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Introduzione

Oggi (2 giugno) ricorre il 77° anniversario della proclamazione della Repubblica.
Infatti il 2 giugno 1946 gli italiani (per la prima volta anche le donne) votarono congiuntamente per il referendum istituzionale e per l'Assemblea costituente.
Il referendum fu favorevole all'istituto repubblicano: l'Italia divenne una Repubblica e così ogni 2 giugno si celebra la festa della Repubblica.
L'Assemblea costituente approvò la nuova Costituzione repubblicana, che entrò in vigore il 1 gennaio 1948.

Anche alcuni esponenti politici lucchesi parteciparono a tali eventi fondamentali per la nostra convivenza democratica.
Gino Baldassari (PCI) che fu anche il primo sindaco di Lucca nominato dal CLN, Armando Angelini (DC), Loris Flaminio Biagioni (DC), Giovanni Carignani (DC) vennero eletti deputati all'Assemblea costituente.

Nell'Assemblea si confrontarono molte culture politiche e si riuscì, attraverso il confronto e il dialogo, ad approvare una Costituzione democratica adeguata alle nuove e mutate esigenze della società italiana.

Ugo De Siervo, giurista e presidente della Corte costituzionale dal 10 dicembre 2010 al 29 aprile 2011, ha scritto per "Toscana Oggi" l'editoriale: 2 giugno e Costituzione, diciamo ancora grazie ai politici del passato. Il giurista nell'articolo tratta queste importanti tematiche.

Fabiano D'Arrigo

2 giugno e Costituzione: diciamo ancora grazie ai politici del passato

di Ugo De Siervo

Nella nostra storia la data del 2 giugno 1946 resterà sicuramente indicativa, di due vicende di grande importanza: con le elezioni che si tennero pacificamente in quel giorno (votarono per la prima volta anche le donne) si decise per un ordinamento repubblicano, al posto di quello precedente di tipo monarchico, e si elesse una Assemblea costituente, per dotarci di una Costituzione democratica adeguata alle enormi trasformazioni intervenute negli ultimi secoli nelle istituzioni e nelle società europee e ai gravissimi drammi emersi con il fascismo e con la seconda guerra mondiale (per l'Italia terminata con la sconfitta militare e la resa senza condizioni del settembre 1943).

Si trattava di scelte necessarie e urgenti per le richieste degli Alleati di metter mano all'edificazione di una moderna democrazia e per le naturali pressioni in tal senso dei partiti antifascisti, ormai giunti a comporre i Governi, ma operanti al di fuori di una stabile Costituzione. Non si può dimenticare, infatti, che dopo la radicale crisi del fascismo nel luglio 1943 e l'arresto di Mussolini a opera del Sovrano, il Governo Badoglio aveva disarticolato l'ordinamento precedente sciogliendo il Parlamento ed eliminando gli organi rappresentativi del regime fascista: ci si trovava quindi in una situazione nella quale non poteva neppure funzionare la precedente Costituzione (il vecchio e comunque superato Statuto Albertino, risalente al 1848 e tante volte disapplicato).

Era però tutt'altro che facile riuscire a compiere scelte del genere nella situazione di allora: si era appena usciti dalla guerra, con tutti i suoi drammi e le enormi distruzioni, e dopo vent'anni di regime a partito unico era emerso un vivacissimo pluralismo politico, rappresentativo delle tante spaccature del giovane paese (allora unito da neppure un secolo): antifascisti e filo fascisti, monarchici e repubblicani, cattolici e laicisti, conservatori, moderati e rivoluzionari, settentrionali e meridionali (lo stesso lento svolgimento bellico nel territorio italiano aveva accentuato le diversità). Tutto ciò mentre crescevano le contrapposizioni politiche e ideologiche derivanti dalle divaricazioni fra i diversi Stati vincitori della guerra.

Fortunatamente la buona qualità dei vertici delle forze politiche antifasciste permise di superare le maggiori difficoltà, superando tutti gli ostacoli e anche, tante vivaci polemiche.
Si pensi, ad esempio, alla difficile e delicata scelta relativa alla migliore procedura per decidere il mantenimento o meno del regime monarchico, da molti considerato corresponsabile dell'avvento e del consolidamento del regime fascista, ma da altri difeso e considerato garante della continuità storica: la scelta di far decidere direttamente il corpo elettorale si è rivelato opportuno per il conseguente alleggerimento dei compiti dell'Assemblea costituente; ciò tanto più in quanto l'esito elettorale ha messo in luce la consistenza dei voti filo-monarchici, ma soprattutto la loro dislocazione territoriale molto differenziata fra le varie aree territoriali. Si è così lasciato alla Costituente il solo compito, comunque assai impegnativo, di individuare una Costituzione democratica efficace e adeguata alle enormi trasformazioni intervenute nell'ottocento e nel novecento. Un accordo non facile anche per le tante radicali diversità politiche e ideali dei diversi partiti e movimenti politici specie in un contesto come quello della fine della Seconda guerra mondiale.

Le elezioni della Costituente registrarono il netto primato dei democristiani, però superato (di non molto) dalla somma dei Socialisti e dei comunisti, mentre tutte le altre forze politiche ebbero risultati modesti; per di più le tensioni interne e internazionali erano tali da portare alla rapida scissione di alcuni partiti. Malgrado tutto ciò, prevalse però il senso di responsabilità verso il paese: seppure con notevole fatica e dopo moltissimi lunghi dibattiti fra i partiti e nei diversi partiti, prevalse la scelta di ricercare una serie di accordi «alti», adeguati alle migliori trasformazioni istituzionali intervenute o progettate nelle democrazie europee dinanzi alle difficili, se non drammatiche, evoluzioni degli Stati contemporanei.

Vi fu inoltre un forte investimento culturale, specie del mondo cattolico-democratico, concretizzatosi con l'immissione alla Costituente di vari esponenti politici qualificati e portatori di una ricca progettualità, che contribuì molto a far superare incomprensioni e contrapposizioni e a produrre una Costituzione davvero moderna e adeguata, infine approvata da quasi il 90% dei costituenti: non a caso, essa ha retto anche in lunghi periodi di forti tensioni, aiutando il paese a profonde trasformazioni, e divenendo uno dei fattori fondamentali di unità del paese. Non a caso, mentre la sua riforma parziale è stata largamente praticata, la sua ampia sostituzione è stata più volte respinta dal sistema politico o dai referendum popolari.

(da Toscana Oggi - edizione del 28 maggio 2023)

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