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Veramente strano il senso della democrazia e della liberta' dei partiti del centrosinistra italiano.
Quando qualcuno si esprime in favore delle loro scelte, rappresenta una grande maturita' culturale e democratica, quando invece qualcuno "osa" contrastarli, o e' oscurantista, o e' reazionario o impropriamente ingerisce.

Se il nostro ordinamento consente a chiunque di esprimersi liberamente perche' le posizioni della Chiesa cattolica sono tacciate di indebite ingerenze?
Perche' la Chiesa, al pari di qualsiasi altra realta' presente nel nostro Paese non dovrebbe avere il diritto di esprimersi su temi, vedi la famiglia, che attengono alla sfera etica, quindi afferente anche la dimensione religiosa?

Mi pare che l'atteggiamento di forze della nostra maggioranza di governo proponga aspetti pericolosi, che la dicono lunga sulla loro capacita' di sapersi misurare con un vero pluralismo, professato a parole, ma spesso vissuto con fastidio.
Il solito atteggiamento massimalista, di matrice veterocomunista, ben presente soprattutto nella sinistra alternativa, che condiziona vistosamente molte fondamentali scelte della politica italiana attuale.

Quale elemento per stimolare la riflessione, mi pare utile proporre un contributo apparso sull'Osservatore Romano del 16 febbraio 2007, ben articolato e scritto con linguaggio pacato e scorrevole.

Paolo Razzuoli

Le cose dell'uomo

di GAETANO VALLINI

da L'Osservatore Romano, edizione del 16 febbraio 2007

In tempi di acrobazie verbali, oltre che giuridiche, forse vale la pena sottolineare qualche punto fermo, che non si presti a fraintendimenti.

Una Chiesa che si occupa delle cose di Dio non può non occuparsi delle cose degli uomini. Perché l'uomo è cosa di Dio. Per questo tutto ciò che riguarda l'uomo riguarda la Chiesa. E nulla più della famiglia riguarda l'uomo.
Non si comprende, quindi, perché la Chiesa, il Papa e i Vescovi non possano intervenire su un tema tanto delicato quanto cruciale come quello della famiglia.
Intervenendo, la Chiesa non difende una posizione "politica", ma semplicemente adempie al suo mandato, che è anche un suo diritto:  predicare con libertà la fede e insegnare la sua dottrina sociale, dando un giudizio morale anche su cose che riguardano l'ordine politico se in gioco ci sono l'uomo e la sua dignità.
Negare  ciò  significa  negare  un  diritto-dovere.

Benedetto XVI è stato chiaro:  "Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere:  forse che l'uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo? Non è piuttosto il loro - il nostro - dovere alzare la voce per difendere l'uomo, quella creatura che, proprio nell'unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio?".

Di fronte a queste parole ci sembrano quanto meno inopportune quelle voci che in questi giorni, anche con appelli pubblici, vorrebbero far tacere questa "voce" tanto autorevole quanto scomoda. Tanto scomoda da essere definita da alcuni impropriamente un'"ingerenza".
La Chiesa sulla famiglia ha il dovere di parlare. Chi vuole, ascolta. Ma non le si chieda di tacere. Sulla famiglia, sul matrimonio, esiste una verità che la Chiesa non può tacere e che i credenti sono chiamati a preservare, oltre che a vivere e a testimoniare. Perché si ritiene sia patrimonio di tutti, dell'intera società. Del resto è una verità che non possiede un carattere peculiarmente religioso - l'antropologia l'insegna - e, per questo, l'impegno in difesa della famiglia dovrebbe riguardare tutti.

Forse bisognerebbe riconoscere che le cose di Dio e le cose degli uomini coincidono più di quanto si sia disposti a riconoscere. E quando ciò accade - come in questa circostanza  -  la  testimonianza diventa anche impegno di civiltà.

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