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Contestazione della visita di Benedetto XVI alla Sapienza: un segnale pericoloso per la democrazia italiana

A cura di Paolo Razzuoli

Ormai da anni ci siamo abituati alla particolare concezione che la sinistra estremista e certi settori della cosiddetta "cultura laica" hanno della democrazia.
Quando qualcuno osa dire cio' che non vogliono sentir dire ecco che si ricorre all'ostracismo, alla demonizzazione, alle contestazioni, qualche volta anche alle minacce.

Dal dopoguerra, la cultura di sinistra e' stata dominante in Italia.
Si e' trattato quasi di un appalto datole dalla classe politica dominante, occupata nella gestione del potere e poco attenta, certamente colpevolmente, all'egemonia che la sinistra ha imposto sulla scuola, sul mondo universitario, su gran parte delle attivita' editoriali.

Oggi che qualcuno ha aperto gli occhi, cominciando a mettere in discussione alcuni tabu' tipici della sinistra piu' regressiva, sta' emergendo, in tutta evidenza, la piu' autentica natura autoritaria e totalitaria di quell'area culturale.
Ecco che chi non la pensa come loro va messo a tacere, va accusato di cio' che mai si e' sognato di dire, magari va anche messo a tacere con il codice penale.
Chi osa tanto e' naturalmente un fascista, soggetto pericoloso per la causa della democrazia: un pericolo quindi, da mettere alla gogna con tutti i mezzi a disposizione.

Ecco - ad esempio - l'ostracismo e le minacce per giornalisti come Giampaolo Pansa, reo di aver osato alzare il velo che copriva vicende della guerra civile e dei fatti ad essa seguiti, mettendo anche in luce responsabilita' del PCI che dovevano restare nascoste.

Non parliamo poi della Chiesa Cattolica. Tutti possono parlare ma quando a farsi sentire e' un intellettuale cattolico, un prelato, o addirittura il Papa, ecco che la minaccia alla laicita' dello stato si materializza immediatamente.

Una strana concezione in vero della liberta': un esercizio garantito per alcuni ma negato per altri, naturalmente quelli che osano mettere in discussione la loro verita'.

Altro che laicita', che si sostanzia nella liberta' di pensiero, nella tolleranza, nel confronto, nell'accettazione delle opinioni di tutti.
Qui ci troviamo di fronte ad un pericoloso massimalismo, ad una presunzione e ad una supponenza senza ritegni, ad una intolleranza che nulla di buono lascia presagire.

E' questo un pericolo per la nostra democrazia?
Certamente credo di si', e penso che sia importante contribuire a far in modo che l'opinione pubblica prenda coscienza del vero spessore del problema.

Cio' che in questi giorni sta accadendo in occasione della prevista visita di Benedetto XVI all'Universita' La Sapienza di Roma e' paradigmatico della situazione.
Poiche' il Papa dice cose che questa gente non vuol sentire, allora e' democratico metterlo a tacere, in nome della laicita' dello stato.

Di seguito riporto un contributo di grande interesse che meglio delle mie parole fotografa la vicenda:
Un commento pubblicato dall'Osservatore Romano, ediz. del 16 gennaio 2008,

In una conferenza del 1990 Quando Ratzinger difese Galileo alla Sapienza

Giorgio Israel
Professore ordinario di Matematiche complementari Università di Roma La Sapienza

È sorprendente che quanti hanno scelto come motto la celebre frase attribuita a Voltaire - "mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso" - si oppongano a che il Papa tenga un discorso all'università di Roma La Sapienza. È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che al Papa soltanto sia riservato un divieto d'ingresso.

Che cosa di tanto grave ha spinto a mettere da parte la tolleranza volterriana? Lo ha spiegato Marcello Cini nella lettera dello scorso novembre in cui ha condannato l'invito fatto dal rettore Renato Guarini a Benedetto XVI. Quel che gli appare "pericoloso" è che il Papa tenti di aprire un discorso tra fede e ragione, di ristabilire una relazione fra le tradizioni giudaico-cristiana ed ellenistica, di non volere che scienza e fede siano separate da un'impenetrabile parete stagna. Per Cini questo programma è intollerabile perché sarebbe in realtà dettato dall'intento perverso, che Benedetto XVI coltiverebbe fin da quando era "capo del Sant'Uffizio", di "mettere in riga la scienza" e ricondurla entro "la pseudo-razionalità dei dogmi della religione".
Inoltre, secondo Cini, egli avrebbe anche prodotto l'effetto nefasto di suscitare veementi reazioni nel mondo islamico.

Dubitiamo però che Cini chiederebbe a un rappresentante religioso musulmano di pronunziare un mea culpa per la persecuzione di Averroè prima di mettere piede alla Sapienza. Siamo anzi certi che lo accoglierebbe a braccia aperte in nome dei principi del dialogo e della tolleranza.

L'opposizione alla visita del Papa non è quindi motivata da un principio astratto e tradizionale di laicità.
L'opposizione è di carattere ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede, anziché limitarsi a parlare di fede.

Anche la lettera contro la visita firmata da un gruppo di fisici è ispirata da un sentimento di fastidio per la persona stessa del Papa, presentato come un ostinato nemico di Galileo. Essi gli rimproverano di aver ripreso - in una conferenza tenuta proprio alla Sapienza il 15 febbraio 1990 (cfr J. Ratzinger, Wendezeit für Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt, Einsiedeln-Freiburg, Johannes Verlag, 1991, pp. 59 e 71) - una frase del filosofo della scienza Paul Feyerabend:  "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Non si sono preoccupati però di leggere per intero e attentamente quel discorso.
Esso aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e ne dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel Settecento Galileo è l'emblema dell'oscurantismo medioevale della Chiesa, nel Novecento l'atteggiamento cambia e si sottolinea come Galileo non avesse fornito prove convincenti del sistema eliocentrico, fino all'affermazione di Feyerabend - definito dall'allora cardinale Ratzinger come un "filosofo agnostico-scettico" - e a quella di Carl Friedrich von Weizsäcker che addirittura stabilisce una linea diretta tra Galileo e la bomba atomica. Queste citazioni non venivano usate dal cardinale Ratzinger per cercare rivalse e imbastire giustificazioni:  "Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica.
La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità". Esse piuttosto venivano addotte come prova di quanto "il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

In altri termini, il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna. Del resto chi conosca un minimo i recenti interventi del Papa sull'argomento sa bene come egli consideri con "ammirazione" la celebre affermazione di Galileo che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico.
Come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un simile infortunio? Un docente dovrebbe considerare come una sconfitta professionale l'aver trasmesso un simile modello di lettura disattenta, superficiale e omissiva che conduce a un vero e proprio travisamento. Ma temo che qui il rigore intellettuale interessi poco e che l'intenzione sia quella di menar fendenti ad ogni costo. Né c'entra la laicità, categoria estranea ai comportamenti di alcuni dei firmatari, che non hanno mai speso una sola parola contro l'integralismo islamico o contro la negazione della Shoah. Come ha detto bene Giuseppe Caldarola, emerge qui "una parte di cultura laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura laica, ma crea mostri".
Pertanto, ripetiamo con lui che "la minaccia contro il Papa è un evento drammatico, culturalmente e civilmente".

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