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Governo Prodi: sempre piu’ profondo il solco che lo separa dalla maggioranza del Paese.

Di Paolo Razzuoli

Non e’ necessario ricorrere alla lettura dei sondaggi per rendersi conto di quanto il Governo Prodi sia ormai distante dall’approvazione della gente.
Parlando, ascoltando, negli ambienti piu’ vari e con persone appartenenti ai piu’ diversi blocchi sociali, la delusione e palpabile.
“Se tornassi indietro certo non lo voterei”; “non avrei mai creduto che potessero fare cose del genere”; “un raggruppamento del genere non ha certo i requisiti per affrontare i grandi nodi strutturali che dovrebbero essere sciolti se si vuole imboccare la strada della crescita”.
Sono queste alcune delle espressioni che ho avuto modo di ascoltare ricorrentemente, sia da chi e’ impegnato in attivita’ produttive, sia dai lavoratori dipendenti dei comparti pubblico e privato, sia da giovani che non riescono a vedere un loro reale inserimento nel mondo del lavoro.

Insomma la delusione e’ diffusa e attiene ai piu’ diversi ambiti dell’azione politica.
Provando a sviluppare la riflessione, mi sembra che le ragioni che stanno approfondendo il solco fra il governo ed il paese reale possono essere indicate in tre filoni di tematiche politiche:
la politica economica,
le scelte riguardanti gli istituti sociali, in primo luogo la famiglia, che stanno creando difficolta’ di rapporto con le gerarchie cattoliche;
la politica estera.

Iniziando il ragionamento dalla politica economica, mi pare che le scelte operate con la legge finanziaria per il 2007 stiano scontentando un po’ tutti.
Infatti, mentre e’ palpabile l’aumento della pressione fiscale, non si capisce quale disegno di crescita si intenda perseguire. Cio’ che si capisce e’ che, al di la’ dei miliardi di Euro necessari per riportare il rapporto PIL debito pubblico entro i parametri previsti, si e’ operato un ulteriore prelievo di denaro per ridistribuirlo sulla base di promesse elettorali, senza pero’ che cio’ serva a creare reali condizioni di sviluppo.
E’ qui il caso di ricordare che c’e’ bisogno di una politica che rimetta in moto l’economia, creando condizioni generali favorevoli. Certo a cio’ puo’ contribuire anche in parte il sostegno pubblico, ma i nodi da sciogliere nel nostro Paese, penso proprio di non sbagliare, sono di natura strutturale e vanno individuati nella necessita’ di sburocratizzazione, nella necessita’ di migliorare in modo deciso l’efficienza della pubblica amministrazione, nella necessita’ di infrastrutture prime fra tutte quelle della mobilita’, nella necessita’ di intervenire sulle relazioni sindacali mediante una legislazione che si ispiri ad una visione equilibrata fra flessibilita’ e stabilita’.

Di tutto cio’ nulla si intravede. Al di la’ dell’accrescimento della pressione fiscale, la sensazione e’ che la contraddittorieta’ della maggioranza, fortemente condizionata dalla cosiddetta sinistra alternativa, non sara’ in grado di affrontare nessuno dei veri nodi dello sviluppo.
L’atteggiamento di contrarieta’ alla realizzazione delle infrastrutture (vedi TAV e ponte sullo stretto, la visione ideologica dei rapporti sindacali, una cultura sostanzialmente diffidente verso i ceti produttivi, sono solo alcuni dei tratti politici di una parte della maggioranza di governo che, lo si vede quotidianamente, ha un fortissimo potere di condizionamento e con la quale il Presidente del consiglio ha di sovente mostrato la propensione ad un asse privilegiato.

Se e’ vero che esiste un problema di equita’ nella distribuzione della ricchezza, e’ altrettanto vero che primariamente la ricchezza da distribuire va prodotta. Se si deprimono i meccanismi per la produzione del reddito e’ inevitabile conseguenza che si ridurranno anche le risorse da distribuire.

Veniamo ora ai problemi che hanno creato difficolta’ di rapporto con le gerarchie della Chiesa cattolica: un contrasto di livello sconosciuto nella storia della Repubblica italiana.

Nella recente vicenda del disegno di legge governativo sui cosiddetti Dico, appare anzitutto inconsueto che su un tema cosi’ delicato il governo sia sceso nell’agone in prima persona.
Nella storia repubblicana, allorche’ si e’ trattato di affrontare grandi tematiche con forte caratterizzazione etica, (il divorzio, l’aborto ecc.), l’iter legislativo si e’ messo in moto sulla base di proposte parlamentari alle quali il governo e’ rimasto estraneo.
Questa volta, invece, e’ stato il governo a proporre un ddl, assumendosi cosi’ la responsabilita’ politica della scelta.
Al di la’ della sorte che avra’ il ddl sui Dico, (vedremo se in Senato trovera’ i voti), mi pare difficile che la scelta abbia il consenso della maggioranza degli italiani. Del resto un segnale era pervenuto anche dal referendum del 2005 sulla legge sulla procreazione assistita, certo un tema diverso da quello che si vorrebbe regolare con i Dico, ma che pur rappresenta un indicatore di come il Paese reagisce laddove si interviene su certe tematiche.

