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      Secondo congresso nazionale UDC:

una riflessione sul presente per costruire il futuro.

di Paolo Razzuoli

 

I tre giorni del secondo congresso nazionale dell’Udc sono stati una occasione formidabile di riflessione sugli scenari politico-culturali del tempo che viviamo, con lo sguardo rivolto al futuro, nella consapevolezza della complessita’ delle sfide che ci attendono.
Questa mia riflessione non intende essere un resoconto sullo svolgimento del congresso: e’ stato egregiamente gia’ fatto dai quotidiani e dall’informazione radiotelevisiva. Chi poi volesse approfondire, potra’ farlo consultando il sito del partito
www.udc-italia.it.
Intendo invece svolgere una riflessione attorno al progetto politico del partito, cosi’ come scaturito dal congresso, nella prospettiva di individuare alcune vie maestre dell’azione politica per il breve e medio periodo, capaci, anche n    ella nostra specifica realta’, di meritare una nuova militanza ed il consenso elettorale. Sono infatti convinto che se riusciremo a superare le troppe esitazioni di questi anni, affermando quindi una inequivocabile coerenza dei comportamenti politici con gli enunciati ideali, l’Udc potra’ essere sempre piu’ attraente per coloro che vorranno direttamente impegnarsi in politica condividendo il nostro progetto, e comunque potra’ essere in grado di intercettare i consensi degli ampi strati di elettori che si riconoscono nel modello di societa’ prospettata dal partito.

Parte proprio da qui il nostro viaggio. Quale modello di societa’ noi vogliamo?

Il congresso si e’ ampiamente diffuso sui temi della solidarieta’, della sussidiarieta’, della tutela della vita, della centralita’ della famiglia, della necessita’ di mantenere salde le strutture basilari della societa’. In molti interventi e’ emerso come il risultato del recente referendum sulla legge che regola la fecondazione assistita dimostra l’esistenza di un’ampia maggioranza che si riconosce in un modello di societa’ nel quale i valori della tutela della vita, del primato della persona, della tutela dei piu’ deboli risultano ampiamente condivisi. Viste le polemiche e le accuse di clericalismo che hanno accompagnato il referendum, affermiamo che non si tratta certo di confondere la laicita’ della politica con un laicismo che pretende di imbavagliare tutti coloro che osano metterne in discussione gli enunciati. Ci sembra che il mondo occidentale, in nome del "relativismo" che postula la non ordinabilita’ delle culture, stia smarrendo il senso delle proprie radici e della propria identita’. L’Udc si identifica come forza politica laica, di ispirazione cattolica, presidio della salvaguardia delle istituzioni fondamentali di una societa’ ordinata ed ispirata alla tutela della persona. Da cio’ deriva il netto rifiuto di un laicismo che confonde i capricci con i bisogni, che privilegia la tutela dei piu’ forti a scapito dei piu’ deboli, che si smarrisce in un magma culturale confuso nel quale il rispetto dovuto a ciascuno viene confuso con la rinuncia a riconoscere le radici della nostra storia e della nostra identita’. Temi questi, se pur da angolazioni diverse, trattati magistralmente da Casini, Volonte’ e Buttiglione.

La riflessione attorno al partito e’ stata svolta da moltissimi intervenuti. Dal tempo del primo congresso, dicembre 2002, molta acqua e’ passata sotto i ponti. Quella che allora pareva quasi una sfida velleitaria e’ oggi una realta’. Il partito e’ cresciuto, ha consolidato la propria struttura, ha saputo accrescere continuamente il proprio consenso. Ha saputo farsi interprete, all’interno della coalizione di riferimento, di un metodo di governo che temperasse le derive populiste e plebiscitarie su cui di tanto in tanto si e’ rischiato di scivolare; ha saputo dare un contributo decisivo all’elaborazione dei migliori risultati ottenuti in questi anni; Ha detto alcuni decisi "no", laddove si voleva imboccare una strada stridente con la sua visione dell’uomo e della societa’; ha saputo farsi interprete della consapevolezza che sui grandi temi, primi fra tutti quello istituzionale, occorre compiere uno sforzo di ricerca del consenso, sapendo che le scorciatoie hanno il respiro corto. Tuttocio’ alla luce del sole, senza trame o sotterfugi, portando il dibattito nelle sedi proprie del dibattito politico. Il partito e’ cresciuto e si e’ consolidato ma occorre ora che si attrezzi per adeguarsi alle sfide che lo attendono. Non tutto all’interno funziona a dovere; c’e’ un problema di democrazia interna che esige iniziative vigorose e rigorose; c’e’ il problema della selezione della classe dirigente che va affrontato nell’ottica di valorizzare chi ha voglia di impegnarsi ed e’ in possesso di competenza, rigore morale, dedizione ai valori del partito; c’e’ il bisogno di ampliare l’adesione al partito tramite un tesseramento consapevole, dedito, pulito. Temi questi affrontati da molti, primo fra tutti il segretario Follini, che ha proposto, per l’autunno, l’organizzazione di un’ampia conferenza progettuale.

Non poteva, ovviamente mancare il dibattito sulla proposta di creazione del partito nuovo, non unico, dei moderati. Pur nella consapevolezza che puo’ costituire un punto di arrivo, l’accento e’ stato posto sulle caratteristiche che una tale forza politica dovra’ avere. Dovra’ trattarsi di un partito collocato nel solco del popolarismo europeo, dovra’ essere organizzato su precise regole di democrazia interna, dovra’ essere guidato da una classe dirigente maturata al di dentro di un dibattito che coinvolga la base. Attributi questi che appaiono assai distanti dalle motivazioni e dai contenuti politici di chi questa proposta ha avanzato. Comunque il dibattito dovra’ proseguire, anche in relazione agli sviluppi degli scenari politici complessivi.

Qui si apre un nuovo capitolo di riflessione: quello degli attuali schieramenti. E’ dato condiviso che gli attuali poli sono il risultato di una situazione di emergenza e che a distanza di oltre dieci anni dalla loro costituzione, stanno mostrando per intero i loro limiti. Pur riconoscendo a Berlusconi il merito di aver saputo dar voce a chi non si e’ rassegnato a farsi guidare dalla "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto o dalla contraddittoria compagine ulivista guidata, per ora assai provvisoriamente, da Prodi, e’ giunto il tempo di andare oltre. Senza voler togliere i meriti a chi ha saputo cogliere le istanze di un momento storico, non si puo’ certo pensare di far finta di nulla di fronte ai segnali che provengono dagli elettori, frutto di un disagio che peraltro l’Udc ha da tempo autonomamente vissuto e ampiamente segnalato. Il problema riguarda la classe politica nel suo complesso che dovra’, prima o poi, porsi l’obiettivo di far uscire da una sorta di camicia di forza un sistema politico inidoneo ad affrontare i grandi temi della contemporaneita’. In questi anni, piu’ che pensare alla coesione delle coalizioni, si e’ andati a caccia di gruppi o gruppuscoli necessari per raggiungere quel 51 per cento necessario per ottenere la maggioranza parlamentare. Nella scorsa legislatura fu il centrosinistra a soffrire questa situazione; poi e’ toccato al centrodestra; con questo sistema anche i vincitori delle prossime elezioni non avranno la vita facile. E’ emersa con chiarezza la necessita’ di cambiare pagina, di tornare al proporzionale con gli opportuni correttivi, non in nome di un non piu’ ripetibile centro equidistante, ma per costruire poli fra loro alternativi, frutto di una condivisa azione di governo.

E’ chiaro che ormai una vera riforma della legge elettorale non e’ possibile nello scorcio della presente legislatura. Occorre attrezzarci, in vista delle politiche del 2006, utilizzando gli strumenti a disposizione.

Guardando in faccia la realta’, non possiamo nasconderci che il risultato delle regionali dello scorso aprile e’ un voto contro il governo, ed in modo particolare contro l’impronta data da chi lo guida. Si e’ votato contro Berlusconi, e ne hanno fatto le spese governatori del centrodestra che, ove si fosse realmente votato su di loro, sarebbero risultati confermati.

Occorre che il centrodestra si ponga la questione della leadership. Follini ne ha parlato nella sua relazione; ne ha parlato Tabacci; ne hanno parlato tanti altri. Follini ha ventilato l’ipotesi delle primarie: una scelta certo contraddittoria con la logica del proporzionale che al momento non c’e’, ma che potrebbe aiutare a risolvere il nodo centrale che, con ogni probabilita’, condizionera’ inb modo decisivo le sorti del centrodestra in Italia.

Il paese vive una situazione difficile, attanagliato nella morsa di una crisi economica che esige iniziative energiche, chiare, condivise. Gli italiani potranno accettare i sacrifici che saranno chiamati a compiere, ma chiederanno alla politica di imboccare una strada diversa da quella fin qui seguita: quella di una estrema verita’, quella del rifiuto delle scorciatoie, quella dell’equita’, quella di riforme che aiutino chi ha capacita’ imprenditoriale e non chi si rifugia nella comoda cuccia delle facili rendite finanziarie.

Come proiettare l’elaborazione congressuale nella realta’ locale?

Un interrogativo che ci chiama in causa giacche’ siamo noi, operatori politici locali, che abbiamo il dovere e la responsabilita’ di comportamenti coerenti.

Troppe vicende della politica lucchese contrastano con i metodi ed i contenuti condivisi dai congressisti. Basteranno solo alcuni esempi. Sul versante istituzionale abbiamo assistito ad un progressivo svuotamento del ruolo delle assemblee elettive, alla mancanza di collegialita’ nella formazione delle scelte, ad un grave scollamento fra istituzioni e societa’ civile, a scelte improvvisate non in linea con i programmi elettorali. E’ fin troppo facile trovare gli esempi: vicende di Bagni di Lucca, gestione del consiglio comunale di Lucca che viene sistematicamente scavalcato rispetto a scelte fondamentali quale - ad esempio - il cosiddetto lotto 0 della Lucca-Modena, i disagi sofferti al comune di Camaiore.

