logo Fucinaidee

La relazione del presidente UDC, Rocco Buttiglione, presentata al Consiglio nazionale il 10 ottobre 2006, offre numerosi ed importanti elementi di riflessione attorno a nodi centrali della contemporaneita'.
Temi che attengono alla visione dell'uomo e del suo rapporto con la societa' di oggi, e che, purtroppo, vengono di sovente declassati in un dibattito politico piu' attento a fattori di impatto piu' immediato, vedi i problemi economici, certo rilevanti ma che non debbono sfumare l'attenzione attorno alle questioni centrali con i quali deve, e sempre piu' dovra' misurarsi l'uomo del terzo millennio.

Relazione del presidente Rocco Buttiglione al Consiglio Nazionale Udc

Roma, 10 ottobre 2006

L’Udc è un partito popolare di ispirazione cristiana.
Popolare significa che l’Udc non è un partito ideologico. Non esprime una particolare filosofia o una originale concezione del mondo. Non è necessario un corso di introduzione alla particolare “dottrina dell’Udc” per entrare nel partito. Le idee che noi difendiamo sono quelle che sono diffuse all’interno del popolo italiano. I valori a cui ci ispiriamo sono gli stessi che hanno sostenuto generazioni e generazioni di italiani ed hanno dato loro la forza di amare, di sposarsi, di lavorare, di avere figli, di educarli, di far fronte alle difficoltà ed alle tragedie di cui pure è intessuta la nostra storia.

È a questi valori che attinge anche la creatività del nostro popolo che si è espressa nell’arte, nella cultura, nella musica, nel lavoro, nel gusto della vita e nella grande umanità che caratterizza il popolo italiano.
Siamo un partito di gente che lavora e figli di lavoratori che proprio attraverso il lavoro hanno saputo migliorare la loro condizione e lasciarci condizioni di vita più umane. Sentiamo il valore della libertà e della solidarietà. Vogliamo dare forma alla nostra vita attraverso l’esercizio della nostra iniziativa e della nostra responsabilità. Questo è ciò che indica la parola sussidiarietà. Crediamo nella vita e nella famiglia, attraverso la quale passa l’educazione, la cultura ed il vincolo fra le generazioni.

Siamo un partito di ispirazione cristiana. Questo non vuol dire che siamo tutti cristiani. Vi sono tra noi (e sono benvenuti) alcuni ebrei, alcuni che aderiscono ad altre religioni e alcuni che farebbero fatica a definire esattamente la loro identità religiosa.
La nostra ispirazione cristiana è laica. Non vogliamo imporre a nessuno né la fede né la teologia cristiana. Semplicemente riconosciamo che i valori che incontriamo nella vita del popolo e che sono costitutivi anche della nostra personalità sono nati in gran parte da una storia cristiana, sono stati generati da una fede viva. Non li difendiamo perché sono in qualche modo contenuti nei libri sacri ma perché li abbiamo conosciuti come veri nella nostra vita, sono costitutivi della nostra esperienza e della nostra cultura. Essi sono costitutivi, in gran parte, anche della cultura e della vita di tanti che non si definiscono esplicitamente come cristiani ma quei valori hanno ricevuto dalla loro famiglia, dall’ambiente in cui sono cresciuti, dalla loro propria esperienza. Noi ritroviamo i valori cristiani nell’esperienza di vita del popolo. Per questo siamo laici: rispondiamo dei nostri comportamenti al popolo, a noi stessi e alla nostra coscienza. Ma per questo nessuno può chiederci di mettere tra parentesi i valori cristiani, la concezione cristiana della vita e della famiglia, della libertà e della solidarietà e della pace, nel momento in cui affrontiamo il dibattito e la decisione politica.
Quei valori, al contrario, noi vogliamo rappresentare democraticamente ed essi sono il collante che unisce una classe dirigente ed un popolo.
Con quei valori partecipiamo al grande dibattito collettivo in cui si definiscono di volta in volta gli orientamenti della nazione. Alcune volte vinceremo, altre perderemo. Il bello della politica democratica è, però, che nessuna sconfitta è definitiva. Dopo ogni sconfitta è possibile sperare di riportare un giorno la questione davanti al popolo e che il popolo, meglio informato, ci dia il suo consenso.

Crediamo che i valori cristiani e la esperienza cristiana siano pienamente umani e li portiamo nel dialogo culturale e politico del nostro tempo, convinti di esercitare un nostro diritto e di essere portatori di un dono per tutti.

