioni.
E' evidente che i fatti di corruzione riguardanti la pubblica amministrazione, (sulla loro reale entita' la magistratura fara' certamente piena luce) contribuisce a separare la gente dalle istituzioni. Penso tuttavia che sarebbe riduttivo ritenere che questa ne sia l'unica causa.
A mio avviso la riflessione va appuntata sui partiti, sulla perdita del loro ruolo di strumenti di confronto, sull'abbandono della loro funzione di momenti di sintesi politica, sulla perdita di qualsiasi loro capacita' di farsi strumenti di mediazione e di raccordo fra societa' civile ed istituzioni di governo.
E' mia convinzione che senza affrontare questi nodi nevralgici, qualsiasi discorso sulla crisi della partecipazione risulti vuoto di contenuti credibili.

Cambiando completamente argomento, nel 2009 si svolgera', all'isola della Maddalena, il vertice G8, allargato ai Paesi emergenti sullo scacchiere economico mondiale, che lo ampliera' al G14. Sara' un vertice a presidenza italiana, il terzo presieduto da Silvio Berlusconi. Speriamo che tutto possa andare per il meglio: un auspicio reso necessario ricordando le infauste vicende del vertice di Genova del 2001.

Lucca

Il 2009 sara' un anno importante anche per l'amministrazione cittadina di Lucca.
A distanza di un anno e mezzo dall'insediamento dell'amministrazione guidata dal sindaco Mauro Favilla, molte cose sono state realizzate e molte altre sono state progettate.
Il bilancio di questa prima parte dell'attivita' dell'amministrazione, nega validita' ad una certa idea circa un suo immobilismo. Al di la' dei molti interventi effettuati nei vari campi dell'azione amministrativa, ritengo di fondamentale importanza sottolineare l'azione svolta in alcuni ambiti coerentemente con gli impegni assunti in campagna elettorale.
Anzitutto il complesso ambito delle aziende partecipate dal comune, che erogano servizi pubblici. E' stato ridisegnato il ruolo del comune nel Clap e, in modo determinante, nellaPolis. E' stato ricostituito un fattivo rapporto inter-istituzionale con gli enti operanti nel territorio, che era stato improvvidamente sfilacciato. Altrettanto e' accaduto fra societa' civile lucchese e comune, rispetto a cui la capacita' di ascolto e di mediazione del sindaco hanno giocato un ruolo essenziale. Una nuova stagione di fiducia fra la comunita' e la sua guida politico-amministrativa accresciuta dal forte senso della ricerca dell'oggettivita' nell'agire della pubblica amministrazione, tratto della cultura garantista del Prof. Favilla, e sempre tenuto presente quale timone della sua azione.

Il 2009 sara' un anno importantissimo poiche' si avvieranno gli iter per le opere progettate e/o concertate, prima fra tutte la grande viabilita'.
Il 2009 vedra' anche un massiccio intervento nel campo delle opere pubbliche sul territorio, quale, ad esempio, il completamento della rete fognante.
Vi e' poi il problema dell'ospedale, certo molto difficile, rispetto al quale Mauro Favilla sapra' individuare le strategie piu' idonee in coerenza con gli scenari possibili.

Certo questo anno e mezzo di esperienza avrebbe potuto essere meno faticoso se l'intera maggioranza fosse risultata piu' coesa. Certamente l'atteggiamento di Governare Lucca non e' stato utile ne' per la citta' ne' per la sua amministrazione.
La recente costituzione dell'associazione politico-culturale Lucca Insieme e del gruppo misto che attualmente conta ben quattro consiglieri, e' un positivo fatto di chiarimento e mette il sindaco al riparo da eventuali tentazioni interdittive o ricattatorie di Governare Lucca. Importante e' altresi' la costituzione della federazione fra i gruppi consiliari sorta fra il Gruppo misto-Lucca Insieme, Forza Italia e Alleanza Nazionale, a cui si auspica l'adesione del gruppo dell'Udc. Si tratta certo di un accordo tecnico, ma che sara' sicuramente utile per rendere piu' incisivo il lavoro in consiglio comunale.

La modifica dei rapporti dei gruppi di maggioranza in consiglio comunale imporra' una redistribuzione degli incarichi in giunta. E' auspicabile che tale passaggio venga gestito dai gruppi con senso di equilibrio e di responsabilita', avendo sempre presente l'interesse dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione politico-amministrativa, anziche' mire di potere. Sono comunque sicuro che l'autorevolezza e l'equilibrio del sindaco riusciranno a temperare eventuali intemperanze.

Alcune riflessioni sulla societa' contemporanea

Pensando al 2009 non posso ignorare alcune riflessioni su aspetti di indole generale della nostra societa'.
MI riferisco alla deriva relativista ed alla perdita di valori che sembrano sempre piu' caratterizzare la societa' europea e occidentale in genere. Si ha la sensazione di una societa' che quasi ha preso in odio la propria identita' e la propria storia. Il rispetto degli altri, cosi' come il necessario dialogo interculturale, viene scambiato con un atteggiamento secondo il quale qualsiasi liberta' e' lecita.
Grande confusione dilaga anche nella individuazione delle priorita' delle tutele: ogni capriccio diventa desiderio, ogni desiderio diventa un bisogno, ogni bisogno diventa un diritto. Tutto cio' che attiene alla sfera individuale sembra assumere la priorita' di tutela rispetto alle istanze di aggregazioni del corpo sociale, prima fra tutte la famiglia.

L'occidente sembra aver smarrito il senso della propria identita' non riconoscendosi piu' nella sua matrice fondante, cioe' la cultura giudaico-cristiana.
Lo straordinario sviluppo della scienza, della tecnologia e dell'ingegneria genetica hanno diffuso quasi un senso di onnipotenza nelle possibilita' dell'uomo che ha portato al rifiuto di qualsiasi valore trascendente. Una sfrenata fiducia nella scienza e nella tecnologia che porta alla rimozione di qualsiasi confine etico che dovrebbe invece presidiare un campo tanto delicato e dirompente. Non sempre cio' che e' possibile fare e' giusto fare. La bussola risiede nei valori etici che soli possono garantire che la scienza e la tecnologia agiscano per l'uomo e non per fini che possono ritorcersi contro l'uomo stesso.
In questo senso rimando ai numerosi richiami contenuti negli interventi di Papa Benedetto XVI, all'Istruzione dignitas Personae su alcune questioni di bioetica, ai saggi del Prof. Marcello Pera.
Il richiamo al cristianesimo e' tema che riguarda credenti e non credenti. IL cristianesimo, al pari di qualsiasi altra religione ha infatti una duplice dimensione: una trascendente a cui si aderisce mediante la fede; una diciamo immanente, vale a dire il patrimonio valoriale, che si rivolge a tutti, indipendentemente dalla posizione di fede.

Se e' vero che siamo piu' sensibili ai problemi della quotidianita', ad esempio quelli economici, e' mio convincimento che il futuro della societa' occidentale si giochera' sulla sua capacita' di reazione alle grandi sfide etiche e culturali a cui gia' e' chiamata.

Conclusioni

Riuscira' la politica ad affrontare le molteplici e complesse sfide che l'attende?
Naturalmente la domanda e' retorica giacche' nessuno ha la risposta.
E' pero' lecito un auspicio: quello che in ogni dimensione, dalle grandi questioni planetarie a quelle della comunita' locale, prevalga la tutela dell'interesse generale, superando egoismi ma sempre pensando alla comunita' ed al futuro di essa.

La politica non e' il gioco politico, come spesso viene immaginata e, purtroppo praticata. La politica, nel senso vero del termine, e' capacita' di agire nell'interesse della comunita'.

Mi piace concludere questo mio scritto con una citazione di Alcide De Gasperi:
"Il politico e' quello che pensa alle prossime elezioni, lo statista e' quello che pensa alla prossima generazione".

Lucca, 1 gennaio 2009
Paolo Razzuoli

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