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SCHEDA SUL SISTEMA ELETTORALE SPAGNOLO

1. Il senso complessivo

Il sistema elettorale in vigore in Spagna è un proporzionale molto corretto, dagli effetti decisamente bipartitici.
E’ stato pensato per ottenere due effetti: un grado elevato di bipartitismo complessivo e una buona rappresentanza dei partiti regionali. Bipartitismo con federalismo, disincentivando invece la presenza di partiti minori nazionali.

Vi sono solo tre partiti nazionali (Pp, Psoe, postcomunisti di Iu) e alcuni partiti regionali rilevanti (Convergéncia i Uniò de Catalunya-Ciu, Partido Nacionalista Vasco-Pnv, Coaliciòn Canaria-Cc e Esquerra Republicana de Catalunya-Erc).
Il sistema ha mantenuto le promesse fatte da coloro che l’hanno elaborato nel periodo costituente.

2. I dettagli

Il sistema ha due pilastri: la proporzionale solo dentro ogni circoscrizione (senza che esse comunichino tra di loro, mettendo in comune i resti) e un numero molto elevato di circoscrizioni, corrispondenti alle province, che sono 50. Considerando che i deputati del Congresso (cioè della Camera che esprime la fiducia) sono 350, il numero di rappresentanti che si eleggono in ogni circoscrizione è molto basso:  varia da 1 (solo a Melilla e Ceuta), fino agli oltre 30 di Madrid e Barcellona. In molte circoscrizioni i seggi sono, tre, quattro o cinque. La media è di sette seggi.
Agisce pertanto uno sbarramento implicito molto consistente che, insieme, alla regola matematica  per la conversione dei voti in seggi costituita dal metodo del divisore d’Hondt, tende a sovrarappresentare le formazioni più grandi a discapito di quelle più piccole.  La legge elettorale prevede anche una soglia di sbarramento formale del 3% a livello circoscrizionale.
Essa vale a escludere i partiti molto piccoli nelle circoscrizioni più grandi, come, ad esempio, quelle di Madrid e Barcellona.  La soglia di sbarramento formale ha quindi effetti limitati, molto più incisivo è l’effetto degli altri elementi prima citati.

Questo insieme di elementi avvantaggia i partiti più grandi. Ma, allo stesso tempo, non penalizza le formazioni regionali i cui consensi sono concentrati in specifiche circoscrizioni e consente alle formazioni nazionali capaci di superare la soglia del 3 per cento in sede circoscrizionale di conseguire una rappresentanza parlamentare, sia pure di più ridotte dimensioni.
Per cui esso permette di bilanciare la rappresentatività popolare con la rappresentatività territoriale espressione delle istanze autonomistiche.

 

Le liste sono “bloccate”, senza voto di preferenza (che del resto è sconosciuto a tutte le maggiori democrazie dell’Occidente ed esiste solo in pochissimi paesi al mondo), ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste (come abbiamo visto, nella gran parte delle circoscrizioni solo  tre, quattro o cinque) consente comunque un buon rapporto di conoscenza e di relazione tra elettori e candidati.
Anche se il partito maggiore non ottiene la maggioranza assoluta dei seggi, sono possibili ed efficienti anche Governi di maggioranza relativa, con appoggi esterni dei partiti regionalisti.

3. Le conclusioni per la possibile importazione in Italia

Il sistema appare facilmente adattabile, dato che sarebbe sufficiente prendere le attuali circoscrizioni e frammentarle in tante circoscrizioni provinciali autonome. Invece il passaggio al sistema tedesco, francese o inglese richiederebbe anche il ritaglio di collegio uninominali.
L’adozione di un tale sistema sarebbe fondata, in caso di caduta della coalizione, sull’esigenza di passare da un bipolarismo di coalizioni a un bipolarismo di partiti a vocazione maggioritaria.

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