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Dopo un'assemblea UDC: lettera aperta al segretario provinciale di Lucca.

Di Paolo Razzuoli.

La serieta' e complessita' dei temi posti all'attenzione dell'assemblea di iscritti e simpatizzanti UDC, svoltasi il 22 settembre 2006, richiedono un'indagine che non puo' essere certo esaurita nell'angustio spazio di detta iniziativa, a meno che non la si voglia ridurre ad un vuoto rituale privo di conseguenze.
Partendo dalla premessa che la richiesta di contributo risulti sincera, provo a meglio sviluppare e puntualizzare le riflessioni che, se pur pressato dalla ristrettezza dei tempi, ho abbozzato in occasione dell'incontro, che a sua volta mi da' la stura per approfondirne di nuove.

Parto proprio dall'assemblea che, in effetti, mi ha dato un po' la sensazione di uno stanco e ripetitivo rituale.
Mi ha molto colpito l'enfasi autoreferenziale di alcuni interventi, secondo i quali tutti i nostri mali deriverebbero dalla cattiveria ed ingratitudine altrui.

In modo anche un po' noioso, ci ripetiamo il ritornello della nostra moderazione e del nostro "essere di centro", poi ci rammarichiamo della circostanza che a Lucca stanno moltiplicandosi le esperienze di movimenti che si ispirano alla medesima area di riferimento.
Si e' mai posto il partito seriamente l'interrogativo del perche' di tale situazione?
Il partito e' mai stato sfiorato dal dubbio che la percezione che di esso ha l'elettorato non corrisponda a quella maturata al proprio interno?
Si e' mai seriamente posta l'UDC interrogativi sui contenuti che in questi anni ha sostenuto in nome del "centro"?

A giudicare da vari interventi sentiti in assemblea, sembrerebbe proprio di no.
Sembra diffuso un atteggiamento autoreferenziale, permeato di manicheismo, che evoca antichi ricordi di atteggiamenti massimalisti, secondo cui sono sempre gli altri ad essere "brutti e cattivi".

Per fortuna, come e' emerso da alcuni contributi, c'e' anche chi ha una diversa modalita' di approccio alla realta', cogliendo la profondita' dei temi all'ordine del giorno della politica, risparmiandoci i soliti ritornelli, evitando cosi' di cadere nelle solite denunce di mere carenze di natura settoriale (l'organizzazione del partito, il rilancio del rapporto dello stesso con vari mondi e cosi' via) che, se pur importanti, sono ben distanti dalla vera natura dei problemi e delle sfide che ci attendono a breve.

Qual e' il senso dell'essere "di centro" nell'attuale scenario politico nazionale e locale?
Quale strategia risulta piu' coerente con lo sviluppo di una tale politica?
Quale classe dirigente e' in grado di interpretarla?

E' attorno a questi nodi focali che si gioca la partita vera.
Sempre piu' diffusa e' la consapevolezza dell'inadeguatezza di questo bipolarismo, nato sotto la spinta di una emergenza, quindi orfano di un processo di maturazione politico-culturale. Si tratta di temi ampiamente dibattuti, attorno ai quali, in vari scritti, ho avuto modo di esprimere la mia opinione.

Il ruolo di una forza qual e' l'UDC, in ragione dei suoi valori di riferimento, non puo' che essere quello di operare per una trasformazione, in senso europeo, dello scenario politico nazionale e locale.
Se non erro, mi pare che questo fosse il senso del progetto UDC, ampiamente confermato dal dibattito e dalle risultanze del congresso nazionale svoltosi nel luglio 2005.

Un ruolo di cui colgo a pieno la difficolta', ma a cui il partito non puo' abdicare pena il venir meno della sua stessa ragion d'essere.
Certo occorre, in un siffatto disegno, saper privilegiare la strategia alla tattica, saper puntare in avanti anche quando cio' comporta qualche immediato sacrificio, sapersi raccordare con le realta' crescenti in ambiti culturalmente e politicamente convergenti, mostrando cosi' la capacita' di saper privilegiare gli interessi della comunita' rispetto a quelli di parte.

E' questo un dato afferente tanto il livello nazionale quanto quello locale.
Nella dimensione nazionale sono in atto dinamiche interessanti che, lo speriamo ardentemente, sembrano presagire significative evoluzioni.

Nella situazione locale mi pare che occorra qualche marcia in piu': credo che la situazione lucchese consenta di azionarla.
Gia' in altre occasioni ho avuto modo di sviluppare un ragionamento circa la crisi della Casa delle liberta'. Una crisi che e' politica ancor prima che numerica giacche' attiene alla valutazione dell'azione sin qui svolta nonche' alla sua capacita' di proporre un adeguato progetto politico-programmatico per il futuro.

Parlare di discontinuita' e' quindi non solo opportuno ma necessario. Una discontinuita' che, attraverso una modifica degli assetti politici ed un ripensamento dei contenuti, sappia proporre alla citta' un progetto coerente con la sua storia e capace di costruire sviluppo.
Cio' presuppone la ricerca - senza pregiudiziali - di coesione con quei movimenti che si ispirano ad un comune retroterra valoriale.
Dicevo appunto senza pregiudiziali, comprendendo anche la classe dirigente e le candidature, tenendo presente le coordinate dell'unico parametro importante: il consenso potenziale dell'elettorato.

Occorre dar prova di grande senso di responsabilita' e coerenza, facendo seguire comportamenti idonei, ispirati ad una visione alta della politica.

Il momento politico cittadino e' complesso e la sfida che ci attende e' pesante.
L'appiattimento dell'amministrazione lucchese sul modello della Provincia e della Regione, soffocherebbe ogni prospettiva di alternativa allo strapotere della sinistra, ponendo la citta' sotto una cappa plumbea dalla quale sara' molto faticoso sottrarsi.
La coesione al centro, attorno ad un candidato capace di allargare i tradizionali orizzonti del centrodestra, e' una necessita', da perseguire senza indugi.
Un centro che, una volta consolidatosi, dialoghera' con le altre forze disponibili del centrodestra, nella logica di trovare, al termine del processo, una candidatura unitaria.
Sarebbe sbagliato andare divisi con l'illusione di convergere al secondo turno: per il centrodestra e' normalmente piu' avaro del primo.

Auspico quindi che la dirigenza UDC sappia tenersi distante dal frutto avvelenato della difesa del piccolo cabotaggio e delle divisioni.
Mi auguro che sappia assumere una forte iniziativa di convergenza verso tutte quelle realta', movimenti e/o liste civiche, che sono disponibili a costruire assieme un grande progetto di sviluppo per la citta', attraverso la capacita' di coniugare la specificita' del nostro territorio con le sfide poste dalla societa' globalizata.
Mi auguro altresi' che l'UDC sappia operare per l'indicazione di candidature, prima fra tutte quella per la carica di sindaco, scelte senza pregiudiziali, con l'unico intento di operare affinche' Lucca non venga omologata al modello di governo imperante in Toscana.

"Lucca non un'isola ma un'alternativa". Cosi' recitava uno slogan coniato in occasione di un congresso della Democrazia Cristiana. Il nostro impegno deve essere proprio questo: costruire da Lucca una percorribile alternativa al modello di governo dominante nella nostra regione.

Ovviamente ciascuno e' responsabile di fronte alla storia delle azioni che compie.
Spero che la dirigenza UDC sappia cogliere senza infingimenti i segnali che le provengono dall'elettorato.
Dovra' assumersi a pieno la responsabilita' delle proprie scelte, senza il conforto degli organismi comunali del partito, decapitati in piena calura agostana (lungi da me qualsiasi intento polemico sulla vicenda).

Credo che i prossimi passaggi saranno fondamentali per la credibilita' del partito e del suo progetto politico.
Non sprechiamo l'occasione che Lucca puo' avere quale laboratorio di sperimentazione di eventi politici anticipatori di assetti anche esportabili su base nazionale.

Mi pare di dover sottolineare, infine, che ormai ai partiti cambiali in bianco non se ne concedono piu': il consenso e l'impegno vanno conquistati sul campo.

Lucca, 23 settembre 2006
Paolo Razzuoli

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