Sul versante del partito ci sono state, purtroppo, difficolta’ ad affermare il rispetto delle competenze degli organi, sono state osservate molte resistenze verso l’affacciarsi di una nuova classe dirigente, non sempre l’azione politica dell’Udc, nella sua sintesi provinciale, e’ stata coerente, chiaramente leggibile dagli elettori, idonea a modellare su scala locale le linee e gli indirizzi del partito nazionale.

A volte si e’ avuta la sensazione che il partito provinciale si ponesse in una posizione di retroguardia rispetto all’elaborazione nazionale. Se e’ una mia sensazione chiedo scusa ed avro’ modo di ricredermi. Se invece c’e’ del vero dobbiamo lavorare per cambiare. Le realta’ locali possono essere momenti laboratoriali di strategie politiche successivamente utili anche per ambiti piu’ ampi. Non dobbiamo avere paura del nuovo. Dobbiamo trovare l’intelligenza ed il coraggio di battere anche strade finora inesplorate, strade che risultino idonee a superare un momento di crisi della politica. Non si tratta certo di auspicare strade velleitarie. Occorre riflettere pur sapendo che si costruisce il futuro muovendoci. Nell’immobilismo non vedo come si possa recuperare il consenso ad una coalizione che, anche a Lucca, ha dato evidenti segni di cedimento.

Il prossimo congresso provinciale Udc, fissato per l'1 ottobre, costituisce un’occasione che non potra’ essere mancata.

Dobbiamo attrezzarci a viverlo con gli strumenti di elaborazione necessari, dobbiamo affidare il partito ad una classe dirigente che sappia coniugare l’esperienza al rinnovamento, utilizzando al meglio il patrimonio acquisito da chi ha alle spalle un’attivita’ politica specchiata e riconosciuta, e di chi ha l’entusiasmo della gioventu’, delle idee e dell’impegno ancor prima dell’anagrafe.

Dobbiamo farlo proprio perche’ non vogliamo affidarci ad una sinistra che, anche a Lucca, pretende di normalizzarci su un "modello toscano" che non ci piace.

La nostra alternativita’ alla sinistra dobbiamo saperla mostrare sul campo, con la piu’ ferma coerenza con i nostri valori: democrazia, primato della persona, partecipazione democratica, rispetto istituzionale.

In un momento nel quale tanto si parla di crisi delle ideologie, dobbiamo riuscire a costruire una strategia di governo che sappia invece ricondursi ad un complesso di valori chiaramente leggibili.

Dopo la fine della cosiddetta "prima repubblica" ci siamo immessi in un tunnel buio nel quale non si vedevano piu’ idee forti attorno a cui costruire un’azione di governo. Abbiamo assistito al trionfo di una sorta di impolitica nella quale i partiti sono stati presentati come inutili arnesi, il dibattito democratico e’ stato vissuto come un fardello pesante di cui disfarsi, di sovente si e’ privilegiata la comunicazione mass-mediale al posto del confronto nelle sedi istituzionalmente dovute. Oggi, per fortuna, questa stagione sembra essere giunta al capolinea e si inttravvede la luce al termine del tunnel.

Attorno all’Udc, partito libero, leale, orgoglioso e forte, guidato dalla sua lunga e consolidata storia, si potra’ costruire una politica che sappia sfidare la sinistra sui grandi temi della contemporaneita’. Temi complessi, frutto di un mondo molto, forse troppo diverso dal passato; un mondo che richiede strumenti di analisi nuovi e soluzioni all’altezza delle sfide che ci attendono. Sfide che attengono in modo epocale alle prospettive della nostra civilta’. Identita’ della nostra civilta’, chiaro posizionamento del timone sui valori per noi irrinunciabili, rapporto fra etica e sviluppo scientifico, capacita’ di saper dare risposte ai problemi della globalizzazione e del conseguente spostamento dei mercati sono alcune di queste sfide.

Non si pensi che siano problemi riservati alla politica nazionale ed internazionale. La politica locale gestisce moltissimi interventi destinati a pesare profondamente sul modello di societa’ e sul modello di sviluppo. Potremo costruire un futuro se sapremo ragionare in grande anche nelle piccole realta’ territoriali; se sapremo capire che dietro le scelte, anche apparentemente piccole, c’e’ spesso un modello di societa’.

Su questo terreno dobbiamo incalzare la sinistra.

Su questo terreno penso che possiamo vincere perche’ la maggioranza del paese e con noi.

Su questo terreno dobbiamo impegnarci, anche quando sara’ faticoso, affinche’ la coalizione alternativa alla sinistra si consolidi quale strumento portatore di valori e di strategie di governo capaci di garantire un futuro per tutti noi.

Lucca, 7 luglio 2005

 

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