logo Fucinaidee

Tutto quello per cui nell’Italia bipopulista si vincono le elezioni è falso

di Carmelo Palma

Ha ragione Francesco Cundari: l’infinita e immobile transizione politica italiana non è mai iniziata e mai finita e chiunque si fosse pesantemente addormentato nel 1993, risvegliandosi trent’anni dopo, troverebbe un mondo uguale a quello su cui aveva chiuso gli occhi. Le stesse parole d’ordine: il presidenzialismo, il federalismo, la riforma fiscale e della giustizia, quella delle pensioni e del mercato del lavoro, fino al Ponte sullo Stretto.
La stessa tensione di un Paese sempre più uguale a sé stesso e, allo stesso tempo, sempre più ansioso di rovesciarsi in una sembianza diversa, che né gli appartiene, né gli assomiglia. Una sembianza di serietà e di rigore, di pazienza e di coerenza, di concretezza e fattività.

Che però la politica italiana sia un continuo movimento senza spostamento, un frenetico e convulso ripudio di sé nella comfort zone dell’eterno trasformismo italiano è una verità che dice molto, ma non tutto della crisi della nostra democrazia. C’è di più, c’è di peggio.
Tutto quello per cui nell’Italia bipopulista si vincono le elezioni è falso. Da decenni in Italia le elezioni si vincono non solo promettendo qualcosa che non può essere mantenuto, ma battagliando contro i fantasmi della frustrazione e gli alibi del fallimento.

Si vincono contro gli stranieri che sono troppi, ma sono invece troppo pochi, che non ci stanno invadendo ma se ne stanno, anche loro, andando, come molti dei “nostri figli” a cui avrebbero rubato il posto.
Si vincono contro il liberismo e contro il giogo dell’austerità, anche se la pressione fiscale è al 43,5 per cento e la spesa pubblica al 54,3 per cento del Prodotto interno lordo.
Si vincono lamentando la lesina dell’Europa matrigna e stiamo da anni a galla aggrappati ai salvagenti della Commissione europea e della Banca centrale europea.
Si vincono contro la criminalità, anche se i reati continuano a diminuire.
Si vincono contro Elsa Fornero e la sua riforma delle pensioni, che nessuno ovviamente è in grado di cambiare, senza finire come Bernard Madoff, ma solo di sabotare per il tempo sufficiente a passare all’incasso coi pensionandi di legislatura.
Si vincono contro i vitalizi e i privilegi della Casta, l’argent de poche della nostra democrazia di scambio, anche dopo che i vitalizi sono stati aboliti e il Parlamento mutilato.
Si vincono contro la dittatura delle multinazionali, che ad avercene di più – e non ne abbiamo – sarebbe un guadagno e per la difesa delle nostre piccole imprese, che invece se ne avessimo un po’ meno e un po’ meno piccole – ne abbiamo invece di infinite e infinitesimali – sarebbe davvero una svolta.
  E ovviamente si vincono contro il fascismo e il comunismo che non ci sono più (quello di Benito Mussolini e Palmiro Togliatti, di Giorgio Almirante e di Enrico Berlinguer) e strizzando l’occhio ai fascisti e ai comunisti che invece ci sono ancora, in un tripudio di fascinazioni, spesso bipartisan, da Pantheon degli orrori.

Winston Churchill diceva che la Russia è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma (con Putin, ammettiamolo, ora è tutto più chiaro: è un banalissimo stato criminale – ma questo è un altro discorso). L’Italia è un’ossessione avvolta in un falso, che sta dentro a una menzogna. La speranza di miglioramento di quello che si è surrogata da un’ansia di risarcimento per quello che non si è più. Le scelte che ci hanno portato fino a qui sono state tutte democratiche e spesso consociative e, sempre, tanto più popolari, quanto più rovinose. Davanti a queste rovine, l’Italia politica più che invocare la salvezza, proclama la propria innocenza.

Il bipopulismo, alla fine, è la vera unità nazionale del malcontento e dell’impostura. È lo specchio rotto, per frantumare l’immagine riflessa di una verità inaccettabile.

(da www.linchiesta.it - 22 marzo 2023)

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina