logo Fucinaidee

Perché non vanno a votare?

Di Antonio Rossetti.

La percentuale degli elettori per il sindaco e il consiglio comunale di lucca è stata del 62,4% al secondo turno mentre lo scorso hanno fu del 54,9% per le elezioni in provincia, ma non si tratta di una vicenda locale ed è per questa ragione che preoccupa la scarsa attenzione su questo fenomeno a tutti i livelli.
Una astensione che si avvicina stabilmente intorno al 40 % dovrebbe essere fonte di grave preoccupazione e di strategie per riaprire e consolidare il rapporto partecipativo da parte dei cittadini alla vita delle istituzioni.

E’ a tutti noto che la partecipazione al voto è un atto fondamentale di democrazia rappresentativa in quanto si eleggono i rappresentanti della comunità nelle articolazioni istituzionali ( comune, provincia, regione, governo, Europa) e l’aumentare del distacco è un passo indietro anche per la democrazia intesa in senso pieno.
Chi vince o chi perde sa bene che il risultato non cambia, comunque i seggi vengono assegnati ed il sindaco o il presidente della provincia sono eletti, ma la vita di una comunità non si esaurisce nel giorno delle elezioni , ma prosegue nel corso del mandato.

La disaffezione ed il distacco portano a situazioni paradossali, a Lucca è stato vissuto quasi come una condizione normale perfino un anno di commissariamento del comune, atto grave di negazione della democrazia partecipativa e deliberativa.
Se consideriamo che questa disaffezione è in aumento in presenza di una legislazione che consente l’elezione diretta del sindaco, dopo la legge 81/93, c’è molto da ripensare.

Si riteneva, da parte dei legislatori del tempo, che questo nuovo sistema elettorale avrebbe avvicinato i cittadini alla istituzione e quindi ridotta la disaffezione, questo anche per effetto di altre leggi sulla materia, in particolare la separazione tra funzioni e responsabilità politiche e tecnico gestionali e amministrative.
In sostanza separazione di poteri e maggiore funzionalità, minore occasioni per casi di corruzione e soprattutto snellimento delle procedure e trasparenza e,con la legge 241, accessibilità per gli atti.
Nel corso degli ultimi 15 anni un susseguirsi di leggi , ma il risultato nel rapporto cittadini amministrazione, anche la più vicina come il comune, non appare migliorato.

A mio avviso, tra i tanti argomenti che si legano, si nota la mancanza di una strategia che consideri la partecipazione e la democrazia, sia rappresentativa che deliberativa,come obiettivi da conquistare.
In concreto prendendo ad esempio la legge 81/93 risulta evidente , nei comuni con oltre 15.000 abitanti, il problema del rapporto tra elettori ed eletto ( incompatibilità di carica tra consigliere eletto e componente di giunta nominato dal sindaco), così come nel rapporto tra gli organi vi sia una condizione di forte squilibrio tra ruolo e poteri del consiglio ( comunale o provinciale) e del sindaco o del presidente della provincia. Infine il rapporto tra questi e la giunta, nominata dal sindaco, che vede attribuiti ruoli e poteri cosiddetti residuali, che non competono ne al sindaco ne al consiglio.

Questa legge, figlia di un periodo di forte crisi dei partiti, e della politica e in presenza di diffuse pratiche di corruzione e concussione, considerava il rafforzamento dei poteri alla figura monocratica, sindaco e presidente, una condizione di stabilità e di governabilità.
Con il passare del tempo ci si può rendere conto che la stabilità è una delle condizioni per la governabilità, ma non è la governabilità che richiede la capacità di governare con il consenso.
Quindi poteri quasi totali alla figura del sindaco, svuotamento del consiglio e della giunta, inefficienza e discrezionalità sono addirittura aumentate, così come è aumentato il distacco che i cittadini manifestano con la disaffezione al voto.

So bene che questo non è tutto, così come per l’altro tema dei costi della politica sono necessarie scelte strategiche a livello nazionale, ma anche in questo caso gli esempi potrebbero avere il significato dell’avere compreso il problema più generale.
Nel primo caso, attraverso gli statuti dei comuni si potrebbero migliorare e rafforzare i ruoli delle assemblee e degli organismi collegiali , rispetto alla figura monocratica, ed al tempo stesso attivarsi per una legislazione che produca effetti positivi sulla partecipazione e democrazia.
Nel caso dei costi della politica si può scegliere tra il minimo e il massimo, senza andare sempre nel livello superiore, anche qui un esempio, se il campo di scelta è tra 8 e 14 assessori, per un comune come quello di Lucca, decidere per 8, sarebbe un esempio.

Questo vale per tante altre attività sia degli enti locali che delle regioni, e in modo particolare per camera e senato, dove gli sprechi e l’assurdità scatenano il maggiore risentimento degli italiani.

Purtroppo, ogni volta si parla di campanello di allarme e poi si continua come prima. Ricordo che ci si preoccupava già al 15° 20% di assenteismo al voto, ma poi non si faceva nulla.

Lucca, 27 luglio 2007
Antonio Rossetti

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina