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Cassa di Risparmio di Lucca: la citta' puo' riappropriarsene.

Di Piero Angelini

La discussione sulla situazione attuale della Cassa di Risparmio, condizionata dal ruolo crescente e dalla influenza "frenante" che la Fondazione esercita su parti importanti della società civile e sulle istituzioni ( dal Comune di Lucca alla Provincia), rischia di rimanere sterile, se permane l’atteggiamento di diffidenza e chiusura degli organi dirigenti della Banca e della Fondazione.

Stupisce nella vicenda della Cassa di risparmio, in tutti questi anni , la convinzione degli artefici della vendita alla Banca Popolare di Lodi ( ogg BPI), di continuo riaffermata,di aver sempre fatto scelte utili e opportune ; colpisce la sopravvalutazione delle scelte compiute, come quando si presenta l’ ultima decisione, quella di dar vita alla grande Cassa di Risparmio di Lucca con l’assorbimento delle due Casse di Pisa e di Livorno (più 25 sportelli ), come una realtà nuova e vincente, sottacendo il fatto che l’attuale Cassa di risparmio di Lucca possiede già l’intero pacchetto azionario delle casse di Pisa e di Livorno e che dunque l’operazione non è in grado di portare alcuna sostanziale modifica nella struttura dei servizi bancari, controllati già oggi dalla Cassa di risparmio di Lucca, se non la discutibile perdita dei marchi di Pisa e di Livorno.

La Cassa di Risparmio di Lucca, nonostante le smentite, è stata pesantemente coinvolta dal Fiorani nella disgraziata scalata di BPI all’Antonveneta:a tal fine,egli,da prima,ha proposto alla Fondazione di reinvestire i 323 milioni dovuti dalla BPI nell’acquisto del 20,4% della grande Cassa ;ha venduto, poi, tra le minorities, il 18% delle azioni della Cassa di Risparmio; ha fatto filtrare, come contropartita, i nomi di qualificati dirigenti lucchesi per la direzione della nuova Antonveneta e forse ha chiesto anche a loro di attivarsi nell’ acquisizione illegale di azioni Antonveneta.

L’allineamento della Cassa di Risparmio alla BPI, in questi anni, ha avuto effetti devastanti:la cassa ha perso i suoi servizi strategici( sistema informatico,gestione finanziaria), ha ridotto di più di un terzo il personale, ha scambiato il suo ingente patrimonio immobiliare, valutato in centinaia di miliardi di lire, con azioni di scarso valore ; persino la concessione di Tesoreria, che rendeva alla Cassa circa dieci miliardi di utile all’anno, è stata venduta alla Lodi per un prezzo minore.

Oggi, quando ormai l’onnipotente Fiorani è uscito di scena e la BPI ( di cui gli ispettori mettono a nudo la fragilità patrimoniale, il castello delle partecipazioni incrociate, l’utilizzo sconcertante del patrimonio immobiliare ) corre il rischio di divenire contendibile, sembrerebbe opportuno che gli organi dirigenti della Fondazione si dessero una nuova strategia: rinegoziando innanzitutto, sulla base dei gravi fatti nuovi, i patti parasociali, in modo da aver più potere oggi nelle scelte strategiche e di assicurarsi domani , in caso di vendita, un diritto di prelazione sulle quote in mano alla BPI; di ricominciare a coltivare, con prudenza e passione, l’obiettivo di riacquisire nel tempo un peso decisivo nella gestione della Cassa di Risparmio di Lucca ( di Pisa e di Livorno), attraverso forme e modi ( la public company) che, per es., la Cassa di Risparmio di Firenze ha saputo realizzare, inducendo sostanzialmente la BPI, se e quando domani vorrà far cassa, ad affidare una quota importante al mercato, che potrebbe ben essere assorbita dalla società e dalle istituzioni locali. Se i lucchesi furono capaci di ricomprarsi le Mura, sarebbero a mio avviso altrettanto disponibili a fare sacrifici per riacquisire il sostanziale controllo della loro Cassa di Risparmio.

Lucca, 20 settembre 2005

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