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Sono molto grato al Prof. Paolo Buchignani per il commento al mio articolo vertente sul tema delle riforme istituzionali.

Mi sia consentito di esserne anche un po’ orgoglioso, stante il suo profilo di storico e di scrittore.  

   Paolo Buchignani è uno storico del ‘900, già docente di Storia contemporanea presso l’Università per Stranieri «Dante Alighieri» di Reggio Calabria. Ha pubblicato numerosi saggi sul fascismo, sui totalitarismi e sul tema della rivoluzione declinato nelle diverse culture politiche del XX secolo. Tra i suoi libri più importanti: Un fascismo impossibile. L'eresia di Berto Ricci nella cultura del ventennio (Il Mulino, 1994); Fascisti rossi. Da Salò al PCI, la storia sconosciuta di una migrazione politica 1943-53 (Mondadori, 1998 e Oscar Mondadori 2007); La rivoluzione in camicia nera. Dalle origini al 25 luglio 1943 (Mondadori, 2006 e Oscar Mondadori 2007); Ribelli d’Italia. Il sogno della rivoluzione da Mazzini alle Brigate rosse (Marsilio, 2017).

   Come scrittore di romanzi e racconti storici, segnalato a suo tempo da Geno Pampaloni, Romano Bilenchi e Mario Tobino, Buchignani ha pubblicato cinque volumi: uno, Solleone di guerra, con prefazione di Carlo Lizzani; un altro, L’orma dei passi perduti, è stato candidato al Premio Strega 2022.

Paolo Razzuoli

 

 

Obiettivo “Democrazia governante”: qualità della politica e riforme istituzionali. 

 

Il commento del Prof. Paolo Buchignani

 

Caro Paolo, il tuo articolo mi pare il frutto di una riflessione seria e rigorosa, capace di tenere assieme molti elementi. Anchio condivisi e votai la proposta Renzi bocciata al referendum, perché, a mio avviso, andava nella direzione di rafforzare lesecutivo e snellire il processo legislativo. Una strada utile per favorire la stabilità dei governi e consentire politiche di largo respiro, che non guardino alle prossime elezioni, ma, possibilmente, alle prossime generazioni, come affermava De Gasperi. E quanto sia importante una politica che guarda lontano e non alle imminenti scadenze elettorali, lo dimostra, per fare soltanto un esempio, lattuale disastro dellEmilia Romagna. Una vicenda che di certo non sarà lultima e che sollecita drammaticamente la politica a compiere azioni concrete e urgenti sia per contrastare i cambiamenti climatici, sia per adattarsi ad essi.

Si può discutere su quali siano le riforme istituzionali più idonee a garantire una efficace e lungimirante azione di governo. Ritengo che, in ogni caso, non possano essere disgiunte da altre riforme, a partire da una riforma elettorale che restituisca ai cittadini la facoltà di scegliere i propri rappresentanti. E soltanto in un quadro complessivo che si può giudicare la bontà di una riforma di questo tipo.

Scarterei senzaltro il presidenzialismo, perché, in una situazione di indebolimento dei partiti e, più in generale, dei corpi intermedi, esso favorirebbe la già presente deriva populista-sovranista, frutto e conseguenza insieme della grave crisi della democrazia e della rappresentanza che stiamo vivendo, come testimonia la crescente e preoccupante disaffezione elettorale. In questo contesto, il disagio di larghi strati della popolazione, frutto anche del trauma storico che ci ha colpito (crisi economica, post-pandemia, guerra, emergenza migratoria) può facilmente favorire il demagogo di turno che addita capri espiatori e promette soluzioni miracolistiche, col rischio concreto di condurre a sbocchi autoritari, disastrosi per lItalia (certo aggravati dalla promessa autonomia differenziata) e per la stessa Europa, disgregata dal sovranismo populista: un sovranismo incarnato dai paesi di Visegrad, a partire dalla illiberale Ungheria (così la definisce il suo presidente Victor Orban) e di cui è esponente di punta la nostra attuale Presidente del Consiglio, la quale, per fortuna, ha un efficace contrappeso nel Presidente della Repubblica, che di certo sarebbe indebolito se il capo del governo fosse eletto direttamente dal popolo.

Pericolo fascista, come alcuni paventano? Non proprio, ma, in questa situazione, il rischio di scivolamenti verso lUngheria e la Polonia lo vedo, specialmente se i sovranisti dovessero conseguire un importante risultato alle prossime elezioni europee.

Detto questo, aggiungo che se il presidenzialismo garantisce una maggiore stabilità di governo (ma ci sono anche altri strumenti per conseguire lo stesso risultato, vedi, per esempio, la sfiducia costruttiva), lo stesso può produrre pericolose spaccature, come sta avvenendo in Francia e negli Stati Uniti: si veda lattuale isolamento di Macron, la violenta ondata di scioperi che rischia di travolgerlo favorendo la sovranista le Pen, incoraggiata dallesempio italiano; ma si veda anche unAmerica drammaticamente divisa che Biden sembra incapace di unificare. UnAmerica in cui rimane forte il trumpismo sovranista e golpista, violento e razzista, cavallo di troia di Putin, così come alcuni esponenti, anche nostrani, del populismo europeo e non solo di estrema destra.

 

Lucca, 20 maggio 2023

 

 

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di Paolo Razzuoli

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