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GRILLO E LA POLITICA - LA POLITICA E I PARTITI

di Antonio Rossetti

Se un comico, quale dichiara di essere Grillo, interviene, da anni, su molti argomenti che riguardano i politici, l’economia, le istituzioni, i partiti, e con tali argomenti riunisce migliaia di spettatori, ci sarebbe da chiedersi anche perché molti politici si presentano con assidua frequenza a spettacoli di varietà senza grossa fortuna.

Non intendo liquidare l’argomento dicendo che ognuno dovrebbe tornare nel proprio campo di interesse, ma qualche riflessione deve essere pur elaborata, se non si vuole ancora scendere a livelli più bassi di credibilità da parte dei cittadini che sempre in numero maggiore disertano le urne in occasione del voto.

C’è da dire che qualcuno si stupisce di qualcosa che, da anni, il comico genovese va predicando sul suo blog a partire dal caso Parmalat, per passare alle questioni dei telefonini, delle scatole cinesi di Tronchetti Provera e via discorrendo, il preavviso c’era già ed è probabile che qualcuno pensasse di lucrarci su considerando a suo favore le critiche, poi i conti non sono tornati e allora…….

Altri avranno immaginato a cose passeggere che comunque il tempo avrebbe liquidato o assorbito Le stagioni del Dipietrismo, e prima ancora il 68 e poi la pantera all’università, e poi i girotondi, se tra qualche giorno passerà anche Grillo e il copione è rispettato e si torna a vivacchiare fino al prossimo caso.
Per chi non è interessato a cavalcare le onde della esasperazione delle carenze e degli errori per distruggere tutto( come si diceva un tempo di buttare il bambino insieme all’acqua sporca) non può che esserci la grave preoccupazione per il vuoto o i vuoti che lascia la politica e che altri pensano di colmare, non sempre con intenti costruttivi.

Il rischio vero non è che i comici si diano alla politica, la democrazia vale per tutti, ma che la politica venga considerata , per atteggiamenti e comportamenti, uno spettacolo indecente.

Rispetto alla critica verso i partiti ed alla loro auspicata distruzione, come dice Grillo, c’è da riflettere se i partiti sono all’altezza della realtà complessa, quale si presenta nel nostro Paese, nel rispetto dei principi presenti nella costituzione.
In questi anni sono nati decine di partiti e di liste, personali, senza strutture senza sedi stabili, senza vita democratica.
I congressi dalle sezioni fino al vertice, quando ci sono, sono occasioni di passerella e di ratifica, altro che confronto e dibattito sui contenuti di valore e di programmi.
Le sedi, poche per la verità, sono sguarnite e vengono aperte per la durata delle campagne elettorali nella logica dei partiti “ comitati elettorali”.
La maggior parte di coloro che si impegnano in politica scelgono le sedi istituzionali, non la vita di partito, e dall’incarico di Senatori, deputati, presidenti di regione, presidenti di provincia e sindaci, si pongono nelle condizioni di controllare ciò che resta dei partiti.
La fine delle incompatibilità tra incarichi (mai dichiarata ne in un senso e neppure nel suo contrario), che vedeva la distinzione tra incarichi nel partito e nelle istituzioni, a partire dal Governo centrale, ha ancora di più indebolito il partito a vantaggio delle posizioni personali.

Ministri –segretari di partito, si trovano di fronte a contraddizioni che non riescono a comporre, basta vedere le assurdità di questi mesi, segretari di partito che come ministri votano dei provvedimenti mentre in quanto segretari dichiarano di non condividere. ( nei periodi dei quali si parla come della antichità solo raramente i segretari di partito erano nel governo).
Indipendentemente dai giudizi storici che vedono nella fine dei partiti la nascita di poteri assoluti, di autoritarismi e totalitarismi comunque, la contraddizione sta nel volere distruggere qualcosa che al contrario deve essere costruita o ricostruita.
Se la scelta di Grillo è quella di presentare liste, non sarebbe una novità, di liste civiche ce ne sono già migliaia in tutta Italia, e anche i suoi candidati, se eletti, dovranno fare i conti con la realtà e se sapranno meritarsi la fiducia dei cittadini sarà loro merito.
Chi invece ritiene che la partecipazione democratica nella vita politica sia una condizione fondamentale, rispetto ad un “ singolo “ che decide per tutti, non hanno bisogno di aspettare ancora, anzi sono già in ritardo, perché le percentuali di voto intorno al 50% -60%, sono segno di malessere da comprendere e da considerare in termini costruttivi.

Attendere che questa “ transizione infinita “ sia completata per agire è un doppio errore:
a) In primo luogo vengono lasciati spazi per operazioni populiste, anche questa lo è, e monocratiche;
b) secondo, la transizione approderà, ad un nuovo assetto anche senza il ruolo attivo dei cittadini; la qualita' di tale assetto dipendera' dal grado di partecipazione dei cittadini e delle loro rappresentanze "associazioni e partiti".

Non basta liquidare tutto attribuendo etichette al disfattismo, occorre offrire alternative credibili per costruire, altrimenti c’è una complicità indiretta, voluta o no cambia poco.

Lucca, 6 ottobre 2007
Antonio Rossetti

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