Su questi principi don Luigi Sturzo ha fondato a suo tempo il Partito Popolare Italiano. Su questi principi si è costruito nel secolo XX un grande movimento democratico cristiano in Europa e nel mondo, che è stato fattore di pace e di progresso economico e culturale. Questo movimento ha posto anche le basi delle istituzioni europee nelle quali noi oggi ci riconosciamo.
Noi continuiamo oggi la tradizione sturziana del partito popolare di ispirazione cristiana.

Perché è importante sottolineare l’ispirazione cristiana del Partito Popolare? Perché la cultura che costituisce il tessuto connettivo della vita del popolo è continuamente sottoposta ad una duplice sfida, dall’esterno e dall’interno. L’evolversi della società e della storia pone nuove questioni e gli antichi valori hanno bisogno di essere riformulati criticamente per continuare a svolgere il loro ruolo di orientamento e di guida. Emergono inoltre periodicamente movimenti, forze sociali e culturali, nuovi problemi che ci costringono a riformulare i nostri valori, ad impegnarci in un dialogo con nuovi interlocutori e se necessario ad ingaggiare una lotta per difendere così ciò in cui crediamo.

C’è bisogno oggi in Italia di un partito popolare di ispirazione cristiana?
Sì, ce n’è bisogno e per questo partito c’è un ruolo più forte, più centrale, più vitale oggi che nel recente passato.

Abbiamo vissuto una fase culturale segnata dal tema della deideologizzazione della politica. Le ideologie dell’Ottocento e del primo Novecento, fascismo e comunismo, sono fallite e nel loro fallimento ha trionfato il pragmatismo in politica. Partiti leggeri, a radicamento debole e con riferimenti valoriali poco vincolanti sembravano destinati a dominare la scena politica del paese. Questo clima culturale è in realtà già alle nostre spalle. Ci troviamo oggi davanti ad una sfida e ad una minaccia alla identità culturale dell’Occidente, dell’Europa e della Nazione italiana, e davanti a questa minaccia siamo tutti chiamati a prendere posizione.
La minaccia emerge dall’interno della nostra cultura e sopravviene contemporaneamente dall’esterno.
All’interno cresce e minaccia di trionfare quella che Benedetto XVI chiama relativismo etico. In nome della libertà si attaccano e si distruggono i valori e le strutture sociali che favoriscono la formazione di una personalità responsabile e libera.
È messa in questione la sacralità della vita umana. L’uomo vale solo fino a quando è soggetto attivo della produzione e del consumo. La vita del malato terminale, e in prospettiva dell’anziano improduttivo, non è considerata degna di essere vissuta. Si considera accettabile il sacrificio di vite umane embrionali per selezionare embrioni considerati ottimali per la riproduzione della specie oppure per fornire materie prime per la ricerca medica. Si ritiene che per essere politici democratici e politicamente corretti sia necessario non avere convinzioni forti e chiare visioni di valori. Una democrazia senza valori cade vittima della corruzione perché la classe politica non ha motivo di resistere alla tentazione della corruzione ed anche della violenza, quando possa farne uso senza rischio. Il risultato è la decadenza della democrazia ed il rischio di forme nuove e più subdole di totalitarismo.

Anche la società civile si corrompe. Trionfa la corsa al godimento immediato ed entrano in crisi tutti i vincoli comunitari. Prevalgono sul bene comune gli interessi particolari. I giovani rimangono privi di orientamenti morali, non sono incoraggiati a innamorarsi, a sposarsi, a generare dei figli, a investire sul futuro. Non sono aiutati a trovare un lavoro, a costruirsi un cammino nella vita. Cresce il fossato fra le generazioni e si indebolisce la solidarietà fra i gruppi e le classi sociali.
Non nascono più bambini e cresce la difficoltà di educare ed accompagnare alla maturità quelli che nascono.

Mentre si indebolisce l’identità dell’Occidente un’altra identità si afferma sulla scena del mondo e ci sfida: è quella dell’Islam che imponenti movimenti migratori portano anche all’interno dei nostri confini.
Diciamo subito che noi intendiamo affrontare questa sfida con la modalità del dialogo e non con quella dello scontro. Proprio per dialogare, però, occorre avere il coraggio e l’orgoglio della propria identità.

L’immigrato che arriva oggi in Italia trova una cultura popolare profondamente corrosa al suo interno, minata da quello che Benedetto XVI ha chiamato “l’odio dell’Occidente per se stesso”, incapace di indicare con chiarezza i propri valori di riferimento e le regole della convivenza. In questa assenza di riferimenti e di valori non riusciamo ad offrire all’immigrato percorsi di vera integrazione e non può certo bastare l’offerta di una cittadinanza “leggera”, vuota di una vera condivisione di visione comune e del sentimento della partecipazione ad una comunità di destino, magari regalata anche a chi non la vuole e fa uso dei diritti che essa elargisce per lottare contro un mondo che sente profondamente nemico.

La mancanza di dignità e di coraggio con cui tanta parte del mondo politico italiano ha reagito al tentativo di intimidire Benedetto XVI per la sua sincera e franca apertura di dialogo con l’Islam dice quanto avanzato sia il processo di dissoluzione morale e civile del paese. Non c’è dialogo nell’intimidazione e nella paura, non c’è dialogo nella viltà e nella rinuncia a difendere la propria identità ed i propri valori. Su quel percorso c’è solo l’asservimento e la rinuncia alla propria dignità oppure, quando il percorso sarà andato troppo oltre, l’esplosione dell’odio, di una reazione violenta e di quello scontro di civiltà che a parole maldestramente tutti cercano di esorcizzare.

Per difendere l’identità e la cultura del popolo oggi minacciate c’è bisogno più che mai di un partito popolare e di ispirazione cristiana. Noi siamo e vogliamo essere questo partito. Mentre il relativismo etico afferma una libertà senza verità e senza responsabilità e l’integralismo islamico (che non è tutto l’Islam) afferma una verità senza libertà, il cristianesimo da cui è nata la democrazia occidentale, ci ha insegnato un equilibrio delicato e difficile di libertà e verità.

L’uomo deve riconoscere la verità per mezzo della libertà e proprio per questo la verità non può mai essere imposta con la forza ma deve essere proposta per mezzo della ragione. Questo ha insegnato alla mia generazione il Concilio Ecumenico Vaticano II e questo ha ripetuto a Regensburg Benedetto XVI.

Un partito popolare di ispirazione cristiana non pretende per sé il monopolio dei valori cristiani. L’unità dei cristiani in politica non è un obbligo ma non è nemmeno una eresia. In un certo senso essa rimane un valore da perseguire nelle forme adeguate ai tempi. Nel nostro tempo noi ci impegniamo a lavorare per una comune visione culturale e per una unità nei valori pur rispettando l’appartenenza a forze politiche ed a coalizioni diverse.
Riteniamo però che quando i valori entrano direttamente nelle aule parlamentari sia necessario essere uniti anche nelle aule parlamentari.

Tre ci sembrano essere le aree in cui la battaglia culturale comune può e deve diventare comune battaglia politica e ci sentiamo confortati in questo anche dalla recente presa di posizione della Cei per bocca del card. Ruini.
La prima riguarda i temi della difesa della vita dalla nascita fino alla morte naturale.
La seconda riguarda i temi della difesa della famiglia fondata (come dice anche la Costituzione italiana) sul matrimonio fra un uomo ed una donna.
La terza riguarda il tema centrale dell’educazione e dei diritti della famiglia in questo ambito.

Noi crediamo che su questi temi sia necessario promuovere in Parlamento la convergenza più ampia di forze partendo dall’incontro fra i cattolici che non possono, almeno su questo, non avere una visione comune e scelte conseguenti.

Un’altra sfera della politica rende auspicabile e necessario il dialogo fra i cattolici e la ricerca dell’unità, anche se in questa sfera si incrociano valutazioni politiche di carattere generale che inevitabilmente influiscono sull’appartenenza di coalizione e di partito.
Mentre nella prima sfera è giusto chiedere ai partiti ed alla coalizione di fare un passo indietro, riconoscendo che partiti non ideologici non sono portatori di una integrale concezione del mondo e quindi possono e devono fare un passo indietro su questi temi, nel secondo ambito inevitabilmente la ricerca di una convergenza tra cristiani influenza anche i rapporti fra le forze politiche.
Riteniamo qui che si debba affermare un’idea di politica come “prudente sollecitudine per il bene comune” contro un’idea di politica, oggi assai diffusa, come “lotta a morte per la distruzione dell’avversario”.
Nessuna democrazia può resistere a lungo ad uno scontro nel quale la cura dell’interesse generale passa sistematicamente in seconda linea davanti al privilegio dato essenzialmente all’interesse di parte ed allo spirito di fazione.

