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In vista del prossimo congresso provinciale UDC di Lucca

 

Di Costantino Mrakic

 

Non sono intervenuto prima perché volevo sentire gli amici e capire cosa stava bollendo in pentola.

Mi sembra che di materia su cui discutere ce ne sia molta e che, volendo, il prossimo congresso possa davvero dire qualcosa di importante.

Qualcosa di importante sul territorio, sul quale, da tempo, mi sembra che non si facciano scelte, da parte di nessun partito, mentre vediamo che le scelte, quelle vere, le fanno i vari gruppi di potere che stanno dietro ai singoli personaggi.

In questo senso è vero che la politica sta diventando oligarchica, anzi, lo è già.

Qualcuno ha il timore che anche nel nostro partito si viva la stagione dell’oligarchia e ciò può sembrare vero perché quando manca un potere inevitabilmente qualcuno riempie lo spazio lasciato vuoto.

Non sempre è un male, però.

Peggio sarebbe stato se qualcuno non avesse tenuto insieme gli amici in qualche modo.

Pensiamo alla diaspora verso Forza Italia in cui qualcuno è confluito per mantenere il potere personale, o per crearselo, o per adeguarsi sperando di ottenere qualcosa, ma tanti vi sono confluiti perché sembrava che non ci fosse nient’altro di concreto.

Non dimentichiamo la nostra storia: quando c’era la D.C. spesso ci lamentavamo che il partito sembrava composto da tanti partiti quanti erano i leader delle diverse correnti.

Inutile scandalizzarci oggi se Del Carlo o Nedo Poli sono i personaggi di punta: nella D.C., spesso, non abbiamo fatto altro che dividerci in base agli uomini "di punta" e non in base alle idee ( che spesso servivano per dare una motivazione etica all’esistenza di sedi di corrente nelle quali si decideva più che nel partito ).

Io ho vissuto la vita della D.C. dal 1964 in poi e, talvolta, l’ho vissuta sulla mia pelle decidendo di seguire chi mi sembrava più onesto, ovvero chi mi sembrava che avesse, più di altri, una visione più sociale di altri della politica quotidiana, chi pensava più al partito che al potere personale.

E’ questo che vedo mancare oggi: una visione della politica meno personalistica.

Dando ciò per scontato non mi stupisce che non si faccia il secondo ponte sul Serchio o che il tubone non mandi l’acqua a Capannori, o che si osteggi il lotto zero dell’autostrada.

A chi serve che le cose siano davvero fatte e funzionino?

A chi serve che i cittadini partecipino a dibattiti che possono avere una soluzione reale?

Le cose non si fanno perché la politica diventerebbe fondata sul reale e la partecipazione potrebbe dare noia a chi deve gestire un potere per i propri interessi.

Se la politica fosse fondata su problemi reali un tavolo di concertazione lo si inventerebbe senza tante polemiche ma hai mai sentito qualcuno che dica " stasera ci vogliamo incontrare per risolvere un problema"?

Né a destra né a sinistra si sente parlare in positivo sui problemi, anzi si usano i giornali per parlarsi ed obiettare.

Poi, magari, di sottobanco, si fanno incontri su ben altri problemi, quali quello di spartirsi le cariche o di fare gli accordi elettorali o, peggio, di fare i propri interessi personali.

Questi sono diventati i veri obiettivi dei politici ed i "partiti" veri, allora, li tocchi con mano e ti accorgi che sono trasversali.

Da quanto tempo di sentono voci su un accordo se Comune di Lucca e Provincia? C’è qualcuno in grado di rassicurarmi sulla infondatezza di tali manovre?

C’è qualcuno in grado di assicurarmi che nessuno, nella casa delle libertà, non abbia gioito ( e voglio essere leggero ) per la perdita del Comune di Capannori?

Salvo accorgersi che anche la sua poltrona stava saltando in aria.

La vicenda di Martinelli è stata, a dir poco, strana e vorrei che qualcuno mi dicesse, da buon democristiano, che non ha pensato che ai tempi della D.C. c’era più professionalità.

Almeno tra noi certe cose ce le possiamo dire: vergini non siamo né vorrei che qualcuno intendesse esserlo.

Gli unici vergini, infatti, abitano in Forza Italia, oggi ( e mi fa piacere che non siano nell’ala ex democristiana ).

Quando leggo le dichiarazioni di Pera al Meeting di Comunione e Liberazione o leggo di un Placido che vorrebbe darci lezioni di correttezza non posso che pensare che, qui, qualcuno pretende di prenderci in giro.

O che davvero esiste la Provvidenza Divina di manzoniana memoria.

La conversione di Pera la posso capire: è un filosofo che è nato alla scuola del dubbio ma quella di Placido la capisco un po’ meno, essendo nato alla scuola delle certezze sessantottine per le quali i democristiani andavano fatti scomparire.

Io c’ero ed ero democristiano: Placido voleva farmi i processi pubblici aiutato dai vari Sereni, Corsi e qualche altro sinistrorso, perché non leggevo i pensieri di Mao ai miei alunni.

Poiché il vino, se non è buono, diventa aceto, da sinistra me lo sono ritrovato, prima, addirittura a destra e adesso al centro ( dice lui ).

Mi spiace che Andrea Bicocche abbia perso tempo a rispondergli.

Chi ha conosciuto Placido non può che avere coltivato due certezze nella vita: non essere di sinistra né voler morire berlusconiano.

Così, fatemi morire democristiano e fatemi un congresso dove si parli di problemi recuperando il senso del servizio alla gente, dove si impostino i problemi del territorio, dove si vedano Del Carlo e Poli come risorse e non come poteri da abbattere, dove non ci sia nessuno che voglia la poltrona.

Dove nessuno, cioè, voglia "prendere" ma dove tutti siano disponibili ad "essere chiamati" per lavorare.

Dobbiamo ricostruire un partito e non lo faremo certo "chiedendo" segni di discontinuità a Berlusconi ( a Roma ) o a Placido ( a Lucca ): la discontinuità dobbiamo farla, esserla, praticarla, nei fatti e nelle parole: solo allora l’avremo.

Non è la guerra che voglio ma il riconoscimento della dignità del mio credo politico.

Tale riconoscimento no lo voglio come concessione ma come diritto naturale: questo è il senso di una alleanza almeno per come la intendo io.
Abbiamo le nostre idee e facciamo le nostre battaglie ( ottime le prese di posizione di Del Carlo sulla stampa ).

Abbiamo, come partito, una dignità che gli iscritti ci riconoscono e ci chiedono, quegli iscritti che non sono con noi, certamente, per convenienza: dimostriamo di coltivarla e battiamoci per le cose che crediamo giuste.

Non mi interessa far rinascere la D.C. ma mi interessa far rinascere quel senso del fare politica che nella D.C. veniva coltivato nella diatriba delle correnti, nonostante tutto.

La D.C. si sentiva "STATO" e con il senso di una politica che facesse gli interessi di una comunità molti si impegnavano.

Vorrei recuperare tutto questo, al congresso.

E chiedere agli altri se vogliono fare politica con me e non farmi chiedere se io voglio stare con loro.

Altro che partito unico: al massimo una alleanza se c’è comunione di intenti.

E’ possibile?

Lucca, 24 agosto 2005

Costantino Mrakic

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