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2008: e’ ancora possibile un po’ di fiducia?

Di Marzia Donati

E’ da poco iniziato un nuovo anno, ma che cosa si aspettano i giovani da questo 2008?
Mi permetto di parlare a nome loro, certa che molti ragazzi condivideranno alcune mie riflessioni.

All’inizio di ottobre del 2007, il ministro dell’economia Padoa-Schioppa, definì “bamboccioni” tutti i ragazzi che continuano a vivere sotto il tetto dei propri genitori per pura convenienza, nonostante il raggiungimento di un’età adulta. Ma forse il ministro aveva ragionato ben poco sulla particolare situazione che noi giovani ci troviamo a vivere oggi giorno.
La maggior parte dei ragazzi studia fino a tarda età, cerca di qualificarsi quanto più possibile specializzandosi costantemente in più settori, ma nonostante questo si ritrova a svolgere un lavoro precario e mal pagato.
Per i ragazzi che vorrebbero andare a vivere da soli, la questione diventa molto complicata. Gli affitti delle abitazioni hanno prezzi altissimi, ed acquistare una casa e quindi aprire un mutuo è non solo difficilissimo ma per molti addirittura impensabile.
Per le giovani coppie, l’idea di fare un figlio viene posticipata continuamente. Mettere al mondo un bambino, comporta un aumento della spesa a carico dei giovani genitori, che spesso non può essere sostenuta.

Inizia così a crescere la sfiducia generale che i giovani possiedono nei confronti della politica e delle istituzioni tutte, considerate responsabili dell’andamento negativo della nostra società.
Di fatto viviamo in un contesto sociale dove ciò che dovrebbe accadere normalmente, non solo non si realizza, ma diventa un qualcosa di utopico e di irraggiungibile. Mi riferisco alle promesse della classe politica o meglio ai buoni propositi della maggioranza dei nostri amministratori.
Ci ritroviamo ad essere governati da persone che promettono quotidianamente forti cambiamenti sociali, oppure modifiche sostanziali per il miglioramento della vita di noi tutti, senza che questo venga poi rispettato.

Il promettere e il non mantenere, alimenta così il disinteresse e lo scetticismo verso la politica e tutto ciò ad essa correlato, annientando così ogni sorta di miglioramento della società. Da qui una sorta di circolo vizioso secondo il quale, siccome tutto va male, è inutile impegnarsi affinché le cose migliorino, perché ogni sforzo grande o piccolo che sia, non apporterà nessun miglioramento sociale e le cose rimarranno tali e quali.

Aspettate non intendo far polemica, le osservazioni fin qui sviluppate sono forse banali e scontate, ma il mio intento è quello di far riflettere, giovani e meno giovani, su che cosa potremmo fare affinché la situazione possa quantomeno migliorare.

A mio avviso il primo passo affinché lo scetticismo e la negatività inizino a svanire consisterebbe nel vedere una classe politica che inizi finalmente a rispettare e mantenere ciò che promette.
Se questo avvenisse ci sentiremmo presi in giro molto meno e inizieremmo a credere un po’ di più nella classe politica.
La gioventù, infatti, si sente spesso usata in particolar modo durante le varie campagne elettorali, pensiamo che i politici si ricordino di noi solo per accaparrarsi maggiori consensi durante il periodo elettorale, dove veniamo citati continuamente.
Altro aspetto che a mio avviso aiuterebbe il soddisfacimento delle esigenze di noi giovani, consisterebbe in una maggior partecipazione da parte della gioventù stessa al mondo politico. Sono pochi i giovani che si impegnano attivamente in ambito politico, ma sono anche poche le energie con le quali la gioventù persegue certi ideali, forse perché ormai troppo delusi e sfiduciati da tutto ciò che ci circonda. Preferiamo così metterci da parte piuttosto che reagire attivamente ed alzare la voce per far sentire le nostre ragioni.
I giovani di oggi sono poi sostanzialmente sfiduciati nei confronti del futuro, hanno timore di quello che sarà. In molti quindi preferiscono vivere alla giornata piuttosto che fare progetti a lunga scadenza.

Ma che cosa alimenta questo atteggiamento di forte negatività?
A mio avviso e’ la consapevolezza che non e’ il merito ad essere la base dell’inserimento dei giovani nei processi produttivi, la chiave di lettura di un atteggiamento molto radicato nel mondo giovanile.
Spesso noi giovani ci troviamo di fronte a circostanze dove chi raggiunge certi impieghi, certi obiettivi economici, non è spesso il “migliore” per capacità, ma piuttosto chi possiede il piu’ influente “santo in paradiso”. Da qui la rinuncia all’impegnarsi totalmente, per la paura di mettere anima e corpo per qualcosa che potrebbe esserci tolto da qualcuno meno bravo e capace di noi. Tale aspetto è tipico della nostra società, ma non per questo deve diventare un qualcosa di normale e consolidato.

Ma allora da dove partire per aiutare questo cambiamento?
Sì alla meritocrazia, sì al vedersi mantenere le promesse fatte.
Ma ancor prima di questi “SI”, mi auguro di veder combattere in primo luogo contro il pessimismo che caratterizza questa generazione di giovani, per poi veder investire e lavorare sulla fiducia. Una fiducia nei confronti dei giovani e una fiducia della gioventù verso la società tutta. Una fiducia che diventi quindi la base del cambiamento che mi auguro avvenga quanto prima.
La gioventù non si aspetta chissà che cosa; abbiamo aspettative molto umili, ma è proprio con l’umiltà che spesso si realizzano forti cambiamenti. Perché l’umiltà è spesso sinonimo di semplicità, ed è da qui che dobbiamo partire, ovvero dagli aspetti semplici della vita quotidiana.

Lucca, 21 gennaio 2008
MARZIA DONATI

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