Qui mi sembra necessario introdurre un ulteriore elemento di riflessione.
Viviamo in una societa’ estremamente complessa, ove la scienza e la tecnologia hanno raggiunto traguardi impensabili fino a pochi anni or sono, ove e’ ormai imperante, nella societa’ occidentale, il positivismo giuridico. Una situazione che sta sviluppando una grandiosa rivoluzione antropologica, nella quale vengono travolti molti istituti tradizionali della nostra storia e della nostra cultura.
In questo contesto la legge deve essere solo finalizzata alla regolamentazione dell’esistente oppure deve avere anche una funzione “profetica” intervenendo laddove certi comportamenti sono ritenuti tali da scardinare istituti ritenuti fondamentali per un ordinato assetto sociale?
Propendo per la seconda idea e penso che una delle emergenze del nostro tempo sia proprio quella della caduta di valori, dell’edonismo dilagante, del diffondersi di atteggiamenti di deresponsabilizzazione, di ricerca immediata della felicita’ in mancanza di autentici progetti di vita.
Temi che interpellano la politica, anzi che la legittimano poiche’ e’ su questo terreno che si gioca il futuro dell’umanita’. E’ vero che la gente e’ piu’ sensibile a qualche decina di Euro in piu’ in busta paga, ma non puo’ sfuggire che i grandi nodi della contemporaneita’ sono in realta’ quelli di natura etica e culturale.
Molto apprezzo i continui richiami di Papa Benedetto XVI, che con grande lucidita’, coraggio e lungimiranza, si sta fortemente esponendo, tirandosi addosso i fulmini della dominante cultura secolarizzata.

Tornando al discorso sul nostro governo, c’era proprio bisogno di intervenire con questo disegno di legge?
A certe situazioni non da’ gia’ risposte il Codice civile?
Perche’ creare una cosi’ forte tensione con la Chiesa cattolica su un tema non sentito dalla maggioranza del Paese? Quali sono i gruppi di pressione che il governo ha voluto accontentare?

Sono certo interrogativi legittimi, che la gente si pone, e che rendono sempre piu’ distante l’azione di questo governo dai veri bisogni della gente.

Infine, ma non certo ultima per importanza, la politica estera.
Si sta diffondendo un clima di difficolta’ nei tradizionali rapporti internazionali del nostro Paese.
All’interno della maggioranza i gruppi della sinistra alternativa sono da sempre portatori di un dichiarato anti-americanismo. Un atteggiamento che affonda le radici nell’ideologia e nella storia di queste forze che hanno sempre visto negli USA il simbolo di quel capitalismo contro cui combattere.
La manifestazione di Vicenza, fortunatamente pacifica, e’ stata uno show di queste anime della sinistra e, in un certo qual senso, e’ stata l’occasione di una partita all’interno della sinistra.
Quando tre partiti della maggioranza contestano le scelte del governo e’ chiaro che qualcosa non funziona e non si capisce proprio come si possa far finta di nulla.
La politica estera e’ essenziale per la vita di una nazione. qual e’ la politica estera del Governo Prodi?
E’ una politica che si inserisce nel solco delle tradizionali scelte della nostra storia repubblicana oppure e’ una politica orientata ai richiami delle sirene dell’estrema sinistra?
La gente vorrebbe proprio saperlo.

Per noi e’ fondamentale l’opzione atlantica. Una scelta strategica di lungo respiro che va ben al di la’ di scelte di una singola amministrazione statunitense che si puo’ non condividere. Occorre tener ben separati i problemi delle scelte su singoli scacchieri con le indicazioni di prospettiva. Viviamo in un mondo ancora molto pericoloso e l’Italia, per la sua posizione geografica, e’ sicuramente molto esposta.
La scelta atlantica e quella europeista vanno quindi considerate come parte della medesima strategia, e vanno percorse senza esitazioni.

Politica economica, politica sulle grandi scelte valoriali, politica estera: sono questi i grandi temi del governo di una societa’. Su entrambi i fronti il Governo Prodi mostra la sua vera natura di strumento in balia della visione del mondo dell’estrema sinistra: una visione certo estranea a quella della maggioranza degli italiani.

Le prossime elezioni amministrative, se pur nella loro diversita’ rispetto alle “politiche”, potranno rappresentare la prima occasione per dar voce al dissenso sulle scelte governative.
A Lucca poi le affronteremo potendo puntare su un candidato di grande spessore, il Sen. Mauro Favilla, portatore di una proposta alternativa alla sinistra, ma nello stesso tempo ispirata a contenuti programmatici e metodologici che correggono certe storture evidenziatesi nel periodo del governo del centrodestra. Un progetto che raccoglie al meglio la tradizione democratico-cattolico-liberale e riformista e che, nella dimensione locale, cerca di ricondurre a sintesi le esigenze dello sviluppo, dell’efficienza, della democrazia. Una proposta che, fra i suoi obiettivi, ha certo quello di non far ricadere sulla comunita’ locale gli errori di questo governo nazionale.
Una proposta centrista nel senso piu’ nobile del termine, che ha registrato il consenso delle forze del centrodestra, e che potra’ rappresentare un momento di laboratorio politico capace di produrre risultati anche esportabili in una dimensione piu’ vasta di quella lucchese.

E’ da augurarsi che gli elettori, ben comprendendo il senso della posta in gioco, si mobilitino sia per assicurare a Lucca un governo all’altezza della sua tradizione, sia per dare un forte segnale di disagio verso le scelte di un governo nazionale che sempre piu’ approfondisce il solco che lo separa dalla maggioranza del Paese.

Lucca, 18 febbraio 2007

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