logo Fucinaidee

Donne e società nella Lucca del Cinquecento. Maritate, monache, meretrici. di Mita Vellutini

Recensione di Alessandro Bedini.

Christiane Klapisch Zuber ha studiato la donna del Rinascimento attraverso i suoi silenzi, ossia la mancanza di notizie sulla sua funzione sociale e sul ruolo da essa svolto all’interno della comunità.
Régine Pernoud ha invece parlato della donna al tempo delle cattedrali, dunque nel medioevo e di come in questo periodo storico che consideriamo spesso così buio, la donna avesse potere, fiducia, rilevanza anche politica, e fosse, in molte cose, considerata alla stregua dell'uomo.
Dopo l’età di mezzo, con il riaffermarsi del diritto romano e di una cultura fortemente misogina, la donna viene di nuovo relegata ai margini, privata di ruoli sociali rilevanti, depauperata delle sue potenzialità e sensibilità nelle funzioni pubbliche.

Il libro di Mita Vellutini, studiosa lucchese, dall’affabulante titolo: Donne e società nella Lucca del Cinquecento. Maritate, monache, meretrici, affronta per l’appunto un tema assai spinoso e per certi versi ancora poco studiato, quello relativo alla condizione femminile in una società cittadina cinquecentesca profondamente maschile, attraverso vari elementi, tra cui l’analisi degli statuti cittadini che collocano monache e prostitute sotto un preciso cumulo di regole che intendono dare ordine a due funzioni così diverse ma per molti aspetti simili nel contesto comunitario, se non altro per trovarsi entrambe ai margini della vita quotidiana cosiddetta “normale”.
Monasteri e bordelli dovevano essere separati, per ragioni diverse ovviamente, dalla città. Seppure entrambe queste categorie svolgessero un ruolo ben preciso all’interno della civitas, erano comunque costrette a restarne fuori: le prime per evitare di essere contaminate dal mondo, le seconde perchè non lo corrompessero. A sorvegliare sulla purezza e onestà delle monache e soprattutto sulla fedeltà ai voti pronunciati, fu istituita a Lucca un’apposita magistratura i Protettori delle monache composta dai tre ufficiali e dal Gonfaloniere, che aveva tra gli altri lo scopo di tenere sotto stretta osservazione le suore che tali erano diventate non per propria scelta e vocazione ma costrette dai familiari e più in generale, dall’organizzazione sociale dell’epoca.
Lo stesso vale per le prostitute per le quali si istituì una magistratura denominata Protettori delle meretrici, la quale aveva il compito di tutelare i diritti di queste donne spesso oggetto di vessazioni e violenze di ogni tipo, le denunce delle quali rappresentano, come osserva opportunamente la Vellutini, una fonte storica di primaria importanza per conoscere più da vicino queste prostitute.

Quello scelto dall’autrice è un approccio storico-giuridico in quanto soltanto il vaglio di elementi che delineano in modo specifico i campi di intervento e di autonomia della donna possono farci conoscere quale fosse nella pratica concreta e quotidiana la sua condizione.
Mita Vellutini si muove con abilità e competenza nel campo delle fonti, sia di archivio che di altro tipo, regalandoci un affresco assai convincente della società lucchese cinquecentesca. Del resto per affrontare argomenti tanto specifici è necessario partire dal quadro d’insieme, comporre pian piano il mosaico, far parlare i protagonisti in modo da adattare la loro voce alla sensibilità del lettore moderno.

Obiettivi raggiunti dal libro della Vellutini che partendo dagli statuti lucchesi del 1539, gli ultimi compilati nel periodo repubblicano, affronta le diverse problematiche relative al diritto di successione, alla composizione e trasmissione della dote, al complesso potere patrimoniale che vedeva la donna sempre in posizione subordinata rispetto al maschio, fosse egli il padre, il marito, il fratello o il cognato. Per non parlare della condizione di vedovanza, che privava la moglie , di fatto del patrimonio familiare e dunque della possibilità di vivere in modo autonomo e indipendente.
Che il convento fosse uno strumento per controllare l’eccesso di popolazione femminile è un dato comune a tutta l’Europa del Cinquecento e non solo di questo secolo, e anche a Lucca tale politica veniva puntualmente applicata specie dopo le deliberazioni in materia varate dal concilio di Trento. Lo spaccato che viene fuori dalla ricerca di Mita Vellutini è dunque quello di una forte subordinazione della donna inscritta in una serie di regole rigide che comprendono molti doveri e pochissimi diritti e all’interno dei quali le diverse categorie sociali di appartenenza pongono condizioni più o meno dure asseconda che si tratti, ad esempio di una semplice serva o di una cittadina onorata e stimata della comunità. Le tabelle e le cartine che illustrano in modo puntuale la collocazione fisica tanto dei monasteri quanto dei bordelli, impreziosiscono il libro e ne facilitano la consultazione in quanto riproducono fedelmente uno status fisico, giuridico e antropologico in grado di delineare la composizione e le contraddizioni della società lucchese del XVI secolo.

Il Libro: Mita Vellutini, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2007, pagg. 167, € 24,00

Lucca, 13 marzo 2008
Alessandro Bedini

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina