logo Fucinaidee

Lettera aperta a Giuseppe Del Carlo, nuovo segretario UDC della provincia di Lucca

di Paolo Razzuoli

Ora che sono state spente le luci della ribalta del secondo congresso provinciale dell'UDC di Lucca, che ha visto sciogliersi le tensioni della vigilia in un abbraccio soddisfacente per tutti, ho il desiderio di renderti partecipe di alcune mie riflessioni che, ovviamente, potrai benevolmente accogliere o rigettare, ma che sono il frutto della volonta' di offrire spunti costruttivi per i destini del partito.
HO ben presente che avrai una bella gatta da pelare perche' i tempi non sono certo facili. Ho altresi' la consapevolezza che la tua esperienza, la tua dedizione, il tuo senso di responsabilita' sono garanzie per l'UDC lucchese, che ha voluto porre nella poltrona piu' importante della sua "sala macchine" un capitano di vascello capace di condurre la nave anche nel mare piu' tempestoso. Poiche' ho avuto qualche ruolo in questa scelta, dico subito che ne sono contento, e penso di aver contribuito alla migliore opzione possibile del momento.

Parlare di "mare tempestoso" non e' certo una forzatura ne' un'immagine retorica fuori luogo. A tutti sono ben presenti le difficolta' dell'attuale fase politica, che per il nostro partito assumono una tinta ancor piu' scura.
Si', perche' la nostra storia, i nostri grandi valori di riferimento, il nostro modo di intendere la politica, il nostro modo di intendere il galateo istituzionale, mal si adattano ad un tempo che sembra privilegiare la strada delle scorciatoie, quella dello scontro, quella degli slogans urlati al posto delle enunciazioni meditate, quella dell'uso disinvolto del potere, quella della primazia dell'apparire sull'essere, quella delle furberie di piccolo cabotaggio in luogo della faticosa ma necessaria riflessione propedeutica a strategie di ampio respiro.
Ci troviamo, nostro malgrado, vittime di uno scenario politico che non e' il risultato di un processo di reale maturazione politico-culturale. Esso e' in gran parte l'esito di una stagione tempestosa, dominata fortemente da elementi extra-politici, nella quale sono state fatte scelte fortemente emotive, e comunque che hanno portato a risultati deltutto incoerenti con le aspettative.
Nella logica del nuovo sistema elettorale, e' stata compiuta l'unica scelta di campo possibile, pur nella consapevolezza delle difficolta' di affermare la nostra identita' in uno schieramento spesso dominato da atteggiamenti estremisti, da una deriva populista e demagogica, da un metodo di governo non in linea con la nostra tradizione e con il nostro modo di intendere l'impegno politico.
Delresto non dico niente di nuovo. Proprio in questi giorni Marco Follini ha detto che "l'Udc si batte per un centrodestra piu' moderato": una affermazione che, in poche parole, esprime una linea carica di significati, per la quale personalmente mi batto da sempre, e che e' al fondo della mia adesione a questo partito che ho interpretato quale strumento idoneo per il suo raggiungimento.
Peccato che troppo spesso le mie affermazioni e quelle di amici che con me condividono ne' piu' ne' meno cio' che dicono tanti nostri dirigenti nazionalil, siano state vissute a Lucca quasi come atteggiamenti terroristici!! Certo mi dispiace ma l'evolversi dei fatti mi sta dando ragione e mi convince a non abbandonare la linea.

Dalle difficolta' fin qui descritte nascono i disagi di questi anni, sia nella dimensione nazionale che in quella locale. Il nostro ancoraggio culturale ci colloca nel campo avverso alla sinistra. Nel solco del "popolarismo" europeo, i tempi che viviamo ci chiedono di marcare la nostra identita' partendo dai grandi temi della filosofia e della sociologia contemporanea.
Mi riferisco a temi quali il relativismo, l'identita' della nostra societa' e della nostra civilta', il rapporto fra fede e politica, il tema di come si intende la laicita' dello stato, il senso dell'uomo e del suo rapporto con le strutture della societa'. Temi di portata esistenziale, assolutamente all'ordine del giorno dei tempi che viviamo, fortemente sottolineati anche dagli interventi di Papa Ratzinger, oggetto di impegnativi scritti di filosofi, sociologi, politologi. Penso che l'appartenenza politica debba sempre piu' essere legata ad una visione di valori, giacche' sugli aspetti pragmatici della quotidianita' le differenze si sono ormai notevolmente affievolite.

La scelta di campo pero' non deve impedirci di riflettere con grande liberta' sul sistema politico del Paese che, a 12 anni dal referendum del 1993, mostra interamente i suoi limiti.
E' questo il punto di partenza della riflessione che stanno sviluppando i dirigenti centrali del partito: una riflessione non certo semplice da tradursi in scelte politiche immediate, ma che mi auguro venga coerentemente sviluppata privilegiando l'investimento sul futuro anziche' meri calcoli basati sulle convenienze del presente.
E' questa una riflessione che va sviluppata anche nella dimensione locale ove le nostre scelte dovranno essere affidate a valutazioni di ampio respiro e non a calcoli afferenti qualche poltrona in piu' o in meno. E' ovvio che i nostri comportamenti saranno condizionati dall'evoluzione nazionale della vicenda politica: mi piace tuttavia sottolineare - in totale disaccordo con qualche affermazione sentita nei giorni di preparazione del congresso - che la dimensione locale meglio si presta a sperimentazioni di laboratorio politico e che, pertanto, offre maggiore liberta', consentendo operazioni che non potrebbero essere consentite dalla dimensione nazionale.
Mi auguro che con questo spirito venga affrontato soprattutto il tema dell'ormai prossimo rinnovo del consiglio provinciale, e in questa prospettiva non posso che plaudire a quanto a detto l'amico Paolo Canozzi nella sua relazione politica di apertura del nostro congresso, laddove - se necessario - non esclude una nostra via autonoma.

Dicevo in apertura di questa riflessione che il tuo compito non sara' certo facile.
La comunita' lucchese attende, ormai da troppi anni, che la politica offra risposte serie a grandi temi quali la crisi economica, il gap infrastrutturale, l'improcrastinabile adeguamento dei servizi. In questi anni sono stati lanciati slogans ma non sono state elaborate strategie. Molto si e' urlato fra i due schieramenti, salvo poi registrare un assordante silenzio su temi fondamentali quali, ad esempio, il problema del nuovo ospedale, che in verita' non ha chiesto nessuno, o la situazione della Cassa di Risparmio di Lucca. Il partito non potra' certo tacere, se non vorra' essere omologato fra gli arnesi arrugginiti di cui non ha bisogno nessuno.
Focalizzando sul partito, tu assumi la guida di una formazione politica di grande valore, alla quale si aprono prospettive importanti, ma che dovrai "guarire" da alcune malattie che ancora lo affliggono, impedendogli di passare dall'adolescenza alla piena maturita'.
Ho provato a sistematicizzare queste malattie causate, a mio modo di vedere, dai deficit che ho cosi' elencato:

MI spieghero' meglio analizzando uno per uno questi quattro deficit.

Il deficit di coerenza deriva dallo scollamento che, non poi cosi' raramente, pone in contraddizione gli enunciati con i comportamenti. Non posso sottacere il disagio che ho spesso provato nel constatare che a prese di posizione anche molto energiche, hanno fatto seguito condotte politiche fiacche che negavano deltutto le espressioni di coraggio, anche rese note tramite la stampa.
Ho colto questa incoerenza anche in vari interventi congressuali. Sorvolando su quanto affermato in un intervento contrario alla linea Follini, (ringrazio un militante che ha definito "banalita'" quelle analisi, sollevandomi cosi' da un compito ingrato), in tutti gli interventi si avvertiva un forte richiamo ai grandi valori della nostra storia, per poi non riuscire a trarne le conseguenze sul piano politico complessivo. A volte mi e' sembrato che il soggetto ed il complemento fossero discordanti. Capisco le difficolta', ne ho sopra parlato con una certa ampiezza, ma occorre stimolare una coerente capacita' di trarre le conseguenze dalle premesse.
Dobbiamo riflettere sul nostro essere "forza di centro", dando a cio' il senso di una chiara azione politica, trovando il coraggio di rifiutare qualsiasi comportamento che non risulti coerente. E' qui il caso di ribadire con forza che essere "di centro" non significa un'ipotesi terzopolista bensi' un modo di intendere la politica: ne ho gia' ampiamente parlato in un contributo dal titolo "Voglia di centro: bisogno di respirare aria nuova nella politica italiana". Se vorrai, potrai leggerlo da www.fucinaidee.it.

Qui si inserisce il secondo "deficit" del mio elenco: il deficit di coraggio.
Capisco che la situazione sia difficile; capisco che i problemi da affrontare sono molteplici e complessi. Ho ben presente, tuttavia, che senza una buona dose di coraggio non si andra' lontano. E' mio convincimento che al partito si aprono grosse opportunita' ma ho altrettanto chiara la considerazione che se non riusciremo a "cavalcare la fortuna con la virtu' ed il coraggio" vanificheremo le nostre fortune. Non si puo' ruggire da leoni per poi comportarsi da docili agnellini. Il Paese si attende da noi atti di coerenza, intelligenza e coraggio. Ci premiera' se sapremo metterli in campo, ci punira' se ci trincereremo dietro i piccoli calcoli di bottega.
E' un problema nazionale e locale. Io credo che questo modo di essere del partito debba essere stimolato ad ogni livello; dalla piu' piccola sezione sino al vertice: e' quindi un problema che ci riguarda tutti. MI auguro che la tua gestione sia coraggiosa e che la tua esperienza sia funzionale ad imprimere una svolta nella gestione del partito: se lo farai, noi saremo certo al tuo fianco.

Vengo ora al terzo deficit, quello di democrazia interna. Qui il tema e' delicato ed il terreno un po' scivoloso.
Canozzi, nella sua bella relazione politica, ha tracciato le linee di un partito, da me totalmente condivise, ancora assai diverse dalla realta'. Ha parlato - fra l'altro - di un partito nel quale si voti e non si acclami. Nei nostri congressi si acclama e non si vota, anzi, se qualcuno vuole votare si taccia di intenzioni da spaccasassi o peggio ricattatorie.
Il risultato e' che nei congressi i nodi da sciogliere rimangono strettamente legati.
Pur sorvolando su certe miserrime contumelie indirizzate a me e a miei amici che tu certamente condanni al pari nostro, non posso esimermi dalla constatazione che solo l'ipotesi di un confronto democratico e civilissimo all'interno del partito abbia creato un allarme deltutto ingiustificato. Come e' possibile assumere il teorema votazione uguale spaccatura? Chi ha mai potuto dimostrare che un civilissimo confronto interno non faccia bene per un chiarimento di linea politica? Chi puo' sostenere che un confronto opportunamente condotto, senza drammatizzazioni quindi, non abbia una ricaduta positiva sulla crescita democratica del partito? Chi puo' sostenere che un sano pluralismo di posizioni politiche all'interno dei partiti e' sintomo di malattie?
Il problema e' che alla democrazia, nonostante le affermazioni, stiamo disabituandoci. Sta purtroppo succedendo all'interno dei partiti e sta purtroppo accadendo anche nella societa'. I vari sistemi elettorali introdotti in Italia negli ultimi dodici anni, purtroppo, hanno progressivamente ridotto gli spazi di scelta degli elettori in favore delle segreterie dei partiti. Cio' che gli italiani volevano ridurre con il referendum del 1993 e' invece stato ampiamente accresciuto: l'influenza dei partiti.
Da allora abbiamo assistito alla nascita di un pulvuscolo di soggetti politici di matrice leaderistica, sostanzialmente distanti dalla forma di partito a cui eravamo abituati. Noi dell'Udc in verita' siamo in prima linea nel denunciare questa anomalia, salvo pero' non trovare il coraggio di comportamenti coerenti.
La miglior carta di credito per un partito e', a mio avviso, la dimostrazione di coerenza fra i modelli sociali dichiarati e quelli praticati nella propria vita interna. Il nostro impegno per il rilancio della democrazia sostanziale deve partire dalla nostra capacita' di saperla praticare.
Sono certo che non mancherai di lavorare in questa direzione.

Infine, non certo per ultimo di importanza, il deficit di organizzazione.
Il nostro partito e' ancora giovane e assai fragile. Occorre mettere in campo un serrato sforzo organizzativo per capillarizzarne la presenza, per renderne incisiva l'azione politica, per adeguarne gli strumenti alle nuove frontiere della comunicazione. So bene che le energie sono impari al bisogno, ma so anche che una loro razionalizzazione potra' ampiamente giovare allo scopo. Credo che sia tuo compito saperle individuare al fine di utilizzarle al meglio: anche in questa prospettiva la tua esperienza e' una garanzia.
Vi e' poi la necessita' di rilanciare il Movimento femminile ed il Movimento giovanile: due realta' depositarie di risorse importanti, da sostenere, dotandoli di mezzi e della necessaria autonomia.

Mi rendo conto che sono stato un po' prolisso e che e' il caso che chiuda queste mie riflessioni.
Con la speranza che tu abbia trovato il tempo e la pazienza di leggermi fin qui, ti assicuro che saro' al tuo fianco, se lo vorrai, se proseguirai la tua corsa sul binario individuato.
Certo se sceglierai una strada diversa non potro' seguirti, e non rinuncero' ad esercitare un ruolo di stimolo e di pungolo. Allora forse potrai vivermi come un soggetto scomodo: non me ne voler male, lo sai son fatto cosi'.

Cordiali saluti e tanti auguri di buon lavoro.

Lucca, 4 ottobre 2005
Paolo Razzuoli

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina