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l’Italia pagherà a lungo lo scandalo

di Adriana Cerretelli

Questo scandalo ci rovinerà la reputazione per i prossimi 30 anni. È uno sfregio all’italianità. Non si cancellerà facilmente.

Un tremendo colpo basso. Frasi sconsolate, scampoli di umor nero, preoccupazioni sparse raccolte nei corridoi dell’europarlamento.

Per molti funzionari, ancor più che per gli eurodeputati, è dura fare i conti con il Qatargate. Perché pare proprio tutta italiana la sua regia, nonostante la con-presenza di attori greci e belgi e ancora non si sa di chi. Perché Antonio Panzeri, l'ex parlamentare del Pd e mente del gruppo sotto inchiesta della giustizia belga, paradossalmente era stimato nell’emiciclo come i suoi sodali, classificato tra i deputati buoni e competenti, non tra i cattivi, i turisti per caso dell’europolitica. Per l’immagine dell’Italia nelle istituzioni Ue, se possibile, il vulnus è ancora più bruciante.

Per anni il nostro Paese ha giocato in difesa a Bruxelles, inseguito i partner nella corsa ai posti strategici dentro Commissione, Consiglio e Parlamento: con il fiato grosso, senza metodo né strategia, spesso nel segno dell’improvvisazione. Mai mobilitato il sistema Paese, integrato interesse nazionale ed europeo in un tutt’uno da far pesare sul tavolo dei negoziati Ue come fanno gli altri, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Polonia o chiunque.
Abbiamo fatto indubbi progressi sul piano quantitativo per presenza nei vari ranghi delle istituzioni. Nei piani alti non siamo malmessi ma sempre visibilmente staccati da tedeschi e francesi per qualità delle poltrone.

Destino ingrato? No. Se c’è una lezione da estrarre dal fango del Qatargate è che incuria e distrazioni in Europa si pagano. Le paga soprattutto l’Italia provinciale, che non ha mai preso davvero sul serio il rapporto quotidiano con l’Unione fermandosi alla sua beatificazione (o denigrazione) retorica. Senza penetrarne davvero regole e meccanismi, negandosi quindi l’atout di manovrarli a proprio vantaggio.
Troppo spesso e da troppi eletti italiani l’europarlamento è stato usato come un taxi, da prendere o lasciare non secondo professionalità e competenze ma interessi personali perlopiù calamitati dall’ansia del rientro a casa. Mai, del resto finora il Governo ha provato a cooptarli seriamente in un processo decisionale costruito sull’asse Roma-Bruxelles, come da sempre fanno gli altri che contano.

Quando più dell’80% della legislazione nazionale è di matrice europea e l’europarlamento ha poteri co-legislativi, la sistematica assenza di sinergie con gli italiani in Europa, cioè di sistema Paese, è puro autolesionismo.
Se non si cambia in fretta, non si comincia a selezionare con attenzione il personale da mandare in Europa, non si allevano competenze e imparano le lingue per comunicare al meglio con partner e interlocutori tecnici, sarà poi inutile lamentarsi di non veder riconosciuti i nostri interessi nella legislazione europea e oltre. Nessuno regala niente a nessuno. Lo insegna perfino la pagina nera del Qatargate.

(dal Sole 24 Ore - 14 dicembre 2022)

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