Una seconda area di confronto deve essere quella dell’autonomia della società civile davanti alla invadenza dello stato. Si tratta di concretizzare uno dei principi fondamentali della dottrina sociale cristiana che è il principio di sussidiarietà.
La persona viene prima della società civile e la società civile prima dello stato. Non è neppure giusto definire la dinamica della vita associata solo in termine di rapporto fra stato e mercato. Fra stato e mercato sta (ed è decisiva) la famiglia e la società civile. Qui si colloca una visione del protagonismo del Terzo Settore, della libertà di educazione, delle modalità concrete in cui la carità cristiana diventa anche sorgente di solidarietà sociale.

Legato a questo è il problema di una nuova alleanza da concludere fra mercato e solidarietà. È possibile individuare un percorso che riconcili la libertà del mercato con la solidarietà verso i deboli e gli umili?
Dobbiamo per forza essere soffocati nella alternativa fra una logica spietata di mercato che ignora la solidarietà ed uno statalismo che con il pretesto di prendersi cura dei poveri li consegna come oggetti di amministrazione ad una burocrazia ottusa e spegne la vitalità e l’autonomia della società?
È possibile orientare la globalizzazione in modo da favorire la crescita dei paesi più poveri ponendo fine o almeno limitando la piaga della fame, del sottosviluppo, dell’assenza di libertà, di democrazia e di diritto nel mondo?

L’Enciclica Centesimus Annus ha delineato le prospettive della nuova alleanza fra mercato e solidarietà. Su quella traccia è possibile lavorare per il rinnovamento di una politica della solidarietà e della pace sia all’interno della nostra nazione e dell’Europa che a livello mondiale.

Fra non molti giorni si riuniscono a Verona gli stati generali del cattolicesimo italiano per riflettere sul compito dei cattolici nella società italiana. Nel rispetto della differenza dei piani fra azione pastorale e politica non ci sentiamo estranei a quella riflessione. Non ci sentiamo estranei perché la grande maggioranza dei nostri militanti sono e si sentono membri attivi della comunità ecclesiale. Non ci sentiamo estranei perché politicamente sappiamo che i valori a cui attinge la politica per la sua azione, la politica stessa non li produce. Li producono le realtà culturali, le chiese, le comunità religiose e, in Italia, in modo decisivo, la Chiesa Cattolica.
Siamo laicamente consapevoli del ruolo decisivo del cattolicesimo nella cultura italiana e della Chiesa Cattolica nella società italiana di oggi. Anche la politica ha bisogno di essere alimentata dalle riflessioni, dal sostegno e anche dalla critica dei cattolici italiani. Ricordiamo che anche l’impegno politico, la cura del bene comune, è una forma di esercizio della carità sociale. La crisi presente della politica deriva in buona misura dal fatto che si sono ridotte e quasi inaridite le fonti ideali di alimentazione della politica. Educare i giovani all’esercizio dei diritti e dei doveri di una cittadinanza attiva ed all’impegno nella politica sulla base della dottrina sociale cristiana fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa.

Guardiamo con grande attenzione alla nuova vitalità della Chiesa italiana, al fenomeno straordinario dei “giovani del Papa” cresciuto intorno alla giornata mondiale della gioventù, ricordiamo con commozione il pellegrinaggio dei giovani e anche degli adulti di tutto il mondo e in modo particolare del nostro paese in occasione della morte di Giovanni Paolo II. È qui la principale fonte di energia morale cui si può guardare in vista di un necessario rinnovamento prima di tutto religioso, morale e civile ma anche politico del nostro paese.
A questo rinnovamento vogliamo laicamente dare il nostro contributo a partire dalla professione difficile della politica, a partire dalla trincea secondo noi essenziale del partito popolare di ispirazione cristiana. Nella cultura popolare cristiana del paese, che il nostro orizzonte di riferimento, molto è stato distrutto, molto deve essere rinnovato, molto deve essere ricostruito.
Ha scritto una volta T. S. Eliot “In posti abbandonati noi costruiremo con mattoni nuovi. Ci sono mani e macchine e pietre per nuovi mattoni e calce per nuova calcina. Dove le travi sono marcite noi costruiremo con nuovo legname. Dove la parola non è stata pronunciata noi costruiremo con un nuovo linguaggio. C’è un lavoro insieme una Chiesa per tutti e un compito per ciascuno, ogni uomo al suo lavoro”.

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina