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La guerra all’impresa - Landini vuole tassare il 100% degli extraprofitti, senza però capire cosa siano

di Giuliano Cazzola

Olaf Palme, il mitico leader socialdemocratico svedese (che chiudeva sempre le campagne elettorali in assemblea alla Volvo) soleva dire che il capitalismo è come una pecora che va accudita con cura per poterla tosare al momento opportuno facendo bene attenzione a non farle prendere freddo e a mantenerla in buona salute.

Maurizio Landini – segretario pro tempore della Cgil – vede nell’impresa privata un avversario di classe interessato solo al profitto (un valore che per il sindacalista è come lo sterco del Diavolo) e che, attraverso le lotte sindacali e le politiche pubbliche, deve essere ricondotto ad azioni e comportamenti che rispondano solo agli interessi dei lavoratori: in sostanza deve assumere solo personale a tempo indeterminato, non può licenziare, è tenuto ad aumentare gli stipendi senza chiedere particolari contropartite sulla produttività, a cancellare il concetto di merito. Poi, una volta che sia sopravvissuta a questa cura, l’impresa deve essere sottoposta alle cure del fisco. Luciano Lama definiva questa concezione dei rapporti sociali come la sindrome di Tecoppa, quel miles gloriosus del teatro popolare che pretendeva che il nemico stesse fermo onde poterlo infilzare.

È comprensibile, allora, che, quando il profitto diventa addirittura “extra”, a Landini si accenda “l’ira funesta”, perché ha una sua visione etica dei problemi economici e sociali. Ultimamente il leader della Cgil ha proposto – quale soluzione dei nostri gravi problemi derivanti dalla crisi energetica – una tassazione del 100% degli immorali extraprofitti delle imprese del settore; poi ha preso la ruzzola e ha incluso nella lista anche le banche e le aziende farmaceutiche, per i loro extraprofitti. Sappiamo da dove prende spunto la telenovela degli extraprofitti delle aziende energetiche. Ma ce la facciamo riassumere dall’autorevole Istituto Bruno Leoni: «La tassa era stata introdotta, con un’aliquota del 10 per cento, dal decreto Ucraina-bis di marzo. Durante l’iter di conversione, senza una spiegazione e senza alcun approfondimento, l’aliquota era stata elevata di due volte e mezzo, fino al 25 per cento. Poiché la base imponibile – prosegue la nota – non è costituita dagli utili delle imprese energetiche, ma dalla differenza nei saldi Iva tra due periodi (ottobre 2021-aprile 2022 contro ottobre 2020-aprile 2021), di cui il secondo in gran parte coincidente con una fase di lockdown, l’impatto sui bilanci delle imprese non ha quasi alcuna relazione coi profitti effettivi, e in alcuni casi può rivelarsi insostenibile».

Landini potrebbe rispondere che un sito liberale è ben disposto ad ascoltare i padroni. Comunque è un dato di fatto che, alla scadenza dell’acconto (30 giugno), il gettito dell’imposta è risultato pari a poco più di un miliardo: un ammontare che è stato molto inferiore ai quasi 11 miliardi preventivati. Gli extraprofittatori si sono rifiutati di pagare? È questa la tesi accreditata, tanto che qualche partito ha minacciato esposti alla Procura di Roma. Nel frattempo è scaduto ieri (31 agosto), il termine entro il quale le imprese del settore energetico che non hanno versato l’acconto sull’imposta straordinaria sugli extraprofitti potevano ravvedersi. Chi non l’avesse fatto se la vedrà con la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate, mobilitate a tal fine.

Il decreto aiuti-bis del 9 agosto, ricorda ancora l’Istituto Bruno Leoni, ha raddoppiato le sanzioni e privato i contribuenti dei consueti strumenti a disposizione per aggiustare la propria posizione fiscale. È appena il caso di ricordare da che cosa dipendono questi extraprofitti: dall’inflazione e dall’esplosione del prezzo del gas. Ne è derivato che le imprese si siano giovate di un afflusso imprevisto dei loro ricavi e anche degli utili in proporzione agli stock di prodotti acquistati a prezzi di gran lunga inferiori. Ovviamente la gallina ha smesso presto di fare uova d’oro nel momento in cui queste imprese, esaurite le scorte, hanno dovuto approvvigionarsi alle nuove onerose condizioni. Ci sono pertanto legittimi margini di verifica di quali siano stati i processi reali. Vedremo i risultati ricordando tuttavia che l’Italia è pur sempre uno Stato di diritto. In ogni caso si tratta di extraprofitti una tantum.

Ma, di grazia, quali sarebbero gli extraprofitti degli Istituti di credito? A mio avviso il sospettoso Landini ha fatto confusione tra il concetto di depositi e quello di utili. Nei giorni scorsi un sindacato dei bancari (la FABI) ha pubblicato un rapporto dal quale emerge che le banche sono piene di liquidità. Ammonterebbe, infatti, a oltre 5.256 miliardi di euro (con una crescita di quasi 1.700 miliardi (+50%) nell’ultimo decennio) la ricchezza finanziaria degli italiani. In tale contesto – secondo il rapporto – la liquidità resterebbe la forma preferita di allocazione del risparmio.

Infatti il contante, ancora una volta “il più amato dagli italiani”, sarebbe cresciuto di 509 miliardi (+45%), passando dai 1.119 miliardi del 2011 ai 1.629 miliardi del 2021, con la percentuale di denaro lasciato su conti correnti e depositi stabile al 31% del totale delle masse. Ma queste risorse non sono gli utili delle banche, ma costituiscono il risparmio degli italiani. Essendo la funzione economica degli Istituti quella di intermediare il credito, l’utile proviene dalla differenza tra la remunerazione dei depositi e i tassi di interesse riscossi dai mutui e dagli investimenti. Se il cavallo non beve neppure ingrassa; anzi una grande massa di risparmio in sonno è un segnale non positivo del clima di fiducia dei risparmiatori. A insistere su questo abbaglio, Landini potrebbe incoraggiare il futuro governo ad una tassa straordinaria sui debordanti e inerti depositi (copyright Giuliano Amato 1992).

Infine, il mirino del segretario della Cgil si è posizionato sull’industria farmaceutica: Immaginiamo che gli extraprofitti siano derivati dalle campagne vaccinali anti-Covid 19. Ma il business lo hanno fatto le Bigpharma che hanno scoperto, prodotto e venduto i vaccini, dopo aver investito notevoli risorse. Il settore – soprattutto a livello nazionale – si è limitato a seguire gli eventi. Al pari dell’intendenza di Napoleone.

(da www.linchiesta.it - 1 settembre 2022)

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